I Queen sono la band dei mille record. L’elenco di successi e limiti
superati è davvero enorme e tra questi il Live Aid è considerato da tutti come
l’apice della loro carriera. Fu un’esibizione di appena 20 minuti, eppure in
quello spazio temporale così esiguo i Queen riuscirono a fare qualcosa che
ancora oggi è ritenuto impossibile da superare. Eppure nel 1985 la band viveva
il periodo forse più difficile della propria carriera.
Non è un azzardo affermare che, se le cose fossero andate diversamente, oggi
dovremmo ricordare il 1985 come l’anno in cui i Queen si sciolsero. La rottura
tra i quattro membri del gruppo era davvero vicina, forse addirittura
imminente, come suggeriscono le tante fonti che hanno trattato l’argomento. Il tentativo
di carriera solista di Freddie Mercury, le enormi polemiche suscitate dalle
esibizioni della band in Sudafrica e le continue tensioni tra loro quattro
(sempre più distanti come persone e conflittuali dal punto di vista artistico),
erano tutti elementi che stavano contribuendo alla distruzione del gruppo. In più,
la certezza di aver perso il mercato americano aveva fatto si che i Queen
dovessero fare i conti con un inaspettato e odioso ridimensionamento dei propri
orizzonti.
A quel punto Freddie e soci si trovarono letteralmente di fronte ad un
bivio. Da una parte lo scioglimento (e forse fu l’ipotesi maggiormente presa in
considerazione, almeno per un certo periodo di tempo); dall’altro la ricerca di
qualcosa in grado di ridare loro la giusta coesione e la spinta necessaria a
rivedere i propri obiettivi e disegnarne di nuovi. In questo senso l’invito a
partecipare al Live Aid fu il classico intervento divino che giunge a salvare
dalle acque proprio quando il diluvio appare inevitabile.
Il Live Aid non fu determinante solo perché mostrò al mondo quanto i Queen
fossero straordinari sul palco. Per buona parte del 1985 i Queen erano stati in
giro a suonare un po’ ovunque (salvo gli Stati Uniti) e l’eco degli enormi
concerti Sudamericani continuava ancora a farsi sentire. Discograficamente poi
The Works e singoli come Radio Ga Ga e I Want To Break Free avevano aumentato
il successo del gruppo, come evidenziato dai dati di classifica. Era l’aspetto
umano dunque quello che doveva essere curato e in un certo senso potremmo dire
che l’esibizione sul palco di Wembley fu realmente terapeutica.
Come spesso accade quando si va a fa a quare qualcosa che cambierà la
storia, i Queen stessi non erano davvero consapevoli di cosa avrebbe
rappresentato l’evento. Ma le scelte operate dal gruppo furono vincenti, a
partire dall’idea di proporre un set di canzoni capaci di replicare uno show
intero, tanto che il pubblico tornò a casa con la sensazione di aver preso
parte ad un concerto dei Queen con tanti ospiti di riguardo!
Inoltre, l’approccio al concerto fu estremamente professionale e anche in
questo i Queen dimostrarono di essere una spanna superiori a tutti gli altri
partecipanti. Negli anni ’80 i grandi eventi rock erano ancora una rarità e l’idea
di salire sul palco con tanti altri musicisti veniva vista come un’occasione
per far festa, in cui tralasciare la qualità del suono e della performance,
tanto “non si suonava di fronte al proprio pubblico”. Per i Queen invece l’approccio
fu totalmente diverso. Misero al primo posto l’importanza di offrire alla gente
qualcosa di memorabile, senza lasciarsi spaventare dall’idea di avere di fronte
i fan di altri artisti. Curarono ogni dettaglio della loro esibizione e tutti
gli aspetti tecnici, risultando alla fine i migliori sotto ogni punto di vista
e trascinando la platea come nessun altro fu in grado di fare. Memorabile in
proposito la dichiarazione di Elton John che, chiamato ad esibirsi dopo i
Queen, riteneva che non avrebbe mai potuto fare di meglio.
Quei 20 minuti del Live Aid furono quindi un concerto dei Queen a tutti gli
effetti, da cui i membri della band trassero maggior fiducia nelle proprie
possibilità , fino a quel momento messe in dubbio dai passi falsi in America e
Sudafrica e fecero sentire loro parte del business musicale dopo aver rischiato
l’espulsione per i concerti di Sun City. In più fecero tornare la voglia, soprattutto
a Freddie, di rimettere piede in studio e registrare materiale nuovo, come poi
in effetti avvenne con la pubblicazione del singolo One Vision, nato da un’idea
di Roger Taylor proprio sull’onda emotiva vissuta al Live Aid (ma poi
sapientemente rivoluzionata dallo stesso Freddie assieme a John e Brian). L’idea
stessa di accreditare il 45 giri a tutti e quattro i membri del gruppo (una
scelta che sarebbe poi diventata definitiva pochi anni dopo), sottolinea la
ritrovata coesione all’interno della band.
A ben vedere quindi il Live Aid fu un autentico spartiacque, uno di quei
momenti in cui prendere una certa direzione può comportare il trionfo o l’irreparabile
distruzione. Senza l’invito di Bob Geldof forse i Queen avrebbero fatto i conti
con la consapevolezza che la loro storia, umana prima ancora che artistica, era
definitivamente tramontata, come spesso accade anche nei matrimoni più
riusciti. Ma, come dice spesso Brian May, la storia dei Queen sembra funzionare
meglio e più a lungo di qualsiasi unione.
È anche per questo che ogni anno il 13 Luglio, i fan festeggiano l’esibizione
del Live Aid, con un misto di orgoglio per una performance che non conoscerÃ
mai eguali e di sollievo, perché la Storia, quella con la S maiuscola i Queen l’hanno
cambiata davvero quel giorno del 1985, diventando leggende immortali e quindi
senza tempo.
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