Raccontare un concerto
non è mai facile. Si ha sempre paura di far prevalere il proprio
punto di vista rispetto al reale svolgimento dell'evento. Spesso i
giornalisti, quelli bravi almeno, dicono che per scrivere una buona
recensione occorre accantonare l'aspetto emozionale e limitarsi a
descrivere i fatti. Evidentemente chi la pensa così non ha mai avuto
a che fare con i Queen e la loro musica. O con Brian May ovviamente.
Durante il concerto è lo
stesso Brian a spiegare che “Questo è uno show fatto in modo molto
semplice, nato dal cuore” e, per tutti i presenti, è questa la
definizione che meglio descrive lo spettacolo: due ore emozionanti,
durante le quali il pubblico è stato letteralmente ipnotizzato dalla
semplicità e dall'eleganza di Brian May, ma anche dalla raffinatezza
di Kerry Ellis.
Pescara ci ha accolti fin
dalle prime ore della giornata con una fitta coltre di nuvole, tanto
che in molti hanno temuto che il concerto alla fine sarebbe stato
spostato per evitare problemi con la pioggia. I siti dedicati alle
previsioni meteo sono diventati i nostri alleati e tra uno sguardo
rivolto al cielo e un altro all'orologio le varie comitive di fans si
sono formate tra abbracci, sorrisi, strette di mano. In molti si
vedevano per la prima volta dopo aver condiviso mesi e anni di
conversazioni solo virtuali. Ritrovarsi di persona fa uno strano
effetto, eppure è come se ci si conoscesse da sempre.
Ognuno indossa una tshirt
dedicata ai Queen, un bracciale, tutti simboli che servono a
rivendicare una passione immensa e che unisce anche chi stenta a
riconoscere molte delle persone con cui è in contatto sui social
network.
A pomeriggio ormai
inoltrato, quando la maggior parte dei fans affollano i due ingressi
al Teatro d'Annunzio, un gruppo di amici tenta la sorte e si addentra
in un parco adiacente e che consente di raggiungere il retro del
palco, in corrispondenza dell'ambito “ingresso artisti”. La
speranza è che Brian possa passare di lì e quindi regalare un
saluto e una foto, seppur attraverso la rete divisoria.
L'attesa ha per
sottofondo il soundcheck, con le note di Crazy Little Thing Called
Love e Last Horizon che si spandono nell'aria e hanno il potere di
dissipare le nuvole, tanto che alla fine il concerto sarà salutato
da un cielo terso e luminoso.
Restiamo tra le
sterpaglie, e qualcuno teme anche tra le vipere, per una buona
mezz'ora e alla fine riusciamo a strappare un corale “Hi” a Kerry
Ellis, stupita e divertita per l'inaspettata presenza. Accanto
all'ingresso staziona un addetto alla sicurezza del Teatro. Qualcuno
tenta di strappargli delle informazioni su Brian, ma è tutto inutile
e alla fine non ci resta che unirci al resto del pubblico, ormai in
trepidante attesa per l'apertura dei cancelli. C'è solo il tempo per
consumare una frugale cena a base di pizza e panini, ma i sapori sono
tutti confusi dall'impazienza che ormai ci rende elettrici. Ci
scambiamo sguardi carichi di aspettative e di incredulità per quello
che stiamo per vivere assieme. Chi l'avrebbe mai detto? Eppure sta
succedendo per davvero.
L'accesso al Teatro dura
pochissimo. La fila è ordinata e scorre veloce, anche se serpeggia
il timore che possano mandare indietro chi si è munito di macchine
fotografiche. Ma alla fine tutti passano senza problemi dopo aver
rinunciato ai tappi delle bottiglie, piccolo tributo alle regole che
ci fa sorridere: a Brian siamo pronti a lanciare solo baci e urla di
gioia, non certo tappi di plastica!
