Conosciamo davvero poco degli anni vissuti da Freddie Mercury a Zanzibar, brandelli di informazioni trapelati a stento dalle sue
scarne dichiarazioni su un periodo del quale evidentemente non ha mai amato
parlare. Altre informazioni invece sono arrivate da libri e dichiarazioni di
chi lo ha conosciuto che, tuttavia, messe assieme non sono in grado di
restituirci una visione completa di quella fase della sua esistenza.
Potremmo dire che i primi anni di Freddie a Zanzibar sono
un mistero, proprio come lo sono spesso le isole, luoghi il cui fascino deriva
dal contrasto tra la luce del sole che scalda le spiagge e le ombre che si
insinuano nell’entroterra. Sarà per questo che i pirati della letteratura hanno
sempre celato i loro incredibili tesori proprio sotto le sabbie roventi di
un’isola. E che dire poi delle avventure vissute dai naufraghi, da Robinson
Crusoe ai più moderni Chuck Noland di Cast Away e i protagonisti di Lost. Ma
forse il più grande enigma che le isole hanno in sé è la loro capacità di farti
sentire completamente libero e appagato nonostante i confini siano proprio lì
di fronte a te, tra le onde che si infrangono sulle spiagge.
Quanto di noi hanno fatto o pensato di fare delle vacanze
su un’isola? È una scelta esotica ma tutto sommato ormai piuttosto accessibile
e Zanzibar è divenuta negli ultimi
anni una delle mete più ambite. Merito del paesaggio incontaminato e delle
strutture che garantiscono una grande qualità ricettiva anche per il turista
più esigente. E poi perché lì è nato il più grande cantante di tutti i tempi,
Freddie Mercury, naturalmente.
Prima ancora di chiamarsi così, quando era solo Farrokh Bulsara, Zanzibar era la sua
casa e probabilmente lo sarebbe stata per lungo tempo per gli stravolgimenti di
una improvvisa guerra civile non avessero costretto la sua famiglia a fuggire
in gran fretta verso il Regno Unito. Un evento certamente drammatico che ha
però spalancato le porte alla nascita di un personaggio divenuto leggenda e
motivo di vero e proprio pellegrinaggio nella sua città natia, Stone Town.
In realtà la figura di Freddie per Zanzibar è stata per
lungo tempo piuttosto ingombrante. Problemi politici e culturali hanno impedito
per interi decenni che Zanzibar si fregiasse con orgoglio del titolo di paese
di origine del cantante dei Queen. Certo la casa dove hanno abitato i Bulsara è
sempre stata chiaramente identificabile e visitabile, eppure su Freddie c’è
stata una sorta di reticenza venuta per fortuna meno da qualche anno a questa
parte.
Ed è proprio nella casa della famiglia Bulsara che ha
preso vita da circa un anno il Freddie
Mercury Museum, un luogo interamente dedicato alla voce dei Queen, alla sua
storia e al suo retaggio culturale. Ideatore dell’iniziativa un italiano, Andrea Boero che, assieme a Javed Jafferji ha creato letteralmente
da zero uno spazio museale di grande impatto visivo e dai contenuti emozionanti
per qualsiasi fan dei Queen. Un assaggio dei contenuti del Museo sono
disponibili sul sito ufficiale. Altri me li racconta in esclusiva proprio
Andrea Boero che, grazie alla collaborazione con Daniela Speranza, ha cortesemente risposto ad alcune domande che ho
avuto il piacere di rivolgergli, spinto dalla curiosità di saperne di più sul
Museo.
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Anzitutto
Andrea voglio darti il benvenuto su Queen Forever Blog e chiederti subito la
cosa forse più importante: cos’è il Freddie Mercury Museum?
Il Freddie
Mercury Museum è un’iniziativa venuta in mente a me e a Javed Jafferji per onorare e dare un tributo
a Freddie Mercury nell’isola nella
quale è nato e dove ha trascorso parte dell’infanzia. Il museo è ubicato nel cuore di Stone Town al piano terra del palazzo nel quale la famiglia Bulsara
passò gli ultimi anni prima della partenza per l’Inghilterra, dove fu costretta
a fuggire a causa della Rivoluzione scoppiata sull’isola.
