La pubblicazione di un album live per un’artista non è
mai una banalità. Rappresenta la testimonianza che più si avvicina al motivo
per il quale fa musica: i concerti, le canzoni suonate dal vivo e cantate
assieme al proprio pubblico.
Lo sanno bene i Queen
che prima di pubblicare il loro primo album on stage, Live Killers (1979) ci hanno messo una decina d’anni dal loro
esordio discografico, realizzando un disco che poi ha finito con il convincere
più i fan che la band spessa, secondo uno di quegli strani giochi del destino a
cui non si riesce mai a fare l’abitudine.
Per il secondo live l’attesa fu più breve. Nel 1986 esce Live Magic, una sorta di
condensato del tour di quell’anno, passato agli annali come un vero e proprio
passo falso, con la sua incapacità di rendere giustizia ad una serie di
concerti memorabili.
In seguito, se le cose fossero andate diversamente, è
assai probabile che un terzo disco dal vivo firmato Queen avrebbe visto la luce
solo verso la metà degli anni ’90, grazie ai tour promozionali per The Miracle,
Innuendo e chissà cos’altro. Ma il destino ha voluto far girare la ruota in
modo differente dai nostri desideri e così ci siamo ritrovati nel 1992 con Live at Wembley ’86, pubblicazione “necessaria”
per celebrare Freddie Mercury e la band stessa.
Da quel momento in poi la storia discografica dei Queen
inevitabilmente cambia. Dopo l’ultimo sforzo rappresentato da Made In Heaven,
la Queen Production e la casa discografica (la EMI fino al 2011, oggi la
Universal Music che, nel frattempo, ha acquisito proprio la EMI Records) non
possono far altro che attingere all’archivio della band. A quel punto, ciò che
accade ai Queen è una storia già raccontata per tanti altri artisti.
Escono raccolte, best of, Greatest Hits di vario genere e
altri concerti. Questi ultimi vengono raccontati attraverso pubblicazioni come Live at the Bowl (2004), Rock Montreal (2007), Hungarian Rhapsody (2012), Rainbow (2014) e Odeon (2015). Nel mezzo, come detto, varie compilation e,
parallelamente, tutto ciò che è connesso alla collaborazione con Paul Rodgers: Return Of The Champions (2005), The Cosmos Rocks (2008) e Live in Ukraine (2009).
La storia più recente, a partire dal 2012, ci racconta
della collaborazione con Adam Lambert, giunta fino ad oggi attraverso una serie
di tour in giro per il mondo, ma rimasta priva di una vera e propria
testimonianza discografica. Paradossalmente è servita la pessima complicità del
Covid-19 per indurre la Queen Productions e la Universal a dare alle stampe l’imminente
Live
Around The World. In uscita il 2 Ottobre, il disco sarà preceduto da una
presentazione in diretta streaming sul sito live.queenonline.com durante la quale gli stessi Brian May, Roger
Taylor e Adam Lambert risponderanno alle domande dei fan e, speriamo,
imbracceranno anche gli strumenti per una performance in diretta (l’evento si
svolgerà a casa Taylor, nel suo studio privato a partire dalle ore 18 italiane).
Di Live Around The World conosciamo ancora poco ma,
allo stesso tempo, anche tantissimo. Il disco comprende 20 tracce selezionate
dalle varie esibizioni che i Queen + Adam Lambert hanno tenuto in giro per il
mondo, in particolare in Australia dove hanno replicato il set del Live Aid per
contribuire alla raccolta fondi indetta lo scorso anno per supportare i Vigili
del Fuoco impegnati contro gli incendi che colpirono quelle zone.
Soprattutto si tratta di un disco non programmato o,
meglio, la cui pubblicazione è stata decisa negli ultimi mesi come conseguenza
del lockdown imposto dalla pandemia e il conseguente rinvio del Rhapsody Tour al 2021. Il che
ovviamente non significa che Live Around The World è un disco fatto in fretta,
ma semplicemente che risponde all’estemporanea esigenza di colmare il vuoto
lasciato dalla sospensione del tour. Inoltre, risponde al successo dell’evento
trasmesso in diretta live stream su Youtube nello scorso mese di Giugno, una
sorta di anticipazione dell’album che potremo ascoltare e vedere tra pochi
giorni.
Innegabile tuttavia che una tracklist di sole 20 canzoni
non sia sufficiente a raccontare ben 8 anni di tour e le assenze sono tante,
troppe. Mancano canzoni come I Want It all, A Kind Of Magic, These Are The Days
Of Our Lives, Killer Queen, We Will Rock You (fast) e tante altre, comprese le version
“queenizate” dei brani che appartengono al repertorio solista di Adam Lambert e
che in chiave Queen funzionano egregiamente.
C’è il rischio insomma che Live Around The World possa
somigliare più a Live Magic che non ad un progetto più ampio come Return Of The
Champions, tanto per rimanere in tema di Queen+. D’altra parte c’è da
considerare che probabilmente l’intenzione della band (e della casa
discografica: non tralasciamo mai il peso determinante delle etichette in certe
scelte!) sia quello di regalare al proprio pubblico non una testimonianza
definitiva di ciò che hanno fatto finora sul palco ma, piuttosto, una sorta di “assaggio”
di quanto potremo vedere l’anno prossimo (e qui siete autorizzati a fare tutti
gli scongiuri del caso). Qualcosa capace quindi di rendere meno gravosa la
prolungata attesa in vista di tempi migliori e alleviare lo scontento di chi si
sentiva già pronto a vivere le emozioni tipiche dei concerti.
E, visto che non siamo certamente refrattari al denaro, è
innegabile che un’operazione del genere può rappresentare una buona fonte di
guadagno a costo relativamente basso. Nulla di scandaloso per chi crede che il
lavoro (anche ciò che fanno gli artisti è tale) debba sempre essere retribuito.
Del resto sta a noi il diritto/possibilità di comprare o meno.
Sia come sia, la pubblicazione di Live Around The World è
comunque un’occasione importante per conoscere, analizzare e valutare la
collaborazione tra i Queen e Adam Lambert, sotto molteplici aspetti: da quello
di chi si soffermerà ad ascoltare il disco seduto comodamente in salotto, a chi
vorrà scandagliare i dati di vendita e quindi di classifica per determinare se
e quanto i QAL godano effettivamente del gradimento del pubblico che compra
dischi (di quelli che vanno ai concerti abbiamo già avuto ampi e positivi
responsi).
Soprattutto sarà l’occasione per ritrovare la musica dei
Queen in questa nuova formula, che pure resta profondamente radicata nel
glorioso passato e che grazie alla collaborazione con Adam Lambert sta
continuando a regalare emozioni altrimenti impossibili da vivere. Certo, è cosa
buona e giusta tenere da parte i confronti e fare paragoni con ciò che è stato
è un esercizio fine a se stesso e dalla risposta fin troppo scontata. Eppure cosa
c’è di male nel provare a conoscere meglio la voce di Adam Lambert? O ad
apprezzare il basso di Neil Fairclough e le percussioni di Rufus Tiger Taylor e
Tyler Warren? Non temete, nel farlo non si corre il rischio di lesa maestà. Le
leggende sono tali perché nulla può scalfirle. La musica, invece, soprattutto
quella dal vivo, merita sempre di essere ascoltata, possibilmente senza troppi pregiudizi.