Un breve viale alberato e
drappeggiato con tappeti rossi ci porta vicino al Teatro vero e
proprio. Sono le 20:30 ormai e c'è comunque il tempo di affollare
l'angolo shopping dove una ragazza inglese, ipotizzo sia la sorella
di Kerry, è addetta alla vendita dei tipici gadget da concerto.
Faccio mia la copia in cd di Acoustic By Candlelight e finalmente
entriamo. Da quel momento tutto cambia e nulla sarà più come prima.
Le gradinate disegnano un
anfiteatro di piccole dimensioni e proprio per questo più suggestivo
rispetto ad un'arena da migliaia di posti. È immerso nel verde e
anche questo contribuisce a rendere l'atmosfera davvero particolare,
come se all'improvviso la natura si sia ritirata per lasciare il
posto alla musica che sta per iniziare.
Io ho un posto in prima
fila e mi stupisce rendermi conto che sarò a dieci passi dal palco.
Incontro sguardi e volti, saluto e abbraccio, faccio foto e intanto
scruto il palco. Sullo sfondo campeggia un impianto luci che
riproduce un cielo stellato, con al centro uno schermo che per ora
resta celato da un telo. A destra ammiro Pete Melandrone che sistema
le chitarre di Brian. Tra una selva di acustiche fa la sua comparsa
anche la leggendaria Red Special, che Pete maneggia con particolare
riguardo. Non è la prima volta che assisto alle fasi preparatorie di
un concerto. Già nel 2008 era successo con i Queen+Paul Rodgers,
eppure l'emozione sale e ci si sente sulla vetta di montagna. L'aria
sa di buono e il sottofondo di voci concitate e allegre inizia a
creare un clima di condivisione che sarà poi uno degli aspetti più
importanti e belli dell'intera serata.
Attorno alle 21:30 le
luci si spengono. Il Teatro è ormai pieno e i ritardatari saranno
davvero pochi. Sul palco sono state accese le candele e lo schermo
ormai scoperto introduce il concerto con il video della Badger Song,
che serve soprattutto a far capire al pubblico che lo spettacolo sta
iniziando. Segue poi l'introduzione del Pescara Jazz Festival:
“Signore e signori ecco a voi Brian May e Kerry Ellis”. Fanno il
loro ingresso accolti da un fragoroso applauso che si solleva e ci
spinge verso il palco anche se siamo tutti a sedere. I flash
illuminano la scena: Kerry indossa un lungo abito nero, Brian
pantaloni scuri e camicia verde. Poterlo ammirare da così vicino è
un tuffo al cuore e la prima cosa cui penso è “Ok, ne è valsa la
pena”.
Il concerto si apre con
Born Free ed è strano ammirare Brian che suona una chitarra
acustica, seduto su uno sgabello, invece che correre per il palco tra
i suoni e le luci tipiche di uno show dei Queen. Ed è proprio questa
diversità a rendere lo show fin dai primi istanti qualcosa di
realmente particolare, che ti tocca dentro. Il pubblico applaude,
Brian e Kerry rispondono e la vicinanza è tale da far sentire tutti
come parte integrante dello spettacolo. Siamo noi la coreografia e
l'impianto degli effetti speciali.
La scaletta alterna cover
a canzoni dei Queen. Mi restano nel cuore alcuni brani che dal vivo,
in questa veste acustica, assumono connotati nuovi ed emozionanti.
