A chi scrive romanzi horror di certo non mancano le fonti
di ispirazione da cui prescindere è pressoché impossibile. L’horror è un genere
perfettamente codificato, che ha le proprie radici nella letteratura di tutto
il mondo e nel folklore popolare. Favole, leggende, suggestioni e racconti da
condividere durante una notte buia e tempestosa fanno parte dell’immaginario
collettivo.
Ma ci sono una manciata di autori che, in modo più o meno
consapevole, fanno sempre capolino nei romanzi horror contemporanei. Edgar Alla
Poe, H. P. Lovecraft e Stephen King sono nomi ricorrenti, punti di riferimento
dei quali non è possibile fare mano, nemmeno quando lo si vorrebbe. Le loro
opere rappresentano una sorta di mitologia condivisa alla quale attingere per
raccontare altre storie, quelle che sentiamo il bisogno di scrivere e offrire a
chi vorrà leggerle.
Ma citare autori così giganteschi rappresenta un rischio,
quello dell’inevitabile confronto. Chi vuole raccontare l’orrore deve quindi
saper accettare una sfida quasi impossibile, quella di subire dal lettore un
paragone che non potrà vincere, se non a caro prezzo.
Occorre quindi dotarsi di grande coraggio e di un’enorme
fiducia nel proprio talento, qualità di cui MATT HAYWARD sembra poter disporre in enormi quantità . Lo dimostra
il suo romanzo COSA TEMONO I MOSTRI?,
appena pubblicato in Italia da DUNWICH
EDIZIONI, in assoluto un marchio di garanzia in termini di qualità della
scrittura dei propri autori e di originalità delle storie proposte sul mercato.
Peter, il protagonista del romanzo, è un giovane
musicista finito oltre quel proverbiale confine che distingue la luce dalle
tenebre. Dopo un album di successo e i relativi tour, antiche insicurezze e la
dipendenza dall’alcool hanno reso Peter qualcosa di ben diverso dalla rockstar
che sperava di diventare. Conclusa quell’esperienza, ora è quello che tutti
definirebbero un derelitto.
Preda di una spirale di autocommiserazione, Peter ha
perso tutto, compresa anche la voglia di vivere. A salvarlo una speranza, l’ultima
che il destino sembra essere disposto a concedergli: la nascita inaspettata di
un figlio. È su questo nuovo orizzonte che Peter immagina di ricostruire il
proprio futuro, ma per riuscirci ha bisogno di riprendere in mano la propria esistenza
e di gettare via quella parte di sé che lo sta portando all’autodistruzione.
La soluzione sembra essere un percorso di recupero, una
disintossicazione dai propri demoni presso un nuovo centro che promette
meraviglie. Raccolta la cifra necessaria per iscriversi al programma, Peter
parte alla volta della villa nella quale un misterioso scienziato ha avviato il
miracoloso programma rieducativo. Qui farà la conoscenza con altre anime
perdute e, soprattutto, comprenderà di aver varcato una soglia che sta al di lÃ
del tempo e dello spazio. Ciò che accade tra quelle mura non ha nulla a che
vedere con la disintossicazione da alcool e droghe.
Senza svelare troppo della trama, basterà dire che Peter
e gli altri protagonisti di COSA TEMONO
I MOSTRI? si ritroveranno faccia a faccia con una dimensione ben più
inquietante di quella promessa dal volantino che pubblicizzava il Centro,
qualcosa di assai vicino a quel pantheon codificato ormai oltre un secolo fa
negli scritti di H. P. Lovecraft a cui, in effetti il romanzo di Hayward deve
molto.
Così come tra le pagine del libro emerge l’altra fonte di
ispirazione dell’autore, quello Stephen King immancabile in qualsiasi storia
horror moderna che si rispetti. Gli elementi tipici “kinghiani” ci sono tutti,
dal dialogo interiore di Peter, quasi una sorta di voce fuori campo, alla forte
caratterizzazione dei personaggi, ottenuta anche con l’adozione di un
linguaggio spesso assai crudo.
Le descrizioni sono particolarmente efficaci, in perfetto
equilibrio tra una grande proprietà di linguaggio e la capacità di “far vedere”
al lettore anche le scene più raccapriccianti, con un gusto quasi
cinematografico. La trama si presta certamente a ulteriori e futuri sviluppi,
il che svela la volontà dell’autore di definire con questo romanzo una sorta di
macrocosmo all’interno del quale le proprie storie saranno raccontate avendo sempre
degli elementi in comune, una sorta di “universo condiviso”, anche questo di
chiara ispirazione kinghiana e lovecraftiana.
Tuttavia la presenza di certi riferimenti nulla toglie al
talento di Hayward, che non resta sminuito dagli inevitabili confronti, come peraltro
testimoniato dalla sua partecipazione al prestigioso Bram Stoker Awards, di cui
è stato finalista proprio con COSA TEMONO
I MOSTRI?
Quello di Hayward è dunque un nome da tenere in grande
considerazione. Gli amanti degli horror che coniugano il soprannaturale con una
certa attenzione anche allo spessore dei personaggi e alla qualità della
scrittura ne resteranno certamente favorevolmente colpiti.
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