Se pensate che per fare del buon cinema
horror basti mettere assieme un serial killer, qualche efferato omicidio e qua
e là dei mostri che abitano una casa immersa nella nebbia, senza badare troppo
alla trama e ai significati, allora sappiate che siete completamente fuori
strada, soprattutto se sullo schermo viene proiettato un film appartenente alla
cinematografia franco-belga del terzo millennio.
Le pellicole prodotte in Francia e Belgio tra
il finire degli anni '90 e l'inizio del 2000 sono da tempo oggetto di un
intenso dibattito, all'interno del quale è possibile distinguere almeno due
correnti di pensiero. C'è chi idolatra l'onda cinematografica nata da autori
come Alexandre Aja, Gaspar Noé, Fabrice Du Welz e Hèlén Cattet e chi, al
contrario, prova una profonda repulsione per opere che mettono in scena
l'orrore più estremo, talvolta talmente esposto da rendere la visione al limite
del sopportabile.
Perché in effetti il cinema horror
franco-belga sembra caratterizzato da un'estremizzazione della violenza che non
ammette compromessi e che spaventa (e disgusta) perché ha poco a che vedere con
gli horror classici, quelli in cui la consapevolezza che in fin dei conti si
sta assistendo ad una mera finzione, per quanto efficace, riesce a mitigare
anche gli animi più sensibili al raccapriccio.
Ma sugli schermi francofoni ogni dettaglio è
rappresentato con un'autenticità che rasenta lo snuff movie, materia per
stomaci forti, ma anche per autentici cultori di un genere stratificato nei
suoi significati e frutto di un'avanguardia che per poter essere compresa va
studiata, analizzata, vivisezionata proprio come le vittime che urlano di
fronte alla cinepresa.
Compito certamente non facile, anche perché
molti dei film appartenenti a quella che potremmo definire la nouvelle vague
horror francese sono ancora inediti nel nostro paese, ma per fortuna con
notevoli eccezioni reperibili in home video e anche su Netflix, Raiplay e altre
piattaforme streaming.
A darci una mano nell'esplorazione del genere
ci pensa SHATTER EDIZIONI con la
pubblicazione una raccolta di saggi a cura di FABIO ZANELLO intitolato FRONTIERS.
Già autore di diverse monografie incentrate
sul mondo del cinema, nonché membro del Sindacato Critici Cinematografici e
direttore editoriale della rivista online “ciaocinema.it”, Zanello ha chiamato
a raccolta alcuni tra i più profondi conoscitori del cinema horror
franco-belga, ai quali ha affidato la cura di una serie di analisi critiche di
film e registi che.
Il risultato è una guida ricca di suggestioni
dedicata ai protagonisti di una visione completamente nuova e disturbante di un
genere che sembra non finire mai di evolversi.
È assai probabile che leggendo il libro in
questione molti dei nomi citati risulteranno sconosciuti, a meno che non siate
degli autentici cultori della materia. Diversamente, i titoli delle pellicole
analizzate (un esempio su tutti “The Horde”) accenderanno subito la memoria di
qualcosa di visto (o intravisto, se si è scelto di chiudere gli occhi) al
cinema o davanti la televisione.
Ed è proprio questo il primo motivo di
interesse che rende FRONTIERS un
libro da non perdere: la possibilità di conoscere “da vicino” gli autori di
quei film prodotti in Francia e Belgio che negli ultimi anni hanno davvero
trasformato il mondo dell’horror. Un viaggio affascinante che, tra curiosità e
spavento, riesce a soddisfare tanto l’esperto quanto chi si accosta per la
prima volta a questa dimensione cinematografica assolutamente unica.
Sulla splendida copertina di FRONTIERS Parigi brucia e la Tour
Eiffel ricorda un altare pagano sul quale volteggiano corvi neri, mentre le ombre
si addensano, pronte a svelare gli indicibili orrori partoriti dalle menti
oblique di registi nati negli anni '70, la cui formazione è solidamente ancorata
ai classici del genere.
Capolavori come “La notte dei morti viventi”
di Romero e i sempiterni Dario Argento e Lucio Fulci sembrano infatti essere i
paradigmi, i punti di riferimento da cui Noé, Aja e gli altri esponenti
dell'horror francofono degli Anni Duemila hanno preso le mosse per costruire un
immaginario horror estremo, folle, disturbante.
Ma da FRONTIERS
emerge anche come le immagini a tinte forti che caratterizzano il genere non
siano mai fini a se stesse, ma solo espressione di pulsioni sotterranee che gli
autori traggono non solo dal loro inconscio ma anche dal substrato emotivo che
alberga all'interno della società contemporanea. Un magma violento, privo di
regole che è poi lo stesso che talvolta prende forma nelle banlieue parigine.
C'è poi la figura della donna che nel cinema
horror franco-belga ha una doppia valenza, quella di vittima sacrificale,
predestinata per il solo fatto di essere “altro” rispetto all'uomo, ma anche di
vendicatrice, di autentico strumento di morte.
FRONTIERS racconta le trame di
alcuni dei film più significativi di questa sorta di nouvelle vague horror, ma
va anche oltre, provando a sondare gli elementi che sottotraccia rappresentano
la poetica e le ragioni più profonde della messinscena cinematografica, il cui
scopo sembra essere quello di colpire lo spettatore, usando la violenza estrema
come strumento attraverso il quale indicare al pubblico che sì, anche nelle
loro anime albergano zone d'ombra in cui si agitano i medesimi mostri che
appaiono sullo schermo. Così il cinema si fa specchio oscuro di una realtÃ
negata ma reale, pur nella sua estremizzazione estetica.
Nel libro non mancano anche tantissime
curiosità , una su tutte la presenza di Brian
May. Il chitarrista dei Queen è
citato per la colonna sonora del film Furia,
opera prima di Alexandre Aja, un lavoro piuttosto sconosciuto anche agli stessi
fans del musicista, che qui troveranno qualche informazione in più sul disco
uscito nel 2000.
Da tempo SHATTER
EDIZIONI sta dimostrando un peso specifico di indubbio valore nel
raccontare il cinema da angolazioni diverse, inusuali ma non per questo meno
interessanti anche per il meno esperto. Un saggio come FRONTIERS ha il raro merito di riuscire a dipanare l'intricata
matassa di una realtà cinematografica oscura e per certi versi ancora
misteriosa, con una chiarezza di linguaggio che non rinuncia comunque a quei
tecnicismi che inducono il lettore all'ulteriore approfondimento, allo studio
del linguaggio che è proprio del cinema. Il tutto in una veste grafica
accattivante e una cura nella realizzazione che rendono FRONTIERS un libro affascinante, bello da possedere e sfogliare
prima e dopo una nuova visione da fare rigorosamente al buio.
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