Dust in the Wind dei Kansas si rivela straordinaria: Kerry canta in
modo sublime e Brian regala un assolo alla chitarra acustica magico,
che mi ricorda certe atmosfere tipiche di David Gilmour dei Pink
Floyd. Racconta Brian, come farà sempre tra un pezzo e l'altro, di
aver scelto il pezzo dei Kansas perché suoi grandi amici fin dai
tempi dei primi tour negli States dei Queen. Allo stesso modo spiega
di aver scelto Something dei Beatles perchè sono da sempre il suo
gruppo preferito. Le sue parole disegnano una sorta di percorso della
memoria, dal quale emerge lo spirito del tour: raccontare in musica
le sue passioni, il percorso formativo che sta dietro una carriera
immensa. Seguendo questo filo logico trovano spazio anche canzoni di
Elvis e Barbra Straisand e alcune delle cose cantate da Kerry durante
le sue esperienze nei musical. Tutto è fatto in modo semplice. Non
ci sono accordi complicati né virtuosismi tipici di chi vuole
dimostrare al mondo ciò che sa fare. Come dice lo stesso Brian
“Questo è un concerto che nasce direttamente dal nostro cuore”.
E l'aspetto emozionale lo si può leggere canzone dopo canzone sia
negli applausi del pubblico, sia nei volti dei due artisti. Brian
sembra stupirsi tutte le volte dell'entusiasmo che gli viene
tributato. Dà quasi l'idea di non capacitarsi di così tanto
affetto. Kerry dal canto suo regala sorrisi e soprattutto una risata
argentina, coinvolgente. Forse tradisce la paura di non essere
accettata dai fans dei Queen. Ma io credo che sia semplicemente
felice di avere di fronte un entusiasmo così genuino.
Un momento particolare è
rappresentato dall'arrivo sul palco di un'ospite annunciato: la
figlia di Zucchero, Irene Fornaciari. L'amicizia che lega Brian al
nostro Sugar è ormai cosa nota (“Zucchero è mio fratello, dice
Brian prima di iniziare a suonare”) e la presenza di Irene è la
naturale prosecuzione della collaborazione che abbiamo potuto
ammirare a Sanremo. Eseguono proprio il brano I Who Have Nothing, che
non è una scelta dettata dalle circostanze. È stata infatti
eseguita per tutto il tour, segno che il pezzo originariamente
composto, tra gli altri, anche da Mogol ha fatto breccia nella
sensibilità artistica di Brian e Kerry. Sempre con Irene eseguono
anche un'altra bella scelta italiana, Così Celeste di papÃ
Zucchero, cantata sia in italiano che in inglese. Il risultato è
stupefacente: le due voci femminili si somigliano molto, sono limpide
e potenti e il brano funziona davvero bene anche in versione
acustica. Un po' di gloria per la musica nostrana non guasta davvero.
Ovviamente i momenti più
emozionanti sono dettati dalle canzoni dei Queen. La prima ad essere
eseguita è una sorprendente Somebody To Love che come sempre ha il
potere di coinvolgere e travolgere il pubblico, che non lesina di
rispondere strofa dopo strofa a una Kerry sempre più convincente.'39
in parte cantata dallo stesso Brian è quel brano che ti fa sentire
improvvisamente catapultato in un concerto dei Queen, essendo già un
pezzo acustico per sua natura.
È arrivato un momento
poi in cui all'improvviso è successo qualcosa che ha per certi versi
modificato la serata. Non è facile descriverlo, per cui lo dirò per
come l'ho percepito, convinto comunque che sia stato lo stesso per
molti altri. Le prime note di Life is Real hanno avuto il potere di
far sentire la presenza di Freddie e la strofa in cui Kerry canta
“Freddie is a genious” è liberatoria, una vera e propria catarsi
del pubblico che non vedeva l'ora di urlare la frase al cielo. Sullo
schermo intanto campeggia un bellissimo ritratto di Freddie anni '70,
che lascia senza parole e che viene immortalato dalle fotocamere di
tutti quanti.
Un piacevole e divertente
intervallo tra i pezzi dei Queen è rappresentato da The Kissing Me
Song. Confesso che quando è apparsa in rete non mi ha
particolarmente entusiasmato, ma dal vivo funziona benissimo. E poi
nel video realizzato con i baci dei fans compare anche un volto a me
noto e questo rende il tutto davvero positivo, in una parola bello!
I Queen tornano poi a
dominare la scaletta con un altro momento incredibile, Last Horizon.
