“Se c’è un
bassista che avremmo voluto intervistare, quello è John Deacon”. Inizia così
l’articolo che il magazine inglese Bass Player dedica al componente più
sfuggente dei Queen. Perché, come ormai sappiamo tutti, John è sparito dalle
scene e di lui restano solo i memorabili giri di basso che lo fanno
costantemente gravitare nelle top ten dei bassisti più influenti di sempre.
Bass Player
ha quindi deciso di pubblicare un bel articolo biografico interamente dedicato
a John, per celebrarne la carriera e accendere i riflettori sul componente dei
Queen più schivo e, forse proprio per questo, anche meno celebrato nonostante
la sua presenza nella band sia stata fondamentale al pari di quella degli altri
tre. Quello che segue è un resoconto in cui ho estrapolato gli aspetti più
significativi dell’articolo.
****
Nato nel
1951 nel Leicestershire, la carriera di musicista di John inizia prestissimo e
non come bassista, ma come chitarrista per gli Opposition, prima di passare
definitivamente alle quattro corde nel 1966 quando la band recluterà un
chitarrista.
Nel 1969
John abbandona la band, che per lo più è stato un progetto assai amatoriale, e
si trasferisce a Londra dove inizia i suoi studi di elettronica al Chelsea
College, mentre è nel 1971 che sostiene la sua audizione per entrare a far
parte di una band all’epoca ancora poco conosciuta e dal destino assai incerto:
i Queen.
John viene
scelto da Freddie, Brian e Roger (che avevano avuto a che fare già con altri
tre bassisti) per almeno tre buone ragioni: è un ottimo musicista, si intende
parecchio di elettronica e ha un carattere tranquillo e schivo, perfetto per
controbilanciare gli ego smisurati degli altri tre. Ma alla sua naturale
riservatezza non corrispondeva una debolezza di carattere e, anzi, John ha
saputo sempre dire la sua anche durante le discussioni più accese sorte in seno
alla band. insomma, John Deacon parlava poco ma sapeva farlo in modo efficace.
Come
sappiamo tutti, uno dei tratti distintivi dei Queen è stata la loro capacità di
cimentarsi con i generi musicali più diversi e di conquistare la vetta delle
classifiche grazie alle canzoni scritte da tutti e quattro, un aspetto
quest’ultimo unico nel panorama musicale internazionale. John tuttavia arriva
alla scrittura solo più avanti rispetto agli altri tre e, dopo l’esperimento di
Misfire (Sheer Heart Attack, 1974) è con You’re My Best Friend (A Night At The
Opera, 1975) che John dimostra cosa è in grado di fare, tirando fuori un brano
solidamente pop, aprendo così ai Queen una nuova strada musicale da percorrere.
Ma è negli
anni Ottanta che John consolida il proprio talento autoriale, scrivendo canzoni
come Another One Bites The Dust e I Want To Break Free. Soprattutto la prima
garantirà ai Queen quel tanto agognato successo negli Stati Uniti, mentre con
Break Free consegna alla storia un pezzo che ancora oggi è tra i più suonati
nelle radio di tutto il mondo.
Poi dal
1989, la decisione della band di pubblicare ogni canzone attribuendola
genericamente ai Queen, impedisce di capire con assoluta chiarezza chi abbia
scritto cosa e quindi il contributo di John sembra sfumare, sebbene la scelta
abbia conferito alla band una maggiore coesione interna, necessaria per
limitare le furiose discussioni sui diritti d’autore e per costituire attorno a
Freddie Mercury una barriera in grado di proteggerne meglio la privacy negli
anni più difficili della sua esistenza.
Tornando a
John, alcune puntualizzazioni sulla strumentazione che ha utilizzato nei Queen.
il suo primo basso è stato un Broadway Solid di seconda mano, seguito poi da un
EKO acquistato per circa 60 sterline, mentre quando ha fatto il suo esordio nei
Queen si è affidato ad un Fender Precision, che spesso alternava soprattutto
dal vivo con un Rickenbacker 4001s e un Fender Jazz, fino ad arrivare poi
all’era di A Night At The Opera quando ha utilizzato un paio di P-Bass.
