Robot giganteschi, astronavi, alieni ed esseri immortali. Ovvero i Queen e la Fantascienza




Un robot gigantesco, sfuggito al rigido controllo delle Tre Leggi della Robotica (create da Isaac Asimov) avanzata per la città devastando tutto ciò che incontra. È attratto da un’arena da cui proviene della musica. Non sa bene di cosa si tratti, è come un enorme bambino alla scoperta del mondo. La sua mano cala sul tetto dell’edificio, scatenando il panico del pubblico. Le dita gelide afferrano i quattro musicisti. Non vuole fargli del male, ma solo capire. Eppure, inavvertitamente, ne uccide uno, il cantante, generando così un’oscura profezia che si sarebbe rivelata solo 14 anni dopo.

Frank, The Robot

È la copertina di News Of The World ovviamente e il robot si chiama Frank. È stato commissionato dai Queen all’illustratore Frank Kelly Freas, autore di celebri cover per libri e riviste di fantascienza. Ed è proprio da una di queste, il numero di Ottobre del 1953, che Frears prende ispirazione per dare un’immagine all’album della band, disegnando qualcosa che visto dopo il 1991 appare davvero inquietante come spesso sa esserlo il mondo della fantasia. Da segnalare poi un “remake” in versione X-Man della copertina realizzata in occasione dei 40 anni dall’uscita dell’album.


È un omaggio al mondo della fantascienza, un genere letterario e cinematografico talmente amato dai Queen da essere un tema ricorrente, tanto nelle loro canzoni quanto nella grafica degli album o in alcune scelte stilistiche.

’39: il viaggio interstellare firmato Brian May

Il primo approccio col genere non è però quello del 1977, ma il brano ’39 pubblicato su A Night At The Opera (1975). Scritta da Brian May e divenuta nel tempo un vero e proprio standard del repertorio dei Queen, ’39 è un autentico racconto di fantascienza che ricorda da vicino i temi trattati da Interstellar, il film diretto da Christopher Nolan nel 2014. Brian racconta di una Terra devastata dall’innalzamento degli oceani e di una missione spaziale diretta alla ricerca di nuovi mondi in grado di ospitare la vita. La navicella sui cui viaggiano gli astronauti scelti tra un gruppo di volontari percorre le incredibili distanze siderali alla velocità della luce. Ed è qui che entra in gioco il Brian May scienziato, che non dimentica la Relatività di Einstein e canta del paradosso che si verifica quando si supera la velocità della luce. Perché il tempo nel frattempo si contrae e i pochi mesi trascorsi a bordo dell’astronave sono, sulla Terra, interi decenni. “Oh, sono passati tanti anni, sebbene io non sia invecchiato che di un anno” recita la strofa più emblematica della canzone. E così, il protagonista di ’39, una volta tornato a casa scopre che la moglie nel frattempo è invecchiata e morta e di lei resta solo lo sguardo negli occhi della figlia diventata adulta.



Anche Freddie Mercury tratta l’argomento ma in una chiava più sfumata e come semplice allegoria per descrivere la sua energia…che non può essere fermata! In Don’t Stop Me Now (Jazz, 1978), infatti, racconta di essere “Un missile diretto verso Marte” e “Un satellite fuori controllo” che “Viaggia alla velocità della luce”.

Flash Gordon

Ma è nel 1980 che i Queen abbracciano totalmente il mondo della fantascienza accettando di scrivere la colonna sonora per Flash Gordon, uno dei primi Cinecomic realizzati in grande stile da Hollywood. Nato nel 1934 dalla mente di Alex Raymond e portato al cinema dal regista Mike Hodges, Flash è un avventuriero dello spazio in costante lotta contro Ming, Signore del pianeta Mongo e protagonista di una serie di fumetti e serie entrati di diritto nell’immaginario collettivo. Al personaggio i Queen regalano una soundtrack che segue fedelmente il film, a tal punto da aver relegato la voce di Freddie ad un ruolo più marginale a vantaggio dei dialoghi inseriti nel disco. Flash Gordon è soprattutto l’occasione per la band di sperimentare un approccio totalmente diverso al lavoro compositivo, sfruttando il potenziale dei sintetizzatori e delle orchestrazioni. Il film, il cui risultato finale non è certamente memorabile, è comunque divenuto nel tempo un vero e proprio cult, anche per merito degli stessi Queen, tanto da essere oggetto di continue citazioni, non ultime quelle contenute nel film Ted (diretto dal papà de I Griffin e American Dad, Seth MacFarlane).


