Figli Dello Stesso Fango, di Daniele Amitrano, 13LAB Editore



A proposito della giovinezza Frank Kafka ha scritto che essa è un momento felice dell’esistenza perché è in grado di vedere la bellezza. Eppure gli anni dell’adolescenza vengono spesso ricordati per le incomprensioni, i dolori, l’impossibilità di capire il mondo ed essere compresi dagli altri.

DANIELE AMITRANO definisce l’adolescenza come un “pantano” nel quale il rischio di restare vinti dall’irresistibile voglia di essere qualcuno ad ogni costo è anche ciò che può condurre verso la rovina. E, curiosamente, quando questo accade, quando ci si ritrova improvvisamente invischiati nel “fango” non si è mai soli, come se il destino avesse radunato attorno a noi anche gli affetti più cari, gli amici e gli amori di cui ci siamo ostinatamente nutriti.

FIGLI DELLO STESSO FANGO, pubblicato da 13LAB EDITORE, è un romanzo di formazione, una di quelle storie in cui il lettore può seguire le vicende del protagonista nel suo passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Un percorso formativo che inevitabilmente genera anche una profonda empatia, perché siamo stati tutti degli adolescenti e siamo tutti in cerca di quella dimensione adulta che a volta ci sembra di aver conquistato, altre volte ci pare sfuggente.

Per la sua storia, che mette assieme eventi e persone realmente esistite con fatti e personaggi di pura fantasia, Amitrano parte da una sfida con se stesso, quella di esorcizzare un lutto che lo ha colpito da vicino, la perdita di un amico, un dolore che prova a dominare attraverso lo strumento potentissimo della scrittura.

Lo fa costruendo una vicenda ambientata sul lungomare laziale, a pochi chilometri da Roma, nel pieno degli anni ’90, una stagione nella quale chi ha almeno 40 anni ritrova i suoni, le atmosfere e le emozioni che lo hanno accompagnato nel pieno dell’adolescenza.

L’alter ego dell’autore è Andrea, un ragazzo appena maggiorenne che vive la propria esistenza con apparente spensieratezza, vivendo amicizie e amori e tenendo ben lontani i problemi che invece è costretto ad affrontare tra le mura domestiche. Uno sdoppiamento della propria coscienza che lo induce ad allontanarsi progressivamente dalla sua famiglia per fare degli amici il campo ideale nel quale rifugiarsi e vivere le esperienze della vita.

Sia Andrea che gli altri co-protagonisti del romanzo hanno un solo scopo: giocare al grande gioco della vita per diventare uomini, per essere rispettati, con le tasche gonfie di soldi e le ragazze più belle ai loro piedi. È l’illusione che imbriglia i ragazzi di borgata, quelli che per conquistare il mondo conoscono un’unica strada, quella più facile, salvo poi scoprire a proprie spese quanto alla fine i conti non siano mai quelli sperati e le perdite non potranno mai compensare gli effimeri successi.

Ma Andrea ha qualcosa che sembra tenerlo a galla rispetto a quella marea di fango che pare crescere inesorabile: l’amore. Un sentimento potente e poetico nei confronti di una ragazza, Nancy, conosciuta per caso un giorno d’estate e che gli resterà dentro anche a distanza di anni, nonostante anche lei alla fine sia stata un’illusione, quasi un ombra cancellata rapidamente dal fango che scorre impetuoso lungo le vie della sua esistenza.

Eppure Andrea è destinato a restare aggrappato alla zattera delle proprie ambizioni, della voglia di essere qualcosa di diverso del solito ragazzo che si inabissa nel malaffare di una società malata e senza scrupoli.

Così Andrea, tra errori, dolori ed esperienze, diventa quell’uomo che in fondo ha sempre saputo di poter essere. E qui la storia di FIGLI DELLO STESSO FANGO potrebbe concludersi, lasciando nel lettore il sapore agrodolce che sempre caratterizza una storia di redenzione e crescita.

Ma DANIELE AMITRANO non ha scritto il solito romanzo di formazione e, con un gusto assolutamente noir, finisce con il colpire il lettore con un finale sorprendente, di cui ovviamente qui non dirò nulla, ma che vale la lettura di un libro capace di essere ben più di quello che titolo e sinossi suggeriscono.

SINOSSI

Una telefonata misteriosa annuncia ad Andrea una morte per overdose. Lui, un giovane e affermato giornalista residente a Milano, decide di tornare nel suo paese dopo circa dieci anni. Il ritorno nella casa dove ha vissuto la sua adolescenza lo fa affondare nell’oscurità del tempo passato e rivivere eventi quasi del tutto dimenticati.

Il percorso nel ricordo lo riporta alla fine degli anni novanta. Nel suo flashback ripercorre varie tappe fondamentali: il dramma della malattia del fratello Maurizio, affetto da schizofrenia; il primo amore tradito; la sua comitiva di un tempo: la Fossa; la ricerca di una via d’uscita dalla monotonia della piccola realtà di provincia e il fascino dei ragazzi più grandi che appaiono imbattibili e rispettati da tutti; la ricerca del prestigio sociale attraverso falsi miti generazionali, come la droga e la violenza; le leggi non scritte del branco. La cecità delle istituzioni e la disattenzione familiare acuiscono ancor di più la precarietà emotiva e psicologica dei
protagonisti del romanzo.

E’ un periodo di ribellione e di assoluta sete di libertà che induce il protagonista e i suoi amici a un escalation di eventi che li condurrà sull’orlo del baratro. Qualcuno cadrà, qualcuno riuscirà a restare in piedi. Quando Andrea scopre che è uno dei suoi carissimi amici ad aver perso la vita, inizia la sua personalissima indagine. Sa che qualcosa del passato è legato a quella tragica morte. Incontrando gli amici d’infanzia, il giornalista scopre che la droga è sempre il filo conduttore degli eventi ma non è la sola protagonista che porterà all’epilogo inaspettato e drammatico.

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