Come nascono i grandi capolavori? Da dove arriva l’ispirazione per scrivere testi capaci di entrare nell’immaginario collettivo e scalare le classifiche di tutto il mondo? Probabilmente è impossibile trovare una spiegazione realmente esaustiva e chi si è mai cimentato con la scrittura sa bene che, a un certo punto, la propria creazione prende vita e stabilisce il percorso da fare per portarla a compimento. E poi naturalmente c’è quella buona dose di mistero che conferisce ad un’opera ancora più fascino.
Provate ad immaginare se Leonardo Da Vinci avesse lasciato ai posteri una descrizione dettagliata sulla Mona Lisa: cosa lo ha ispirato, come l’ha creata, i significati nascosti dietro ogni pennellata. Sarebbe ancora un capolavoro, certo, ma con qualcosa in meno.
E se vogliamo restare in ambito Queen, consideriamo Bohemian Rhapsody e le infinite speculazioni sul significato di un testo così enigmatico. Non sapremo mai cosa volesse raccontare Freddie e anche in questo risiede la bellezza della canzone. Ciò non toglie però che ricercare il senso delle cose non è di per sé un errore e il più delle volte, oltre ad essere molto divertente, riesce anche a raccontarci qualcosa di più dei nostri artisti preferiti, senza che lo svelamento danneggi il valore delle canzoni.
È il caso, tra i tanti, di Killer Queen. Scritta da Freddie Mercury per Sheer Heart Attack, fu il primo grande successo della band, quel fondamentale punto di partenza su cui poterono costruire una fama e una carriera realmente solide, dopo aver iniziato a dimostrare il proprio valore con Seven Seas Of Rhye. In più rappresenta un episodio abbastanza unico nel modo di lavorare di Freddie, che preferiva partire dalla melodia per poi costruirvi su il testo. Ma nel caso della sua “Regina Assassina” fu il testo ad arrivare prima della musica e all’epoca il cantante spiegò di aver voluto raccontare in musica la storia di una squillo di lusso, come in effetti sembra emergere dalla lettura del testo.
Eppure, più di recente, è emersa un’altra spiegazione, offerta da Eric Hall, ex manager della EMI che per alcuni anni è stato parecchio vicino ai Queen e a Freddie in particolare. Secondo il racconto di Hall, pubblicato anche nella sua autobiografia (Monster! True Tales From A Show Biz Life, Boxtree Edtion, 1998) e riproposto in alcune interviste (tra cui una presente nel documentario Freddie Mercury The Ultimate Showman, disponibile sul sito Raiplay), la Killer Queen cantata da Freddie sarebbe proprio lui!
Racconta Hall (nel Capitolo Quinto delle sue memorie) che all’inizio della loro carriera e del rapporto contrattuale stipulato con la EMI, i Queen fecero molto affidamento su di lui per la gestione dei propri impegni. Freddie già all’epoca era chiaramente gay e negli atteggiamenti che assumeva in pubblico non lasciava adito ad alcun dubbio circa le proprie preferenze. Soprattutto Hall spiega che il cantante dei Queen era un genio, oltre che una compagnia davvero piacevole. Non si aspettava però che Killer Queen fosse ispirata proprio a lui.
Conosciuto nella EMI con l’appellativo di “Mr Stravaganza”, Hall amava circondarsi di macchine lussuose, champagne, belle donne…insomma tutto ciò che serviva per apparire esagerato e, appunto, stravagante. Un giorno ricevette una chiamata da Freddie che gli chiedeva un appuntamento in ufficio. Hall accettò di buon grado e il cantante si presentò dicendogli:
“Voglio farti ascoltare una canzone che ho scritto e che abbiamo scelto come nostro prossimo singolo.”
Il disco era ovviamente Killer Queen. Hall ascoltò la canzone e ne rimase conquistato, tanto da definirla immediatamente un sicuro successo. Ma non fece caso in quel momento al fatto che alcune parti del testo potevano chiaramente fare riferimento a lui. Per questo Freddie gli disse:
“Tu non l’hai ascoltata bene. Riprova.”
Solo dopo un ascolto più attento, Hall iniziò a capire il perché dell’insistenza di Freddie:
“Mi sembrano cose familiari.”
“Si Eric,” spiegò Freddie a quel punto. “Ho scritto questa canzone per te perché ti amo, ma tu mi fai impazzire. Mi uccidi perché non mi consideri. Per questo l’ho intitolata Killer Queen: io sono la Regina e tu il mio assassino.”
A questo punto Hall spiega meglio i suoi sentimenti verso Freddie. Gli voleva bene, lo ammirava, ma lo considerava più come un fratello, senza alcun coinvolgimento fisico dunque, pur sentendo di avere con lui una grande affinità sul piano mentale. Anche per questo si sentii ancora più in imbarazzo quando Freddie gli propose di dormire nella stessa camera, ma non nello stesso letto. Semplicemente voleva passare la notte con lui, il più vicino possibile, ma rispettandone i sentimenti. Hall, che di certo non era nato ieri (come specifica nel libro), decide alla fine di fidarsi e acconsente alla richiesta, ricevendo da Freddie esattamente quanto aveva promesso: dormirono separati, senza alcuna avance da parte del cantante. Dopo quella volta, Freddie non si propose più e, anzi, spiegò ad Hall di considerarlo ormai un pensiero accantonato.
Tuttavia un anno dopo, ricevette un’altra chiamata da Freddie:
“E’ tempo di rivederci” gli disse. “Siamo stati parecchio impegnati ultimamente, ma adesso vorrei farti ascoltare il nostro prossimo singolo e magari dopo andare a pranzo.”
Così i due si ritrovano nuovamente nell’ufficio di Hall, ma stavolta il disco che Freddie ha da fargli ascoltare è ancora più importante di Killer Queen. Si trattava, infatti, di Bohemian Rhapsody. Hall inizia ad ascoltarla e già dopo trenta secondi si sente sopraffatto dall’emozione e, letteralmente, si commuove. Ma c’è un problema che la sua anima da manager gli fa subito intravedere, perché dopo ben 9 minuti la canzone non è ancora finita. Così Hall spiega a Freddie che una canzone così lunga non potrà mai passare in radio, che all’epoca è il veicolo promozionale principale. Così gli chiese di operare dei tagli sul nastro, senza che ciò potesse comportare una perdita in termini di impatto emotivo e Freddie, dopo averci riflettuto, decise che avrebbe potuto ridurre la canzone di un paio di minuti affinché potesse durarne meno di sette.
La fiducia riposta da Freddie in Eric Hall fu tale che gli concesse una
copia di Bohemian Rhapsody che lui fece subito ascoltare a Doreen Davies,
all’epoca responsabile della programmazione di Radio One. Ma anche la Davies,
pur visibilmente emozionata, manifestò grandi perplessità circa la durata del
pezzo. Fortunatamente, la versione che conosciuto tutti, entrò nelle grazie
delle radio inglesi e poi in quelle di tutto il mondo, anche grazie a Hall che
si diede da fare con Radio Luxembourg e il DJ David Jensen affinché il singolo
venisse trasmesso il più possibile.
Ma una cosa Hall la ribadisce a scanso di equivoci: esiste una versione di Bohemian Rhapsody lunga oltre 9 minuti. E’ lì, da qualche parte, negli archivi dei Queen o della EMI.
(Ringrazio Daniela Speranza per avermi fornito il materiale e le informazioni necessarie per questo articolo)