I divertimento spaziali di Roger Taylor

Nel 1981 Roger Taylor decide che lo spazio offerto dai Queen non è più sufficiente a soddisfare la sua vena autoriale e pubblica il suo primo album solista, Fun In Space. Se il titolo sembra già sufficiente a dimostrare il suo amore per le tematiche fantascientifiche, è soprattutto la copertina del disco a confermarla. Realizzata dallo studio grafico Hipgnosis, lo stesso che ha firmato le cover per i Pink Floyd, i Genesis e i Bad Company di Paul Rodgers, la copertina di Fun In Space vede assoluto protagonista l’alieno Ernie intento a sfogliare un fumetto con protagonista…il batterista dei Queen! E poi c'è il testo della title track che, con il primo verso "strangers in a strange land" e i successivi riferimenti, sembra citare il romanzo di fantascienza di culto intitolato proprio Stranger In A Stranger Land di Robert A. Heinlein.



L’omaggio a George Lucas

Appena un anno dopo i Queen si ritrovano a Monaco per lavorare a un nuovo disco. Forti del successo di Another One Bites The Dust, la band si lascia guidare soprattutto da Freddie Mercury e John Deacon realizzando il loro album più controverso, Hot Space. Tra le critiche della stampa, le stroncature dei fans e le amarezze di Brian e Roger, è il video di Calling All Girls a riportare i Queen nel mondo della fantascienza. La clip infatti è una sorta di omaggio al film THX 1138 di George Lucas. Sulla passione dei Queen per le opere del papà di Guerre Stellari e Indiana Jones vi rimando all’articolo dedicato: CLICCA QUI.



Starfleet Project

Primo vero progetto in solitaria per Brian May, datato 1983, Starfleet è un breve EP che il chitarrista incide in occasione di una lunga session in studio assieme all'amico Eddie Van Halen. Il risultato sono tre lunghi brani, di cui uno dedicato a Eric Clapton, mentre la titletrack diventerà la colonna sonora dell'omonima serie animata di fantascienza per bambini, originariamente intitolata X-Bomber e creata dal genio dei manga Go Nagai, il papà di Mazinga!





Metropolis

Conosciuto soprattutto per la sua trasposizione cinematografica del 1927 firmata da Fritz Lang, Metropolis è un racconto di fantascienza scritto dalla moglie del regista, Thea Von Harbou, in cui a dominare è il tema della classe operaia sfruttata fino allo sfinimento da un gruppo di ricchi industriali arroccati sulle cime dei loro grattacieli. Una storia distopica, ambientata nell’allora futuribile 2026 e che oggi somiglia in modo inquietante a certi risultati della società contemporanea, tanto che un’analogia con lo sfruttamento dei dipendenti di alcune multinazionali dell’e-commerce non appare poi così azzardato. 

Nel 1984 il produttore musicale Giorgio Moroder (è originario della Val Gardena ed è considerato uno dei musicisti più innovativi della scena elettronica mondiale) decide di riportare il film sul grandeschermo, stavolta a colori, e soprattutto con una colonna sonora più moderna. Per quest’ultima si affida, tra gli altri, a voci del calibro di Bonnie Tyler, Jon Anderson degli Yes, Billy Squier e Freddie Mercury.

Freddie accetta di buon grado e collabora con Moroder su un brano divenuto uno dei pezzi solisti di maggior successo del cantante, Love Kills. La canzone, scritta dai due, vede comunque la collaborazione anche degli altri tre Queen, ma sarà accreditata alla band solo molti anni dopo con la versione “ballad” contenuta nella raccolta Queen Forever.


Di quella esperienza con il cantante dei Queen, Moroder nel 2014 dirà: “Freddie Mercury era bravissimo, ma anche molto difficile. Abbiamo avuto qualche problema, era un bravissimo cantante e musicista ma di carattere un po’ difficile.”

Grazie a Love Kills, Freddie ottenne la possibilità di sfruttare alcune immagini tratte da Metropolis, che finiranno poi per far parte di uno dei video più belli dei Queen, quello di Radio Ga Ga, in cui immagini tratte dal capolavoro di Lang si fondono alla perfezione con quelle della band. Su tutte, ovviamente, la scena divenuta leggendaria del pubblico che batte le mani al ritmo della canzone, definendo così una consuetudine replicata in ogni concerto del gruppo, fino ai giorni nostri.

