Freddie
Mercury a proposito dell'amore e del suo rapporto con questo sentimento ha
detto: “Ho pianto fiumi di lacrime. Forse esteriormente sembro un duro, ma
dentro di me c'è un lato molto più tenero. Sono un romantico vero, proprio come
Rodolfo Valentino.”
Oggi
è San Valentino, la Festa dedicata all'Amore, quello vero incarnato proprio
dall'attore italiano, citato dallo stesso Freddie nel brano Good Old-Fashioned
Lover Boy e tema portante di buona parte della produzione discografica dei
Queen.
Tutti
e quattro i componenti della band, ciascuno a proprio modo, hanno scritto e
cantato sull'amore, basandosi su esperienze autobiografiche o magari facendo
proprie le vicissitudini di chi gli stava attorno. Ma è Freddie quello che più
di tutti ha dedicato al “sentimento che governa l'universo” buona parte delle
proprie canzoni.
Lo
ha fatto fin dagli esordi dei Queen, con Funny How Love Is (da Queen II,
1974), primo componimento del cantante che esulava dal ciclo fantasy di Rhye e
che metteva l'accento sul suo modo di intendere l'amore. Un'energia che permea
ogni cosa, che è presente ovunque e che ha il potere di renderti pazzo e di
spezzarti il cuore, ma soprattutto di capirti e di trovarti ovunque tu sia.
Quasi una forma d'amore universale dunque, il punto di partenza del Freddie
Mercury alle prime armi come compositore.
Nel
1975 i Queen entrano nella leggenda con A Night At The Opera e soprattutto con
il capolavoro Bohemian Rhapsody. Ma è Love Of My Life (1975)a
rappresentare in modo straordinario il momento di massimo romanticismo del
disco. Eppure, la canzone scritta da Freddie, non sembra essere realmente una
canzone d'amore in senso stretto. La lettura del testo infatti rivela ben
altro. “Amore della mia vita, mi hai spezzato il cuore e e ora mi lasci”, canta
Freddie. E ancora: “Amore della mia vita, non mi lasciare. Ti sei presa il mio
amore e ora mi abbandoni”. Non sembra davvero una canzone romantica ma,
piuttosto, un'invocazione disperata che molto probabilmente cela il dramma che
proprio in quel periodo andava consumandosi nella relazione tra Freddie e Mary
Austin.
Freddie
diceva di sé di essere una persona sola, costantemente in cerca d'amore. Una
condizione che lo accompagnerà per buona parte della propria vita e che ha
sublimato nella straordinaria Somebody To Love (A Day At The Races,
1976). Paragonabile negli intenti a Love Of My Life, anche qui viene
esplicitata un'invocazione, quasi una richiesta di aiuto affinché Dio stesso
conduca Freddie verso l'amore e, quindi, la felicità. Non c'è nulla di
realmente romantico dunque, ma solo il racconto in chiave gospel di un bisogno
che in quel momento doveva sembrargli inarrivabile.
Sempre
del 1976 è You Take My Breath Away, il brano più poetico mai scritto da
Freddie e diretto al proprio amore del momento quasi fosse una lettera lasciata
scivolare sotto la porta per conquistare l'oggetto del proprio desiderio. “Mi
lasci senza fiato, mi fai perdere il controllo e mi dai i brividi”. E poi
ancora: “Ti troverò, ovunque andrai, anche fino in capo al mondo e quando ci
sarò riuscito, ti dirò che ti amo”. Meravigliosa, sublime, in una parola la
canzone d'amore perfetta.
Dopo aver cantato del'amore fisico in Get Down, Make Love, è la
solitudine, vera e propria afflizione del Freddie lontano dalle luci della
ribalta, il tema conduttore di My Melancholy Blues (News Of The World,
1977). Qui il cantante veste quasi i panni del crooner che, al termine
dell'ennesima festa, indosso ancora uno smoking sgualcito, si siede al
pianoforte, manda giù l'ultimo sorso di champagne e dipinge alla tastiera lo
sconforto per l'ennesima sconfitta sentimentale. “La mia ragazza mi ha lasciato
per un altro, voglio dimenticarmene, voglio intossicarmi con una miscela
speciale” e così, ancora una volta, l'amore cantato da Freddie ha il sapore
amaro del tradimento e dell'abbandono.
Cosa
c'è di peggio della solitudine? Forse essere legati a qualcuno e vivere
un'amore soffocato dalla gelosia. Lo sa bene Freddie che ne parla in Jealousy
(Jazz, 1978) dove addirittura arriva a dire che “innamorarmi è stato un errore,
la gelosia ha guidato le mie azioni”. Dalla lettura delle biografie più
attendibili dedicate a Freddie sappiamo di quanto potesse essere geloso dei
suoi compagni, delle scenate che lo hanno visto protagonista quando il “veleno”
aveva il sopravvento su di lui. Perché la gelosia può essere davvero un drappo
nero, che oscura il cuore e lo sguardo e tiene l'amore a distanza.
Negli
anni '80 tuttavia qualcosa nella vita di Freddie cambia. È soprattutto il suo
approccio all'amore che subisce un radicale mutamento. Se nella decade
precedente la sua ricerca sentimentale aveva generato solo dolore, rabbia,
smarrimento, adesso Freddie vuole vivere con più leggerezza, alla costante
ricerca di un amore più fisico che emozionale. Lo si capisce chiaramente in Crazy
Little Thing Called Love (The Game, 1980) vero e proprio manifesto
sentimentale nel quale l'amore per Freddie diventa un gioco, paragonabile allo
stare in sella ad una moto, farci un giro su, ridere e poi pensare al prossimo
giro, all'avventura successiva. Basta il dolore dei sentimenti. Benvenuta
estasi del corpo.