Il Museo è nato relativamente da poco essendo stato
inaugurato lo scorso Novembre in una data estremamente simbolica, quella della
morte di Freddie. Anche questa scelta è stata ovviamente un tributo e il nostro
obbiettivo è quello di ampliare l’esposizione con materiale sempre nuovo, migliorando
costantemente ciò che offriamo ai visitatori.
Zanzibar
ha una storia culturale e politica assai complessa e per certi versi la figura
di Freddie è stata ingombrante e scomoda a causa della sua sessualità . Come
sono cambiate le cose oggi?
Questa domanda è delicata. Zanzibar non nega il fatto che Freddie Mercury sia una leggenda
con un numero immenso di fan in tutto il mondo ma, al contempo, essendo un
Paese musulmano conservatore deve considerare che lo stile di vita di Freddie
non era conforme con gli usi, i costumi, le tradizione e le regole. Da questa
contrapposizione emerge un contrasto, una sorta di controversia che però credo
sia assolutamente giustificata e sensata e che non ha ostacolato la nascita del
Museo né ha oscurato in qualche modo la figura di Freddie stesso.
Quindi
il Museo non è meta solo per i turisti.
No, è visitato anche da gente del posto che ne
vuole approfondire la storia e il retaggio.
Che
impatto ha avuto a Zanzibar Bohemian Rhapsody, il biopic con Rami Malek?
Qui sull’isola c’è una sola sala cinematografica che non
gode di un grande afflusso di gente. Comunque il film è arrivato anche qui, ma
in una versione con qualche censura, come accaduto anche sui voli della Oman
Air. Ma non ha suscitato l’enorme interesse che si è visto in altri paesi. Diciamo
che i gusti musicali locali sono differenti.
Andrea Boero (a sinistra) e Javed Jafferji fondatori e direttori del Museo |
Torniamo
al Museo. Il visitatore cosa può aspettarsi di trovare al suo interno?
Il Museo è suddiviso in diverse sezioni. All’ingresso il
visitatore può vedere come era Zanzibar
durante gli anni in cui Freddie nacque, tempi in cui l’isola era ancora
parte del sultanato dell’Oman. E’ il punto del Museo in cui i visitatori
possono vedere il certificato di nascita
del piccolo Farrokh e le fotografie dell' ospedale dove Jer diede alla luce il figlio, quelle della scuola elementare e varie altre
immagini di Freddie bambino e di lui
con la madre, gli altri componenti della sua famiglia e la tata che se ne
prendeva cura.
La sala successiva del Museo è dedicata alla religione della comunità Parsi, professata
da Freddie e dalla sua famiglia, con varie fotografie che illustrano le tradizioni,
i luoghi di culto e l'iniziazione di Freddie allo zoroastrismo. Il certificato
di iniziazione, in particolare, è un’esclusiva del Museo donato da un
importante membro della comunità Parsi e amico della famiglia Bulsara.
Giungiamo poi nella sezione dedicata agli anni del collegio in India, dove
Freddie studiò dagli 8 anni ai 16 anni. Qui si possono vedere tante fotografie
che ritraggono Freddie mentre pratica sport, recita assieme agli amici e mentre
suona con il suo primo gruppo, gli Hectics,
formatosi proprio in collegio.
A riguardo
abbiamo anche una parete che raccoglie le testimonianze dirette di persone che
hanno avuto modo di frequentare Freddie e di conoscerlo. Tra c’è anche il
racconto di Bruce Murray, compagno
di collegio e cantante degli Hectics. In quella band Freddie non cantava, ma suonava il pianoforte e fu un’esperienza che gli
diede modo di fare molta pratica con lo strumento che poi anni dopo avrebbe
suonare anche sul palco con i Queen.
La sezione successiva del Museo è dedicata alle lettere scritte da Freddie di suo pugno
e indirizzate agli amici. Qui sono raccontati anche i suoi primi anni londinesi durante i quali lui frequentò la scuola di arte
e design nel settore della moda e dove iniziò a muovere i primi passi come
artista. Risale anche a quel periodo il suo rapporto con Mary Austin.
Nella sala successiva è allestita la sezione dedicata a Freddie e ai Queen, dove
trovano posto tutti gli album realizzati dalla band, accompagnati da tantissimi
articoli e didascalie che raccontano la storia del gruppo.