Da non dimenticare poi che nel testo di Radio Ga Ga è citato La Guerra dei Mondi, il famoso romanzo di fantascienza di H.G.Wells, entrato nell'immaginario collettivo anche grazie alla trasmissione radiofonica con la quale Orson Wells convinse gli americani di una invasione aliena in atto (lo show si rivelò talmente realistico da creare una psicosi di massa con tanto di suicidi).


Machines e il palco del Works! Tour

Se c’è un tema caro al mondo della fantascienza, oltre ai robot sterminatori, è quello dei computer che si ribellano all’umanità. Film come 2001: Odissea nello Spazio di Kubrick e Matrix (a proposito, siete pronti per il nuovo capitolo?) sono perfette rappresentazioni di questo timore, atavico e profondo che popola gli incubi di tutti noi. Perché capita a tutti, prima o poi, di pensare: e se le macchine prendessero il sopravvento?

Da questo tema prendono le mosse Brian May e Roger Taylor per scrivere una delle rarissime canzoni che li ha visti in coppia, Machines, sottotitolo Back To Humans. Pubblicata all’inizio del lato b di The Works (eh si, una volta con i vinili si ragionava in questi termini), Machines è un brano semplicemente stupendo ma anche assai poco conosciuto e quindi sottovalutato. Gli stessi Queen durante il tour di quel periodo ne fecero un uso scarso, limitandosi ad utilizzarlo come intro per i loro concerti, e solo di recente, nell’attuale incarnazione con + Adam Lambert, Machines ha ottenuto la gloria di essere suonata integralmente.

Il brano è una sorta di racconto in musica della lotta tra l’uomo e le macchine. Lo scontro è sottolineato dal continuo passaggio da momenti elettronici (all’epoca i sintetizzatori avevano fatto il loro ingresso negli studi dei Queen) ad altri in cui voce, basso, batteria e chitarre la fanno da padrone.

Suggestiva la parte “cantata” dal computer (in realtà è Roger con un distorsore vocale), che recita più o meno così: “Noi macchine non ci ammaliamo e non ci preoccupiamo del tempo che passa, non piangiamo e non arretriamo mai, non concepiamo l’amore né la sconfitta”. Un vero e proprio “manifesto culturale” di ciò che le macchine potrebbero essere se mai un giorno prendessero coscienza di poterci dominare. Fantascienza? Forse…



Da segnalare, infine, il palco del Works! Tour che, oltre a riprendere il tema del retro copertina del disco con le enormi ruote dentate, nell’impianto luci si ispira all’astronave madre che compare nella scena finale di Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo di Steven Spielberg.




Ne resterà soltanto uno: Highlander

Provengono da un altro pianeta (ma questo verrà svelato solo nel sequel) e soprattutto sono immortali, destinati a scontrarsi tra di loro finché non ne resterà solo uno. A lui è destinata una misteriosa ricompensa.

È questa, in sostanza, la trama di un film cult, divenuto tale anche grazie alla colonna sonora dei Queen. Highlander, che forse non è un film perfetto e che risente parecchio di una certa approssimazione tanto nella regia quanto nella recitazione, si è guadagnato negli anni il titolo di pellicola imprescindibile per tutti gli appassionati del cinema anni ’80 e di fantascienza.

Temi come l’immortalità, l’eterna lotta tra bene e male, la ricompensa da raggiungere, ma anche il dolore per l’amore impossibile, colpirono a tal punto i Queen da spingerli a scrivere le musiche per il film dopo averne visto un montaggio ancora provvisorio. Il risultato, lo sappiamo, furono una manciata di canzoni straordinarie, poi confluite con qualche modifica e aggiunta nell’album A Kind Of Magic.



Arriva l’Uomo Invisibile

Nato nel 1881 da un genio della letteratura come H.G Wells, il tema dell’uomo invisibile è un vero e proprio archetipo che ha finite col sedurre non solo il mondo del cinema ma anche quello della musica. A lui Roger Taylor dedica uno dei brani più riusciti di The Miracle, tanto che originariamente doveva essere proprio The Invisible Man la titletrack del disco. Alla fine si decise di evitare le fin troppe ovvie insinuazioni che ne sarebbero derivate, visto che in quel periodo Freddie aveva diradato le proprie apparizioni pubbliche. Assimilarlo all’uomo invisibile non avrebbe fatto altro che alimentare le speculazioni di una stampa già fin troppo aggressiva.

