Le Ossa dei Morti di Miriam Palombi, Dark Zone Edizioni

 


Da tempo ero alla ricerca di un romanzo gotico nel senso più classico del termine, qualcosa capace di coniugare il gusto moderno per la letteratura horror con delle atmosfere che attingessero a piene mani nei grandi racconti del secolo scorso, quelli alla Edgar Allan Poe e alla H.P. Lovecraft, per intenderci.

Compulsando la rete in cerca del giusto suggerimento, quello capace di entusiasmarmi a tal punto da indirizzarmi verso una nuova lettura, mi sono imbattuto in un nome, quello di MIRIAM PALOMBI e in una casa editrice, la DARK ZONE. Assieme hanno dato alle stampe nel 2019 LE OSSA DEI MORTI, il romanzo che ora è qui sulla mia scrivania.

Devo ammettere di non essere un lettore facile. Chi scrive deve sapermi conquistare, nonostante non sia in grado di rivelare quali siano i miei gusti, le cose di cui ho bisogno per restare incollato alla pagina. Il rapporto con un libro è fatto di tanti elementi, alcuni così sfuggenti che solo leggendo è possibile riconoscerli. Altri, come la bellezza di una copertina, la qualità della carta e dell’impaginazione sono invece aspetti più riconoscibili, quelli che talvolta rappresentano la prima seduzione alla quale non so resistere.

Ma a sollecitare la mia curiosità è stata anzitutto la storia di Miriam Palombi, un’autrice di cui credo convintamente si dovrebbe parlare e scrivere molto di più. Probabilmente paga lo scotto di essere una scrittrice di storie horror e dark fantasy, due generi che nonostante l’enorme popolarità di cui godono, finiscono irrimediabilmente con l’essere catalogati come libri di serie B, qualcosa da leggere distrattamente per poi archiviare a vantaggio di opere “più colte”.

Da appassionato di letteratura gotica, di fantascienza, creepy e tutto quanto può essere ritenuto di nicchia, non posso che soffrire di fronte a simili catalogazioni, che spesso nulla hanno a che vedere con la qualità della scrittura, mentre molto hanno a che fare con l’atavica incapacità di certa critica di saper cogliere semplicemente il bello laddove si trova.

Miriam Palombi (classe 1972) ha già alle spalle un certo numero di pubblicazioni, tra romanzi e racconti, un catalogo personale ampio che vi invito a scoprire, soprattutto dopo che la lettura de Le Ossa dei Morti mi ha sinceramente entusiasmato, convincendomi di essere al cospetto di una penna di rara e raffinata qualità.

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Le Ossa dei Morti, come detto, ha le proprie radici ben piantate nel solido terreno plasmato da Poe e Lovecraft, tanto per citare i due Maestri più significativi, cari alla Palombi ma anche al sottoscritto. Tuttavia l’autrice è riuscita a coniugare l’eleganza della scrittura “di una volta” con il ritmo moderno che l’horror esige per essere al passo coi tempi. Due mondi letterari apparentemente distanti che la Palombi riesce a coniugare con una scrittura mai banale, ricercata nei termini ma allo stesso tempo fluida e piacevole per il lettore.

Un aspetto certamente degno di nota e che rivela ancora di più quale sia il mondo letterario al quale la Palombi vuole dare vita, è l’assenza di tutti quegli elementi che nella letteratura horror o fantastica contemporanea sembrano essere noiosamente imprescindibili.

Con Le Ossa dei Morti il lettore non è “costretto” a confrontarsi con strane tecnologie ultra-moderne, né dovrà “sopportare” la solita storia d’amore tra i protagonisti. Come spiega Paolo Di Orazio nella sua prefazione al libro, il romanzo della Palombi è privo dei cliché tipici dell’horror facile, quello mutuato in qualche modo dal cinema contemporaneo. Non c’è nemmeno l’investigatore tutto d’un pezzo o quello il cui passato è abitato da oscuri fantasmi che ne condizionano le scelte.

Le Ossa dei Morti è, in definitiva, un romanzo horror “puro”, laddove per purezza deve intendersi a mio avviso la volontà dell’autrice di mettere in primo piano l’elemento fantastico, senza l’obbligo di dover spiegare ad ogni costo né cosa succede, né quali siano gli scopi dei personaggi.

La Palombi racconta una storia e lo fa come si faceva una volta, radunando i lettori attorno a sé e aspettando che le ombre disegnate dalla notte producano le proprie suggestioni generate dalla potenza delle parole, dall’effetto di una narrazione convincente proprio perché imparentata con quelle leggende che invariabilmente circondano un certo posto, una casa abbandonata magari o che sono legate ad un cognome che in paese in pochi hanno il coraggio di pronunciare.

Sulla trama dirò poco o nulla. Da buon lettore detesto gli spoiler. Tutto ciò che c’è da sapere è contenuto nella sinossi pubblicata da Dark Zone. Qui mi limito a dire che Le Ossa dei Morti intreccia tre linee temporali, con quelle più antiche che riverberano i propri effetti in epoca contemporanea, spingendo così il protagonista del romanzo al terrificante confronto con le creature che abitano nei recessi più oscuri di un’antica dimora.

Riti pagani di medievale memoria trovano nuova linfa durante la Seconda Guerra Mondiale prima che, trascorsi interi decenni di oblio, qualcosa di oscuro viene risvegliato per generare nuovo orrore. È questa la sintesi del romanzo e non occorre davvero altro per provare quei brividi che poi la lettura conferma e amplifica.

Il risultato, da lettore, è il desiderio di arrivare fino all’ultima pagina, senza mai rinunciare a gettare uno sguardo nell’angolo più buio della stanza, quello nel quale le ombre sembrano agitarsi di più. Perché al lettore di storie horror avere paura piace, è un sentimento catartico e quindi liberatorio. Miriam Palombi da parte sua è una splendida Sacerdotessa la cui penna sa evocare spettri oscuri.

Ci riesce compiendo uno dei gesti più misteriosi di sempre: la penna che scorre sul foglio per dare forma a quel meraviglioso intreccio di parole delle quali fare a meno, nonostante la paura, è davvero impossibile.

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