Abbiamo anche uno spazio dove trova posto un pianoforte a mezza coda donato da un fan a titolo simbolico in
onore dello strumento che Freddie suonava, sul quale i visitatori possono
ammirare una replica ufficiale della
giacca gialla indossata durante il leggendario concerto di Wembley del 1986.
Voglio anche dirti che durante il percorso all’interno
del Museo, i visitatori sono accompagnati dalle meravigliose canzoni di Freddie
e dei Queen grazie ad un impianto audio che riproduce anche versioni solo voce
dei suoi brani più celebri.
Sono
esposti anche oggetti personali appartenuti a Freddie?
Sicuramente a
breve saremo in grado di esporre anche oggetti appartenuti a Freddie e
stiamo preparando un libro dedicato alla
sua infanzia ed adolescenza con l’ambizione di definirne il carattere e la
personalità grazie alle varie testimonianze che abbiamo raccolto in questi mesi
e che continuiamo a mettere assieme in vista dei progetti futuri che ci siamo
dati.
Questo
sarebbe un grande contributo perché è un periodo assai poco conosciuto di
Freddie. I libri che hanno provato a raccontare la sua storia sono sempre
concentrati sugli anni con i Queen, mentre del suo periodo di formazione
sappiamo davvero poco. Il vostro libro sarà sicuramente un documento prezioso.
Ancora a proposito di Freddie e dei suoi talenti: lui era anche un eccellente
disegnatore.
Assolutamente si. Era anche molto orgoglioso del suo
diploma conseguito in Arte e Design e amava disegnare abiti e vendere le sue
creazioni ai tempi in cui gestiva con Roger Taylor una bancarella a Kensington
Market. Nel Museo
sono esposte le riproduzioni dei suoi quadri. Ovviamente c’è anche una parete
dedicata al famoso logo dei Queen, disegnato proprio da Freddie sulla base dei
segni zodiacali dei quattro membri del gruppo. A questo proposito abbiamo
realizzato per i visitatori delle note che spiegano la simbologia del logo,
assieme a varie ipotesi relative alla scelta del nome Mercury.
Come
nasce il tuo desiderio di dare vita a questo progetto? Eri già un fan dei Queen
e di Freddie o ti sei avvicinato alla sua storia proprio perché vivi a
Zanzibar?
Lo conoscevo già , sono sempre stato un fan dei Queen.
Suono anche il pianoforte e ho sempre amato moltissimo le sue creazioni e le
melodie che riusciva a comporre.
So
che il Museo ha ricevuto l’approvazione (e il sostegno) dei Queen. Sei in
contatto con la band?
In questa iniziativa siamo partner con la Queen Production Ltd, la società principale
che fa capo alla band e che ha al suo vertice lo storico manager Jim Beach, che gestisce tutti i diritti dei Queen, dall’immagine
ai concerti, etc. Siamo entrati in contatto con lui grazie a
Javed che, a sua volta, era molto vicino a Ruchi
Dalal, autorevole membro della comunità Parsi e amico intimo della famiglia
Bulsara. È stato Ruci che ci ha fatto conoscere Kashmira, la sorella Freddie e grazie alla quale poi siamo stati
introdotti alla Queen Production e quindi a Jim Beach.
Parlando
con le persone che hanno conosciuto Freddie, che idea ti sei fatto della sua
personalità ?
In tal senso posso confermare che tutte le persone con
cui abbiamo parlato e che hanno conosciuto Freddie di persona hanno confermato che
lui era un ragazzo determinatissimo in tutto.
Il Museo è prettamente incentrato sulla sua immagine
professionale. Freddie Mercury era un genio che ha composto canzoni bellissime
che sono costantemente presenti in radio, alla televisione, al cinema… Il Museo ha lo scopo di rendere omaggio a questa leggenda e di dimostrare
come la determinazione e la visione di ciò che si vuole realizzare possono portarti
lontano. Freddie era un performer completo, un musicista,
un autore, un frontman e un cantante senza eguali, oltre che una
persona estremamente educata e altruista.
Proprio per questo nel Museo, per sottolineare questo
aspetto così forte della sua personalità , c’è una delle sue frasi più celebri
riprodotta a lettere giganti che recita: “...Non diventerò una rock star, diventerò una leggenda...”
VIDEO: IN TOUR A ZANZIBAR SULLE
ORME DI FREDDIE MERCURY
FREDDIE MERCURY MUSEUM
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