Naturalmente la storia raccontata nel romanzo di Wells è assai articolata, mentre Roger opta per un testo più minimalista nel quale richiama alcuni degli aspetti principali dell’essere invisibili, che alla fine trasformano la canzone in qualcosa di altamente claustrofobico per la vittima designata del protagonista, che non può sfuggire a chi non può essere visto!




Il Cyborg di Brian May, ovvero: Machines parte seconda

Dopo aver pubblicato il suo primo album solista (Back To The Light, 1992) con tanto di tour in giro per il mondo, Brian May impiega alcuni anni per arrivare alla sua seconda (e per ora ultima) fatica discografica solista.

Another World esce nel 1998 e tra i brani proposti dal chitarrista (l’album è un mix di canzoni inedite e alcune cover) c’è anche Cyborg (scritta originariamente nel 1996 per il videogame Rise II: Resurrection) che vede ospite alla batteria Taylor Hawkins dei Foo Fighters. Brian scrive la canzone immedesimandosi in un robot e generando così una sorta di transfert tra se stesso e la macchina immaginata come protagonista del pezzo, tanto che lui stesso dirà di aver attribuito al cyborg molti dei propri sentimenti.




Il video di Heaven For Everyone

Se avete visto il film Hugo Cabret (quello con Sacha Baron Cohen, che a un certo punto ha rischiato di diventare un pessimo Freddie Mercury al posto di Rami Malek), allora lo conoscete già. In caso contrario, dovete sapere che George Méliér è considerato il padre del cinema fantastico o fantascientifico. Tre delle sue pellicole più note, Viaggio Verso la Luna (1902) Il Viaggio Impossibile (1904) e L’Eclisse (1907) vennero scelte da David Mallet e dai Queen per la realizzazione del video che accompagnava l’uscita di Heaven For Everyone, primo singolo estratto da Made In Heaven.

Incisa originariamente dai The Cross di Roger Taylor (che è anche l’autore del brano), Heaven For Everyone esiste in varie versioni, da quella cantata da Roger con la sua band a quella incisa dai Cross con il supporto di Freddie Mercury alla voce. E, proprio la traccia vocale di Freddie fu il motivo per cui i Queen decisero di re-incidere la canzone per il loro ultimo album.
Anche del video esistono due versioni differenti, di cui quella che rende omaggio al cinema pionieristico di Mélièr è la più famosa.


La seconda, invece, nasce nell'ambito del progetto Made In Heaven: The Films ed è intitolato Evolution. Si tratta di  una sorta di cortometraggio diretto da Simon Pummell che mette ancora una volta in scena un tema caro ai Queen, il dualismo uomo-macchine.




We Will Rock You: il musical distopico dei Queen

L’ultima incursione dei Queen nel mondo della fantascienza è merito dello scrittore e commediografo inglese Ben Elton. Dall’incontro con Brian e Roger nasce lo script di We Will Rock You, il musical con il quale la band ha fatto il suo ingresso nel mondo del teatro. Inizialmente osteggiato da una certa critica, il musical ha avuto un successo enorme, non solo nella sua versione inglese al Dominion Theatre di Londra, ma anche in tutte le rappresentazioni allestite in giro per il mondo, compresa quella italiana attualmente in tour nei principali teatri del nostro paese.

La storia di We Will Rock You racconta di un mondo distopico (cioè alternativo rispetto a quella reale, tutto basato sul concetto “e se” una certa cosa fosse andata diversamente, ad esempio “se la seconda guerra mondiale fosse stata vinta dai tedeschi?”, e così via…) nel quale la musica viene generata automaticamente dai computer. È l’effetto di una forma di globalizzazione che ha azzerato i sentimenti e bandito la musica vera, ritenuta pericolosa perché capace di accendere le coscienze fino a portarle alla ribellione.

In questo contesto la società chiamata Global Soft, capeggiata dalla spietata Killer Queen e dal suo collaboratore Khashoggi, cerca di stanare la resistenza formata da un gruppo di Bohemians. Si nascondono per sfuggire alla repressione e attendono l’arrivo degli eletti che, secondo la leggenda, riporteranno il rock alla luce del sole e ciò avverrà solo quando due predestinati, Scaramouche e Galileo, riusciranno a ritrovare una chitarra nascosta in un luogo segreto.