A proposito dello speciale del Tg5 dedicato a Freddie Mercury

 


Che in televisione si parli dei Queen e di Freddie Mercury è sempre una buona notizia. 

Se un mezzo nazional popolare come la TV trova interessante e commercialmente rilevante un certo argomento, vuol dire che riesce a catturare un pubblico ben più vasto degli appassionati più incalliti. Del resto nel caso di Freddie in particolare siamo al cospetto di una vera e propria icona pop.

Tuttavia la televisione non si limita quasi mai a raccontare, ma fagocita letteralmente l'oggetto del suo interesse per risputarne fuori una versione magari affascinante ma imprecisa.

Con lo speciale realizzato dal Tg5 e andato in onda nella notte del 21 Novembre e poi in replica la mattina (è anche online sul sito Mediaset Play) il fenomeno si è purtroppo ripetuto: accanto agli indubbi aspetti emozionali, non sono mancati errori piuttosto grossolani e l'affidamento a ricostruzione ampiamente smentite da tempo.

Esempio fin troppo palese l'aver proposta una versione letteralmente fake di The Show Must Go On suonata live addirittura sul palco di Budapest nel 1986. Ma qui siamo nell'ambito dell'epic fail talmente vistoso da poter essere superato con un sorriso.

Più fastidioso, almeno per noi fans, l'aver riproposto per l'ennesima volta la favola dei regali che un certo negozio londinese continuerebbe a recapitare agli amici di Freddie per espresso desiderio del cantante. 

Si tratta di un'invenzione giornalistica della stampa inglese, piuttosto inverosimile e già smentita da Peter Freestone, che ha trovato una certa credibilità solo perché Elton John un regalo da Freddie lo ha ricevuto per davvero dopo la sua morte: un quadro fatto recapitare a Sir Elton dopo la scomparsa dell'amico.

L'OPINIONE DI PETER FREESTONE

Altrettanto inverosimile l'ipotesi della tomba di Freddie in un cimitero francese: la lapide mostrata nello speciale è stata commissionata con tutta probabilità da qualche fan un po' troppo sopra le righe. Del resto perché Mary Austin, unica depositaria delle ceneri di Freddie, avrebbe dovuto trasportarle in un cimitero aperto al pubblico? E perché palesarlo con una lapide scritta in francese e sulla quale peraltro il nome non è nemmeno quello giusto (Freddie cambiò legalmente il suo nome da Farrokh Bulsara a Freddie Mercury, tanto che i documenti ufficiali, testamento compreso, è firmato Mercury)?

Poi c'è stato l'intervento di Zucchero che, non per la prima volta, ha raccontato della presunta proposta ricevuta da Brian May (e dal batterista dei Queen, di cui non ricordava il nome!) di andare in tour con loro.

Anche su questo, con buona pace dello Sugar nazionale, qualche buona riserva è legittimo averla, non fosse solo perché dai Queen non è mai arrivato nessun commento sulla questione. Se poi a questo aggiungiamo che Zucchero racconta l'aneddoto (consideriamo tale) ogni volta in modo diverso, allora i conti proprio non tornano.

Che dire poi dell'assurda teoria di una dipendenza alcolica di Freddie? Una sciocchezza enorme, senza possibilità di appello.

Qua e là altre imprecisioni andrebbero rimarcate, come l'inverosimile "centinaia di canzoni" lasciate da Freddie negli archivi: da fan non possiamo che dire magari!

Un'ultima considerazione: quando il 24 Novembre rivedremo Bohemian Rhapsody (stavolta su Raiuno) con tutti i suoi anacronismi e "stravolgimenti dei fatti", ricordiamoci di questo speciale (e di tanti altri simili), perché a uno (il film) chiediamo soprattutto emozione, atmosfera e coinvolgimento, cioè di essere cinema, fiction; dagli altri (documentari, speciale, ecc) pretendiamo una precisione e un rigore quasi scientifici, in assenza dei quali il risultato può generare fastidio o anche delusione.