I Want To Break Free: l’inno più incompreso dei Queen


Strano a dirsi, ma ci sono canzoni che pur palesando il proprio significato (o quello che il suo autore ha voluto attribuirvi) finiscono per l’essere fraintese. È il caso di I Want To Break Free, pubblicata dai Queen come singolo estratto dall’album The Works, il 2 Aprile nel 1984.



A quel tempo i Queen si trovavano in una delle fasi più delicate della loro vita artistica. Non avevano del tutto superato le force caudine rappresentate da Hot Space e manca qualche mese al passo falso del tour sudafricano, cui poi sarebbe seguito il leggendario riscatto sul palco del Live Aid. Soprattutto nel 1984 i Queen erano una band giunta a un bivio: da un lato la possibilità concreta di far pesare in modo irreparabile i dissidi interni tra i quattro membri della band; dall’altro lo sforzo di restare uniti. Il gruppo scelse quest’ultima via che si tradusse in concreto con l’ingresso in studio, con l’obiettivo di regalare a se stessi (e al pubblico, ovviamente) un nuovo album capace di sintetizzare i gusti musicali degli anni ’80 ma senza smarrire la natura più rock del gruppo, andata in parte smarrita a causa del disco precedente.

In studio sarebbe potuto succedere di tutto, compresa anche l’irreparabile rottura dei già delicati equilibri all’interno della band. E invece il risultato fu un album bellissimo e fondamentale nella carriera dei Queen, quello che determinò un successo forse al di là delle loro stesse aspettative, nonostante i problemi che determinarono poi “la perdita” degli Stati Uniti.


In The Works tutto risultò perfetto, a partire dalla scelta dei brani che, pubblicati come singoli, avrebbero rappresentato il disco nelle radio, senza dimenticare i video girati per l’occasione e fondamentali a quel punto per la promozione televisiva.

Negli anni ’80 l’apporto autoriale di Roger Taylor e John Deacon fu fondamentale per consentire ai Queen di rinnovarsi, crescere e puntare nuove direzioni musicali e quindi nuove fette di mercato. John con Another One Bites The Dust aveva offerto il proprio contributo nel 1980 consentendo alla band di conquistare gli agognati Stati Uniti d’America. Roger con la sua Radio Ga Ga consentì la conquista degli anni ’80, con un sound profondamente elettronico, quindi perfetto per l’epoca, ma anche talmente orecchiabile da diventare immediatamente una canzone senza tempo.

Se Radio Ga Ga apriva le danze in The Works con il racconto di una radio sconfitta dalle immagini televisive, un altro brano può essere considerato rappresentativo di quel disco e di quel periodo musicale nella storia dei Queen: I Want To Break Free.

Scritta da John Deacon pensando al movimento di liberazione delle donne, Break Free ha assunto diversi connotati, assai lontani da quelli voluti inizialmente dal bassista. Alla fine degli anni ’80, ad esempio, l’ANC, il movimento politico che si rifaceva alle idee di Nelson Mandela, la scelse come proprio inno per chiedere a gran voce la liberazione del leader sudafricano e la fine dell’apartheid.

Con il videoclip diretto da David Mallett, invece, I Want To Break Free diventa (almeno in parte) una parodia della soap opera inglese Coronation Stree, con i quattro componenti del gruppo travestiti da donne proprio per fare il verso alle protagoniste della serie. Anche in questa scelta c’è un bel fraintendimento storico: molti furono convinti all’epoca (e probabilmente ancora oggi) che la trovata del travestimento fosse arrivata da Freddie Mercury. Ma fu un’idea di Roger, subito approvata dagli altre tre con grande entusiasmo, come ha raccontato Freddie nelle interviste dell’epoca.

I WANT TO BREAK FREE: BEHIND THE SCENES



Naturalmente un video del genere “tradiva” il messaggio sociale pensato da John durante la scrittura del brano e ha finito con il soffocarlo del tutto, tanto che oggi I Want To Break Free è identificata completamente con l’immagine dei quattro Queen al femminile, mentre nessuno sottolinea il tema originale con cui la canzone è stata concepita.

Anche MTV all’epoca dimostro ben poca elasticità mentale rispetto al video. I suoi dirigenti infatti non colsero né i riferimenti sociali del testo, né quelli parodistici del video, tanto da imporne la censura, con la conseguenza che la canzone non riuscì a conquistare il mercato americano, trascinando con sé anche l’intero album e impedendo ai Queen di fare promozione live del loro nuovo materiale, anche se va detto che la perdita degli Stati Uniti da parte della band fu il risultato di una serie di concause, analizzate nell’articolo riportato poco sopra.

I WANT TO BREAK FREE: LIVE ROCK IN RIO



Anche musicalmente I Want To Break Free presenta qualche fraintendimento. L’assolo centrale del brano, infatti, non è suonato alla chitarra da Brian May, magari con l’uso abbondante di qualche effetto. Si tratta in realtà del sintetizzatore, suonato per l’occasione da Fred Mendel (all’epoca membro aggiunto sul palco e di supporto in studio) che si sostituì al chitarrista perché John non voleva “il solito assolo con la Red Special”. Ovviamente Brian non fu felice della presa di posizione del bassista, ma alla fine accettò la scelta, lasciando spazio alla creatività del tastierista. Il risultato non è forse in linea con il sound della band (c’è chi, come me, considera l’arrangiamento davvero pessimo rispetto alla versione dal vivo), ma col tempo è stata una scelta vincente proprio perché ha connotato il brano, rendendolo ancora più riconoscibile e divertente da ascoltare ancora oggi, merito anche dell’ennesima performance vocale di Freddie semplicemente perfetta.


A proposito della versione dal vivo di I Want To Break Free, anche in questo caso i problemi non sembrano essere mancati. Freddie, per restare in sintonia con la trovata adottata per il video, decise di munirsi di due enormi tette anche sul palco del Rock In Rio, salvo subire le lamentele di parte del pubblico (e soprattutto di alcuni critici) che non videro di buon occhio la scelta, considerata un oltraggio visto che il pezzo era stato adottato anche da quelle parti come inno per la lotta contro la dittatura. Ma c’è chi giura che invece durante l’esecuzione del brano non ci furono problemi, ma solo apprezzamenti, risate e applausi.