Si è fatto un gran parlare in questi giorni del sondaggio
indetto dalla rivista Total Guitar
che ha decretato Brian May, alla
conclusione di un voto popolare, come Miglior Chitarrista di sempre. Un bel
riconoscimento, che ha avuto eco sui principali media, compresi anche alcuni telegiornali
italiani.
Tuttavia, quando si tratta di stilare delle classifiche,
gli esiti sono sempre opinabili. Nel caso di un musicista, ad esempio, il
problema principale è stabilire quali debbano essere i criteri in base ai quali
attribuirgli una certa posizione. Conta solo la tecnica o ci sono altri
parametri di cui tenere conto?
Se dovessimo prendere in esame esclusivamente il fattore “tecnica”, allora il risultato emerso
dal sondaggio di Total Guitar non sarebbe attendibile. Intendiamoci, Brian May
è un chitarrista la cui tecnica ha fatto scuola generando un numero enorme di seguaci.
È altrettanto innegabile però che in circolazione ci sono musicisti dotati di
una tecnica ancora più impressionante, gente come Steve Vai o Nuno Bettencourt,
tanto per citarne un paio, che pure non hanno perso occasione di congratularsi
con il collega per il quale hanno avuto parole di stima e riconoscenza per l’impatto
che lo stesso Brian ha avuto sul loro modo di suonare.
Se poi alla tecnica aggiungiamo un altro elemento come la
capacità di creare un sound unico, allora i riferimenti
cambiano ancora, con Brian certamente merita un primato ma che deve anche
vedersela con chitarristi del calibro di David
Gilmour, Eric Clapton o The Edge, unici anche loro nella loro
capacità di produrre un suono e uno stile riconoscibili tra migliaia.
E, sempre a titolo esemplificativo, potremmo considerare anche
la qualità della scrittura e in
questo caso Brian May la fa davvero da padrone. È quasi impossibile trovare un
altro chitarrista che nel corso della sua carriera sia stato capace di scrivere
così tante canzoni di successo, con riff entrati letteralmente nella storia
della musica.
Infine, l’ultimo elemento, quello più rilevante quando si
parla di sondaggi: la popolarità.
Oggi Brian May gode di una risonanza mediatica enorme, frutto di una serie di
fattori che nessun altro musicista al momento può vantare. Perché Brian fa
parte di una band di cui si parla ovunque e quasi quotidianamente; è reduce dal
successo di un film di cui, a quanto pare, non si smette di parlare nemmeno
dopo un anno e mezzo dalla sua uscita; è coinvolto in una serie di progetti
extra musicali che fanno apparire il suo nome in contesti davvero diversi, come
il mondo dell’ecologia e dell’astronomia. Ogni suo post viene ripreso dai
principali media per essere rilanciato in rete (o in radio, tv e giornali) per
il solo fatto che a parlare (o scrivere) è Brian May, il chitarrista dei Queen.
È l’insieme di tutti questi elementi (e dei tanti altri
che certamente ho trascurato) che hanno determinato il riconoscimento
attribuito da Total Guitar. Un primo posto che lo stesso Brian ha commentato e, per certi versi giustificato, definendosi come “un
musicista che ha sempre suonato con il cuore, piuttosto che un virtuoso della
chitarra” (e, cosa da non trascurare, ha eletto Jimy Hendrix come suo guitar hero).
E allora, la spiegazione di questo ennesimo primato va
forse cercata proprio in quella sua capacità di suonare non solo con le dita ma
con un pezzo della propria anima, generando così una connessione empatica con
l’ascoltatore che trascende qualsiasi considerazione tecnica. Il che non
significa sminuirne il valore come chitarrista ma, semmai, ampliare ancora di
più la gamma di emozioni che è in grado di regalare ogni volta che imbraccia la
sua Red Special.