Nel 1976
sceglie un basso Stingray, anche se a seconda del tipo di brano o di esibizione
cambia strumento a seconda delle necessità del caso, un’abitudine che manterrÃ
anche negli anni Ottanta quando inizia ad usare i bassi messi a disposizione
dal mercato di quel periodo, come il Precision Elite (che possiamo vedere nel
video di I Want It All), il Kramer Custom DMZ4001 (apprezzabile nel video di
Play The Game) o ancora il basso Warwick Buzzard che John imbraccia a Montreux
un occasione del Jazz Festival del 1986 (ma in quel caso i Queen si esibiscono
in playback).
John ha
anche imparato ad usare il contrabbasso per incidere ’39, il brano scritto da
Brian May per A Night At The Opera e con lo stesso tipo di strumento possiamo
vederlo nel video di Who Wants To Live Forever, anche se in quel caso è una
mera scelta estetica che nulla ha a che fare con l’effettiva esecuzione della
canzone. Il basso Precision nero torna invece tra le sue sapienti mani per
tutta la durata del Magic Tour del 1986, al termine del quale commissiona uno
strumento su misura al liutaio Roger Giffin che per lui realizza un basso
esteticamente simile al Fender Precision ma con dei pickup pensati per le
esigenze di John.
Di John poi
si ricorda il momento conclusivo del leggendario concerto a Knebworth Park,
l’ultimo dei Queen con Freddie Mercury, al termine del quale John scaglia il
suo basso sul palco. Un gesto di rabbia, forse di frustrazione per l’enorme
tensione accumulata in quel periodo della sua vita. E c’è poi il famoso Deacy
Amp, l’amplificatore costruito da John ricavandolo da una vecchia radio scovata
in un cassonetto durante una notte di pioggia e che donerà alla Red Special di Brian
May un sound particolare adottato su molti brani dei Queen, ad esempio My Baby
Does Me (The Miracle, 1989)
In tema di amplificazione, anche in questo ambito John ha
variato spesso la configurazione della propria strumentazione, passando da un
HH Electronics IC da 100 watt, agli amplificatori della Orange e della
Acoustic, fino ad arrivare a quelli prodotti dalla HH per i tour dei Queen
degli anni Ottanta, per poi concludere le sue esperienze live con il Freddie
Mercury Tribute e più tardi il Cowdray
Ruins quando si è affidato agli amplificatori della Goliath e agli SWR SM-900.
Essenzialmente John ha suonato sempre con le dita, anche se
spesso ha usato il plettro e occasionalmente anche la tecnica dello “slap” in
canzoni come Cool Cat o nella versione dal vivo di Dragon Attack. E se volete
farvi un’idea ancora più chiara della grandezza di questo bassista, allora
ascoltate con attenzione le linee di basso di No-One But You (la sua ultima
apparizione in studio con i compagni di band dopo il 1991) e del brano Let Me
In Your Heat Again pubblicata come inedito nella raccolta Queen Forever.
Ovviamente resta il rammarico di non poterlo più vedere
suonare assieme a Brian May e Roger Taylor. Come hanno confermato entrambi i
musicisti, John si è ormai ritirato a vita privata e non ha alcuna intenzione
di ritornare sotto i riflettori, pur continuando a seguire gli affari della
band dalle retrovie. Ma una cosa è certa: ciò che ha fatto nei Queen è
destinato all’immortalità . Un’opinione peraltro condivisa da altri famosi
bassist-man, convinti che il valore e la grandezza di John Deacon siano
assolutamente da rivalutare e considerare tra gli aspetti più importanti della
band di cui ha fatto parte per oltre vent’anni.