Recensione: God Save The Queen di Irma Alleva, Edizioni Il Viandante

Devo ammetterlo, probabilmente sono la persona meno adatta a commentare un libro che racconta la storia del cantante di una cover band dei Queen. L’idea che per rendere omaggio a un artista basti indossarne i vestiti, con tanto di baffi posticci, è qualcosa che non ha mai fatto breccia nel mio cuore.

Eppure, anche se alle cover band preferisco le tribute band, quelle cioè che non hanno bisogno di travestimenti per stare sul palco e nemmeno di replicare il più fedelmente possibile le versioni originali delle canzoni, non posso negare che questa sia una visione frutto di un limite personale, una presa di posizione dalla quale talvolta è bene prendere le distanze, non fosse altro per dare un’occhiata a cosa c’è là fuori.

E poi ci sono i libri (e chi li scrive) per i quali nutro un rispetto quasi reverenziale che mi porta a leggere con sincero interesse tutto ciò che mi capita davanti agli occhi, specie se il tema è in qualche modo legato ai Queen. Così eccomi qui, a raccontarvi GOD SAVE THE QUEEN di IRMA ALLEVA, pubblicato nel 2021 da EDIZIONI IL VIANDANTE nella Collana “Rumore di Carta”.

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Lo faccio con qualche titubanza iniziale, perché quello scritto da Irma non è un libro sui Queen, anche se la loro musica è sicuramente protagonista della storia, una vicenda nella quale lo spettacolo della vita si è improvvisamente arrestato, ma non definitivamente annullato.

Il racconto è quello della vita di Diego Regina, cantante dell’omonima cover band dei Queen, un nome certamente noto a tanti fans, almeno a quelli che in questo tipo di omaggio non hanno lo stesso sguardo critico che magari può avere il sottoscritto.

Diego per parecchio tempo è stato al centro dell’attenzione di quel magma sonoro rappresentato dai gruppi musicali che vanno in giro per la penisola a suonare le canzoni dei Queen. Tra vocalità sbagliate e rappresentazioni sceniche quantomeno discutibili, Diego Regina è stato uno dei casi più interessanti, merito di una voce che pur non essendo paragonabile a quella di Freddie (e quale, dopotutto, potrebbe mai esserlo?) gli a consentito di stare degnamente al gioco, per così dire, portando in scena un live act di indubbio effetto.

Ma non solo. Il talento di Diego ha portato lui e la sua band a calcare anche la ribalta televisiva per uno show Mediaset, una di quelle cose che possono piacere o meno, ma che certamente accadono quando sei realmente dotato di qualcosa che merita attenzione.

Certo, si potrebbe obiettare che, se c’è del talento ma questo viene messo al servizio di una imitazione, allora forse si è in presenza di uno spreco, reso ancora più intollerabile perché fatto all’ombra dei grandi, quelli che canti e suoni sera dopo sera, producendoti così in una sorta di impossibile immedesimazione che, nella migliore delle ipotesi, non potrà che essere posticcia.

Ma quando c’è di mezzo la musica, l’unica cartina al tornasole che conta è il gradimento del pubblico e Diego Regina e la sua band lo hanno avuto (e credo lo abbiano tuttora) ed è stato talmente significativo da essere arrivato ad un orecchio come il mio, così poco avvezzo a certi spettacoli.

Tuttavia quella che viene raccontata nel libro non è la solita storia di un bravo cantante che sceglie di cedere il passo alla stella che vuole rappresentare. Se così fosse, la sua non sarebbe poi una vicenda così interessante e il libro di Irma Alleva non avrebbe ragion d’essere. Ma se queste pagine sono state riempite è perché nella vita di Diego Regina c’è stata una svolta e anche una resurrezione.

Diego è stato vittima di un incidente stradale, uno di quelli in cui un pezzo d’asfalto diventa il giaciglio sul quale spargere sangue e sogni. Ed è proprio questo il fulcro del libro della Alleva, che ha operato una vera e propria immedesimazione nel protagonista, scrivendo il libro in prima persona. Una narrazione che spinge il lettore a seguire quanto accaduto a Diego standogli letteralmente accanto, per scrutarne i pensieri, le ambizioni dell’artista e tutte le debolezze dell’uomo.

Diego non è un personaggio facile. La sua personalità è irta di spigoli (o almeno così l’ho percepito io leggendo il libro) animato com’è da una sorta di “boria dell’artista”, elemento forse indispensabile per credere in se stessi e che va ben oltre il semplice credere nei propri mezzi. Diego ha attraversato vittorie e sconfitte con una forza d’animo rara, una di quelle cose che solitamente sentiamo sgorgare dentro quando ascoltiamo certe canzoni dei Queen ma che poi si esaurisce non appena la musica è terminata. Lui invece ha dovuto mettere in pratica il coraggio, la determinazione, la voglia di farcela e di (ri)costruire il proprio sogno che Freddie ha cantato così spesso nelle sue canzoni.

Il libro è la fedele testimonianza di questa impresa, scritto con attenzione al vissuto di Diego, ma senza fare sconti di sorta, secondo un principio di onestà e verità che emerge pagina dopo pagina. A parlare è Diego, ma è anche Irma, che ha saputo cogliere l’elemento più importante di questa umanissima vicenda: la capacità di indossare assieme al mantello e alla corona di Freddie anche un costume ben più pesante e impegnativo, quello della volontà di tornare a vivere nonostante tutto.

Una storia di resilienza, sottolineata dalle canzoni che amiamo, i cui testi sono citati dall’autrice, quasi a voler indicare che la determinazione del protagonista è venuta proprio da lì, da quella musica che per qualcuno doveva essere solo usa e getta, ma che per altri si fa ogni giorno motivo di forza e rinascita.

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