RECENSIONE | LUCA GARRO': BRIAN MAY – JUST ONE LIFE. TSUNAMI EDIZIONI

 


Dopo anni in cui la storia dei Queen è stata raccontata esclusivamente dal punto di vista di Freddie Mercury, una scelta certamente necessaria ma col tempo diventata fin troppo ridondante, i fans possono finalmente riscoprire la band secondo una visione differente, quella di Brian May, la cui vita artistica e personale è raccontata nella biografia Just One Life di Luca Garrò, pubblicata da Tsunami Edizioni.

I Queen hanno una storia lunga oltre 50 anni, un tempo enorme per un gruppo che di fatto ha smesso di produrre nuova musica dal 1995 (salvo sporadiche occasioni) ma che ha saputo trovare nuovi percorsi artistici attraverso collaborazioni, tour mondiali e sconfinamenti nel campo dei musical e del cinema. Si potrebbe dire che dal 1991 in poi i Queen hanno smesso di essere “solo” una rock band per diventare qualcosa di diverso, una sorta di multinazionale che, pur mantenendo al centro dei propri interessi il fare musica, ha optato per una diversificazione dei propri obiettivi.

Da questa scelta estremamente pragmatica sono nati progetti, alcuni vincenti altri meno riusciti, altri ancora capaci di suscitare polemiche, soprattutto nel mondo dei fans, per definizione poco inclini ai cambiamenti, specie quando questi contemplano l'ingresso “in famiglia” di nuovi componenti o l'eccessivo allontanamento dalla tradizione artistica che si è consolidata tra album, singoli di successo e concerti passati letteralmente alla storia.

Eppure dopo la morte di Freddie Mercury i Queen non hanno mai cessato di esistere, sopravvivendo anche al di là dei pensieri dei suoi stessi componenti, mai realmente disposti a lasciar andare un pezzo così importante della loro vita, compreso John Deacon, rimasto nella band solo “sulla carta” ma comunque sostenitore di buona parte delle attività portate avanti sotto l'effige regale della Corona e della Fenice da Brian May e Roger Taylor.

Questa sorta di seconda vita (ma si potrebbe parlare di infinite esistenze) non è stata casuale e non è dipesa solo dal successo di canzoni come Bohemian Rhapsody o We Will Rock You. Di band ormai sciolte ma rimaste comunque nell’immaginario collettivo è pieno il mondo, ma ciò che ha consentito ai Queen di non imboccare la via del cimitero dei dinosauri è stata una caratteristica peculiare, se non addirittura unica: aver avuto quattro autori capaci di scrivere pezzi che hanno conquistato classifiche e mercati discografici, contribuendo al successo della band in modo determinante. Nei Queen non ci sono mai stati gregari, né leader assoluti, sebbene per ovvie ragioni il carisma di Freddie sia stato spesso preponderante.

Tuttavia una visione Freddie-centrica della band rischia di sminuire la natura stessa dei Queen e il valore di una musica costruita su quattro pilastri, ciascuno a proprio modo imprescindibile. Ecco perché possiamo dire che dei Queen esistono quattro storie, o quattro visioni, che da differenti punti di vista restituiscono un racconto ogni volta diverso, ricco di dettagli ed emozioni che nel loro complesso contribuiscono ad un dipinto ancora più grande e magniloquente.

Se ne volete una prova, allora dovete leggere la biografia scritta da Luca Garrò, a cui va riconosciuto il merito di aver saputo guardare ai Queen non come la band di Freddie Mercury ma per ciò che era realmente, ovvero il connubio perfetto di quattro musicisti, ognuno dei quali merita di essere conosciuto e compreso, tanto nelle sue dinamiche personali che in quelle artistiche. Garrò ha saputo cogliere gli aspetti più sfuggenti della personalità di un uomo complesso come Brian May, al quale talvolta vengono attribuite motivazioni lontanissime dalla realtà, mentre i meriti che dovrebbero essergli riconosciuti finiscono in secondo piano.

Raccontare Brian May non è semplice, anche se potrebbe bastare elencare le canzoni di cui è autore, gli assoli di chitarra, i record raggiunti e i riconoscimenti che, anche in ambito civile e scientifico, hanno iscritto il suo nome tra i grandi personaggi degli ultimi 50 anni, rendendo legittima la definizione di “uomo rinascimentale”, se non addirittura quella di genio contemporaneo.

Chitarrista, scrittore di pezzi leggendari e di libri, divulgatore scientifico, difensore dei diritti degli animali, esperto di fotografia stereoscopica. E, da pochi mesi, Cavaliere del Regno Unito con l'attribuzione dell'appellativo di Sir Brian ricevuto da Re Carlo III. Quante cose si potrebbero dire su Brian May senza correre il rischio di esaurire tutti gli argomenti che lo riguardano. Ecco un altro motivo che rende necessaria la lettura di questa biografia, che ha il merito di fare ordine tra la quantità infinita di informazioni, garantendo così al lettore una visione organica e cronologicamente orientata di tutto quanto realizzato in questi decenni da Brian May come musicista, scienziato, naturalista, fotografo ed essere umano compassionevole.