Anni fa, quando ho fatto il mio timido ingresso nel mondo delle
community di fans ho scelto come nick proprio questa canzone, ma in
realtà è stata una decisione improvvisa, per nulla meditata, quasi
illogica. Ma tutte le volte che l'ascolto capisco che c'è stato
qualcosa di profondo in me che mi ha guidato nella scelta. A Pescara
ho avuto l'ennesima conferma. Last Horizon è un pezzo straordinario
in ogni singola nota e Brian ci ha regalato un lungo assolo (oltre 8
minuti) imbracciando la Red Special (credo proprio quella originale e
non una delle tante repliche di cui spesso si serve) che ha
trasportato il pubblico letteralmente verso quelle stelle da lui
tanto amate e che nel video proiettato alle sue spalle hanno
sottolineato il brano.
A chi pensa che un
concerto acustico sia alla lunga noioso consiglio di ascoltare la
versione di Tie Your Mother Down eseguita verso la fine del concerto.
È stata talmente particolare che all'inizio quasi non l'ho
riconoscita! Davvero divertente, ti fa saltare dalla sedia e anche
per un brano decisamente rock come questo Kerry si dimostra
all'altezza della situazione. La vena rock è proseguita poi con
l'immancabile We Will Rock You che ha sempre il potere di
portare in scena i Queen pur essendoci sul palco il solo Brian.
Ammetto di essermi
accostato al progetto con Kerry Ellis pieno di timori, in parte
dettati dall'amore per i Queen (che in un certo senso esclude tutto
il resto), in parte perché non tutte le cose fatte con lei mi hanno
entusiasmato. In più temevo che il concerto potesse trasformarsi in
una sorta di crociata pro animali, un tema nobilissimo ma che essendo
soprattutto made in UK qui da noi rischiava di soffocare la musica.
Posso dire che ogni
dubbio è stato smentito. Al centro dello spettacolo c'è la musica e
sebbene i brani siano eseguiti “per sottrazione” dal punto di
vista degli arrangiamenti, la scelta della setlist è stata talmente
indovinata da aver costituito uno splendido percorso musicale e della
memoria, visto che molti brani appartengono al passato del Doc dal
punto di vista delle sue passioni e amicizie.
Il tema degli animali c'è
ovviamente ma non è ostentato, Brian non fa il predicatore e anzi
lascia che siano le immagini a parlare dell'argomento. Davvero
divertente poi l'interazione con il pubblico, una caratteristica che
i sontuosi concerti rock non riescono quasi mai a dare (a meno che
sul palco non ci sia un certo Freddie Mercury, of course!).
A tutto questo aggiungo
la mia fortuna personale, ovvero quella di aver condiviso questa
esperienza con persone conosciute finora solo in rete ma che da
domenica posso definire Amici (e la A maiuscola non è casuale)
reali, concreti, sinceri. Basta questo per dire: Brian,
Kerry.....missione compiuta!
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1. Intro: Badger,
Badger, Badger
2. Born Free
3. I Loved A Butterfly
4. Dust In The
Wind
5. Somebody To Love
6. Tell Me What You See
7. Nothing
Really Has Changed
8. Life Is Real
9. The Way We Were
10.
Can't Help Falling In Love
11. '39
12. Something
13. I'm Not
That Girl
14. If I Loved You
15. Last Horizon
16. I (Who
Have Nothing) (with Irene Fornaciari)
17. Cosi Celeste (with Irene
Fornaciari)
18. The Kissing Me Song
19. We Will Rock You
20.
Tie Your Mother Down
21. No-One But You
22. Crazy Little Thing
Called Love (with Irene Fornaciari)
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GUARDA I VIDEO DEL CONCERTO
(NOTA: questo articolo è stato pubblicato sulla Fanzine ufficiale di We Will Rock You, il Fan Club italiano dei Queen, a cui vanno i miei ringraziamenti per l'onore concesso)