La
dichiarazione d'intenti del Freddie anni '80 trova il suo perfetto compimenti
in Staying Power e Body Language (Hot Space, 1982). Entrambi i
brani prendono a prestito le sonorità funky e dance tipiche delle sale da ballo
di quel periodo e sentirle cantare pare davvero di poter osservare Freddie al
centro della pista che si dimena con l'amante di turno, alla costante ricerca
di un contatto fisico, quasi a voler dimostrare la propria capacità di “tenere
alta l'energia”. Ed ogni riferimento sessuale è assolutamente voluto.
Ma
l'amore, lo sappiamo, è sempre in agguato, pronto a riscuotere la propria
mancia fatta di dolore. Nemmeno il Freddie più folle può esimersi da pagarne il
prezzo e nel 1984 lo racconta in It's A Hard Life (The Works) brano con
il quale ritorna alle atmosfere riflessive degli anni '70 mettendo sul piatto
una presa di coscienza potente ed universale, ovvero che “in amore si vince o
si perde e in entrambi i casi è una possibilità che devi saper accettare”.
Nel
1985 Freddie si allontanò temporaneamente dalle attività in studio con i Queen
(ma non da quelle live) per lavorare a Mr Bad Guy, il suo primo album solista.
Divertimento e romanticismo furono le parole d'ordine di quel lavoro che in
qualche modo rappresenta meglio di qualsiasi disco della band chi fosse Freddie
in quel periodo della sua vita. Un uomo innamorato che in I Was Born To Love
You e Your Kind Of Lover dichiara apertamente i propri sentimenti,
mentre nella ballata Love Me Like There's No Tomorrow evoca ancora una
volta una storia d'amore dolente in cui chiede di essere amato almeno un'ultima
volta come se non ci fosse un domani di vivere. Perché, Freddie lo sa bene, il
suo è un amore pericoloso, qualcosa che per lui non funziona e lo fa solo
sanguinare (My Love Is Dangerous, sempre da Mr Bad Guy), e che può anche
uccidere, come recita il testo di Love Kills (scritta per la colonna
sonora del film Metropolis).
La
comprensione che dopotutto amore e sofferenza non sono due cose che possono
restare distinte come vorremmo, è scritta (stavolta assieme a John Deacon) in Pain
I So Close To Pleasure (A Kind Of Magic, 1986). Il titolo (estrapolato da
un'altra canzone d'amore, One Year Of Love, di John) dice già tutto, ma il
testo sul finire contiene anche una speranza, “Nel bene e nel male facciamo del
nostro meglio per il resto dei nostri anni”, a voler rappresentare una visione
più matura dell'amore, non più visto come forma di divertimento ma anche come
impegno per il domani.
Dal
1989 in poi (e, purtroppo, per un brevissimo periodo di tempo) i Queen decisero
di firmare a nome della band tutti i brani. Difficile quindi stabilire nei
testi di The Miracle e Innuendo le singole appartenenze, dato che su tutte le
canzoni vi fu l'apporto di ogni membro. Sappiamo però che The Miracle
nacque certamente da un'idea di Freddie. Anche questa può essere vista come una
canzone d'amore (dopotutto la pace è una forma d'amore), rivolta addirittura all'umanità e al mondo intero. Una visione
dell'amore universale, che si traduce non solo nelle bellezze del creato ma
anche nelle opere d'arte realizzate da architetti, poeti, musicisti...
Bijou,
accreditabile a Freddie nella parte cantata (quella strumentale è invece un
lungo assolo di Brian May) è una piccola e dolcissima poesia. È forse la prima
volta, dopo You Take My Breath Away, che Freddie si cimenta in maniera profonda
con l'amore sentimentale, se non addirittura spirituale, quello che ti fa
guardare negli occhi la persona per dirle che ciò che vi lega non è casuale ma
frutto preordinato del destino.
Già,
il destino. Quello che sa elargire fama e gloria, ma anche immensi dolori. A
Freddie ha dato tutto quello che poteva. Il successo, il denaro, le folle
acclamanti, gli applausi e i premi. Ma anche le lacrime, i cuori infranti e il
dolore della malattia. A quest'ultimo Freddie ha risposto restando aggrappato
alla musica, almeno finché ha potuto. E, proprio attraverso le sue ultime
canzoni, ha infine trovato il senso dell'amore.
Lo
ha fatto grazie alla relazione con Jim Hutton certamente, ma anche attraverso
l'amore rimasto intatto nei confronti di Mary Austin e di tutti i suoi affetti
più cari. Ancora di più Freddie ha trovato il significato dell'amore guardando
dentro di sé, scavando nelle profondità del proprio spirito mentre si
specchiava sul lago di Montreux. E ha compreso che è amore anche abbracciare le
bellezze che lo circondavano e che ha descritto nel brano A Winter's Tale (da
Made In Heaven, 1995), fino a tornare quasi indietro nel tempo per
riabbracciare il conforto dell'amore più grande e puro, quello materno di Mother
Love.