Il libro, proprio perché concepito dall'idea che tra i Queen e Brian May sia possibile applicare la stessa sovrapposizione che solitamente viene usata (e abusata) quando si racconta la vita di Freddie Mercury (detto in altri termini, i Queen senza il sound della Red Special non sarebbero mai esistiti) è allo stesso tempo la biografia della band e anche del chitarrista, due linee narrative che non possono fare altro che restare intrecciate le une alle altre, anche quando la storia del gruppo sembrava giunta al capolinea.

Nel racconto biografico di Garrò c'è tutto, a partire dagli inizi della vita artistica del giovane Brian, contrassegnati dalle difficoltà di coniugare le sue aspirazioni musicali con quelle più prosaiche che sembravano aver configurato per lui un ruolo da accademico, una dimensione ben lontana dal palco e da quella Red Special che, da strumento costruito per necessità economiche assieme al padre, si è poi evoluto in un marchio di fabbrica attraverso cui ha potuto definire il proprio stile e affinare un talento ancora oggi ineguagliato.

Proprio nella descrizione delle motivazioni iniziali, quelle che hanno poi generato la forza accentratrice tra i quattro componenti dei Queen, Garrò rimarca alcune delle differenze tra la personalità di Mercury e quella di May: dove il primo nutriva se stesso con ambizioni incrollabili, il secondo non poteva fare a meno di considerare le difficoltà e gli ostacoli tipici del business musicale ancora prima di intravedere quel futuro di incredibile successo che per il cantante dei Queen era invece un obiettivo certo e inevitabile. Un tema ricorrente nelle canzoni firmate da Brian, a partire da quella Keep Yourself Alive che apriva di fatto la carriera del gruppo, manifestando fin da subito una maturità che controbilanciava perfettamente le personalità più esuberanti e da rockstar di Freddie e Roger Taylor.

È interessante e ben riuscito il percorso narrativo scelto da Garrò per raccontare Brian May perché pone al centro dell'attenzione gli aspetti più umani del musicista, tanto che si ha la sensazione che in fondo il libro sia in parte autobiografico, proprio perché l'autore è riuscito a catturare il May-pensiero, di cui il lettore è per la prima volta messo a parte. Emergono così i momenti di massimo trionfo accanto a quelli di estremo dolore, così come le scelte operate da Brian e che hanno finito con il dividere in vere e proprie fazioni le schiere di fans di tutto il mondo. Suo malgrado è diventato un frontman atipico, sempre in cerca di una voce per esprimere le sue canzoni e quelle della band, ma allo stesso tempo divenuto per tutti il volto dei Queen, almeno nella dimensione più recente assunta assieme a Paul Rodgers e Adam Lambert.

Proprio il racconto dell'era post 1991 è forse il più interessante di tutto il libro. Tra questi capitoli emerge il lato più fragile di May, descritto da Garrò con dovizia di particolari ma senza mai eccedere nell'enfatizzazione di temi che in fondo appartengono alla sfera più personale del musicista e che possiamo conoscere (e giudicare) solo in parte. Tuttavia l'autore riesce a mettere in luce le logiche di determinate scelte, su tutte il desiderio insopprimibile di Brian di rimettere in moto quella grande macchina musicale chiamata Queen.

Allo stesso tempo Garrò non dimentica di raccontare l'altro Brian May, quello che sa anche concedersi dei momenti di lontananza dalla Red Special per coltivare le infinite passioni che ne hanno forgiato la personalità e che lo hanno reso una figura trasversale, capace di unire mondi in apparenza diversissimi come quello della musica e della ricerca scientifica.

Più volte ci siamo chiesto quale debba essere il ruolo di una biografia, se cioè deve limitarsi a raccontare i fatti mettendoli in fila secondo un preciso ordine cronologico, oppure se l'autore deve utilizzare fonti dirette e indirette per ricostruire, nei limiti del possibile, una visione tridimensionale (potremmo dire stereoscopica) del protagonista, tentando di scandagliarne i processi decisionali e motivazionali. Probabilmente la risposta dipende dai gusti personali e dalle aspettative che si nutrono per questo genere di libri. Ma se siete alla ricerca di una biografia scritta con una qualità non comune e capace di lasciarvi addosso la sensazione di aver osservato da vicino un musicista leggendario come Brian May, allora Just One Life è la scelta giusta, quella da fare senza alcun timore, con la stessa gioia e convinzione con cui scegliete una canzone dei Queen sapendo che quella manciata di minuti vi renderanno un po’ più felici.



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