Nonostante
agli inizi degli anni ’70 Brian May avesse deciso di accantonare una
promettente carriera di accademico, con grande disappunto del padre, la
passione per la scienza non è mai venuta meno e, anzi, ha spesso rappresentato
autentica fonte di ispirazione per alcune delle sue composizioni. Ai Queen, ad
esempio, ha regalato un brano che pur non avendo avuto un grande successo
commerciale (era solo il lato B del singolo You’re My Best Friend) è comunque
diventato uno dei più conosciuti della band. Una canzone che è soprattutto una
tragica storia d’amore, di quelle che solo il cinema di fantascienza è in grado
di raccontare. Ecco la storia dei volontari dell’anno ’39.
Sebbene nella
sua versione in studio sia un pezzo profondamente radicato nel genere skiffle
(il blues dei primordi, per intenderci) con tanto di contrabbasso suonato
da John Deacon, ’39 (che curiosamente è anche la 39esima canzone pubblicata dai
Queen) è dal vivo che ha assunto la sua veste più conosciuta, soprattutto negli
ultimi anni, con Brian che l’ha trasformata nel momento “in solitaria” con il
quale riesce a creare una profonda connessione con il pubblico, prima di
scatenare una generale commozione con Love Of My Life.
Cantata da
Freddie, da Brian o in compagnia di Roger al tamburello e altri
musicisti addirittura muniti di fisarmonica (Spike Edney, nello specifico), ’39
è soprattutto una ballata acustica dotata di una melodia talmente riconoscibile
ed efficace da essere stata inserita nel set proposto con George Michael al
Freddie Mercury Tribute, nella certezza (poi confermata dai fatti) che il
pubblico l’avrebbe saputa cantare fino alle ultime strofe, dimostrando ancora
una volta di quanto le canzoni dei Queen siano radicate nell’immaginario
collettivo al di là del successo commerciale ottenuto.
Una storia d’amore
dicevamo, ma anche un piccolo trattato di astrofisica che rischia di passare
per fantascienza se si considera che il tema affrontato da ’39 è uno dei più
cari della letteratura e del cinema di genere, ovvero il viaggio nel tempo.
Che sia possibile o meno superare i legacci che ci tengono ancorati al presente, il viaggio nel tempo è stato comunque teorizzato in varie forme e quella adottata da Brian per la sua ’39 ci suggerisce (detto in modo semplice) il seguente principio: se si viaggia ad una velocità superiore a quella della luce, il tempo si contrae, smette di scorrere in modo convenzionale. Il risultato è che l’ipotetico viaggiatore del tempo misurerà sul proprio orologio, ad esempio, il passaggio di una sola ora, mentre per chi è rimasto sulla Terra potranno essere trascorsi giorni interi, mesi e addirittura anni.
Che sia possibile o meno superare i legacci che ci tengono ancorati al presente, il viaggio nel tempo è stato comunque teorizzato in varie forme e quella adottata da Brian per la sua ’39 ci suggerisce (detto in modo semplice) il seguente principio: se si viaggia ad una velocità superiore a quella della luce, il tempo si contrae, smette di scorrere in modo convenzionale. Il risultato è che l’ipotetico viaggiatore del tempo misurerà sul proprio orologio, ad esempio, il passaggio di una sola ora, mentre per chi è rimasto sulla Terra potranno essere trascorsi giorni interi, mesi e addirittura anni.
A Brian
naturalmente interessano soprattutto i risvolti emotivi di una simile
eventualità e per farlo ci racconta di una Terra in cui le cose non vanno
decisamente bene. Il pianeta, infatti, è stato invaso dalle acque, probabilmente
a causa di un cataclisma ecologico che ha generato l’innalzamento dei mari e le
terre emerse sono ormai ben poche. È necessario quindi trovare un nuovo posto
in cui abitare, un nuovo pianeta da colonizzare. Viene così formato un gruppo
di audaci volontari che nell’anno ’39 (2039, 2239…chissà) partono per un
viaggio diretti verso le stelle più lontane.
Tra gli astronauti coinvolti nella missione, il protagonista della canzone lascia sulla Terra la donna amata, alla quale si rivolge idealmente durante la ricerca di un pianeta adatto alla vita. Il loro è un amore separato da una distanza che sfida le leggi del tempo, con lui che non smette di pensarla e lei che ne attende il ritorno scrutando l’orizzonte.
Tra gli astronauti coinvolti nella missione, il protagonista della canzone lascia sulla Terra la donna amata, alla quale si rivolge idealmente durante la ricerca di un pianeta adatto alla vita. Il loro è un amore separato da una distanza che sfida le leggi del tempo, con lui che non smette di pensarla e lei che ne attende il ritorno scrutando l’orizzonte.
Quanto tempo
sia trascorso dalla partenza dei volontari non lo sappiamo, ma un giorno l’astronave
fa ritorno sulla Terra, portatrice finalmente di buone notizie. Un nuovo
pianeta in cui abitare esiste, è giovane e azzurro, mentre il nostro è ormai
grigio e freddo. Il volontario protagonista di ’39 è raggiante, finalmente
potrà riabbracciare la sua amata e con lei iniziare una nuova vita. Ma è
una gioia che dura poco e il loro ritrovarsi svela la triste realtà, perché per
lui è passato poco più di un anno, mentre lei è ormai una donna anziana.
’39 è dunque
il racconto di una tragedia, quella dell’estremo sacrificio di chi, per salvare
l’umanità intera, ha scelto di rinunciare alla propria felicità, condannando se
stesso e la persona amata a non ritrovarsi più nello stesso tempo. A ben
pensare, è qualcosa che potrebbe accadere davvero se non saremo capaci di
interpretare i segni che ci circondano, magari ascoltando “l’avvertimento” dei
tanti esperti che troppo superficialmente vengono bollati come “profeti di
sventura”. E anche questa è una storia che Brian May ha messo in musica e che
merita di essere raccontata. Quando? Beh, il tempo è una faccenda molto
relativa da queste parti e potrebbe toccarvi attendere qualche minuto...o molto di più.