Miseri Resti Sepolti, di Miriam Palombi, Dark Zone Edizioni

 


Immaginate di chiudere gli occhi e di ritrovarvi catapultati in un incubo. Siete da soli, con i piedi sprofondati nell’erba alta, un’unghia di Luna a illuminare il bosco che vi sta di fronte, un luogo oscuro le cui ombre sembrano pulsare fino a inghiottirvi. Tra alberi contorti come artigli di strega, misteriose creature in agguato e vecchie dimore solo in apparenza abbandonate, vivrete in rapida successione tutti i più indicibili orrori a cui siete in grado di pensare. E anche di più, molto di più.

È questa la visione che trasmette la lettura di MISERI RESTI SEPOLTI, la raccolta di racconti di MIRIAM PALOMBI, pubblicata da DARK ZONE EDIZIONI. Dopo averla conosciuta con due dei suoi romanzi (clicca sui titoli per accedere alle relative recensioni: L’Archivio degli Dei e Le Ossa dei Morti), ero curioso di scoprirla alle prese con una dimensione letteraria diversa e, per certi versi, più complessa: quella del racconto breve.

Scrivere delle storie realmente efficaci nello spazio di poche pagine, addirittura in una manciata di righe, è difficile e se non si padroneggiano in maniera adeguata gli “strumenti del mestiere” (ovvero la penna e la propria fantasia) allora il disastro è inevitabile.

Per MISERI RESTI SEPOLTI, l’autrice ha voluto darsi un obiettivo ben preciso: raccontare la morte, in tutte le sue possibili sfaccettature e soprattutto senza omettere nulla, nemmeno le condizioni più raccapriccianti che essa comporta.

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Tuttavia quella descritta dalla Palombi non è la “solita” morte, quella cioè che arriva a distruggere la vita, in una sorta di contrapposizione tra luce e tenebre. Tra le pagine di MISERI RESTI SEPOLTI, la morte raccontata è quella che ritorna, quella incapace di accettare il trapasso e disposta ad attraversare l’esistenza terrena ancora una volta, per vendetta o semplicemente per fame, di carne umana, di dolore e paura. Una morte viva, nonostante tutto, che risorge, ghermisce, lacera, sbrana e trasformare le vittime in carnefici e questi ultimi in bestie da macello.

La rapidità di ogni racconto fa si che per il lettore non ci sia spazio di fuga, né tregua. Tutto è esposto come sul tavolo anatomico e, per quanto a dominare siano le ombre prodotte dalla morte, la violenza è costantemente illuminata dalla scrittura della Palombi. Ciò che offre MISERI RESTI SEPOLTI è un autentico campionario di orrori senza freno, dove nulla è sottinteso e tutto è raccontato con dovizia di particolari, quasi che l’autrice abbia voluto sfidare il lettore aumentando ogni volta l’intensità del delirio, della crudeltà, di quello che in ambito cinematografico chiameremmo splatter.

Ma c’è di più. Perché se i racconti della Palombi fossero solo questo, allora saremmo di fronte ad un orrore vuoto, raccapricciante certo, ma non per questo realmente efficace.

La vera forza di questa raccolta è ancora una volta la qualità della scrittura. Tutti i racconti sono finemente cesellati parola per parola e il lettore intuisce perfettamente come l’autrice abbia composto ogni storia con la stessa cura con cui un pittore aggiunge pennellate alla propria tela, con attenzione ai dettagli e mantenendo il giusto equilibrio in ogni sfumatura, ponendo attenzione all’intensità di ogni colore, nella convinzione che ogni dettaglio sia importante.

La visione d’insieme è quella di un inquietante mosaico, una sorta di incubo dal quale non è possibile svegliarsi, se non per brevi tratti, quanto basta per voltare pagina e sprofondare nel successivo abisso marcescente. La Palombi non concede scampo, nemmeno nelle brevissime e inquietanti poesie, incastonate tra un racconto e l’altro e che solo in apparenza rappresentano una temporanea fuga dall’orrore. Anche con quei pochi versi, l’autrice evoca mondi fatti di sangue e lame affilate, capaci di scuotere il lettore nel profondo fino a lasciarlo senza fiato.

Fresca vincitrice del “Trofeo Cittadella 2021” con il suo romanzo Il Pentacolo (anche questo edito da Dark Zone), Miriam Palombi conferma con questa raccolta tutto il proprio talento e la straordinaria capacità di ripercorrere i sentieri già noti della letteratura horror, ma disegnando traiettorie nuove e personali.

Del resto, è quasi impossibile scrivere qualcosa che sia realmente nuovo e c’è chi dice che da almeno un secolo ormai, tutto sia stato già raccontato. Agli autori contemporanei l’arduo compito di rimescolare i paradigmi tipici del genere per dare vita (e morte) a qualcosa di originale e diverso.

Un’impresa maledettamente complicata nella quale Miriam Palombi risplende, sebbene le sue siano storie scritte con le ombre e con la parte più scura del sangue.

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