Queen + Adam Lambert at the bushfire concert in Australia (Jared Leibowitz/FireFight Australia) |
I grandi musicisti, quelli passati alla storia, possono
vantare un momento fondamentale della loro carriera che ne ha iscritto il nome
nel libro indelebile delle leggende. E poi ci sono i Queen, che di simili
momenti ne hanno vissuti parecchi, tanto che sceglierne uno solo è quasi
impossibile.
Il primo show ad Hyde Park nel 1976 o magari gli enormi
eventi live degli anni ’80 in Sudamerica. Il Rock in Rio naturalmente o il
doppio concerto a Wembley nel 1986. E anche il Freddie Mercury Tribute. Ognuno
di questi concerti è stato memorabile e sono divenuti punti di riferimento per
chiunque, esempi da seguire ma comunque impossibili da eguagliare.
Su tutti il Live Aid del 1985. Su quel palco i Queen
dettarono legge, scrissero la storia e stabilirono un confine che nessuno è
stato in grado di superare: da una parte ci sono loro, Freddie Mercury, Brian
May, Roger Taylor e John Deacon; dall’altra tutti gli altri, anche se si tratta
di artisti del calibro di David Bowie, Elton John, The Who, Led Zeppelin…
Gli stessi Queen hanno deciso che il Live Aid deve essere
considerato il loro apice, almeno per quello che riguarda le performance live,
tanto da aver utilizzato quell’esibizione come culmine di Bohemian Rhapsody, il
biopic con Rami Malek. Pur non essendo stato nella realtà l’ultimo concerto dei
Queen con Freddie, la scelta di renderlo tale nella finzione cinematografica è
stata probabilmente la scelta migliore, l’unica possibile. Del resto, ancora
oggi, i Queen al Live Aid vengono citati come esempio più alto di ciò che
dovrebbe essere una performance davanti ad una folla oceanica come quella che
quel giorno riempiva lo Stadio di Wembley.
Un momento leggendario dunque, tale anche perché non può
essere replicato. Provate ad immaginare uno scrittore che riscrive Il Signore
degli Anelli o un pittore che propone una nuova versione della Mona Lisa: sono
tentativi destinati al fallimento.
Meglio tenersi lontani dalle leggende dunque. È una regola
semplice, inviolabile.
Ma non per i Queen, evidentemente. Perché il 16 Febbraio
all’ANZ Stadium di Sydney hanno “osato” infrangere quel principio così
intoccabile proponendo al pubblico del #FireFightAustralia la stessa setlist
del Live Aid, con tanto di duetto tra Freddie e il pubblico ricreato con il
solito espediente (già visto in tour) delle immagini registrate.
Stavolta, naturalmente, non erano propriamente i Queen ad
esibirsi ma i Queen + Adam Lambert. Nel nome c’è tutta la differenza tra
passato e presente, ma senza che questo debba rappresentare uno svilimento di
ciò che stanno facendo oggi. Tutt’altro. Provate a leggere i commenti di chi
c’era ieri a quel concerto e scoprirete una tale quantità di felicità e appagamento
da restarne sopraffatti. Il giudizio più gettonato è “I QAL hanno rubato lo
show”, che sta a significare che sono stati i migliori, i più bravi, in una
parola: i campioni.
Senza voler fare paragoni tra il 1985 e il 2020 (non
avrebbe senso e sarebbe irrispettoso tanto per i Queen quanto per la loro
attuale incarnazione), i meriti per il successo al #FireFightAustralia (evento
creato sulla falsariga proprio del Live Aid per raccogliere fondi in favore
delle zone australiane devastate dai recenti incendi) sono molteplici, a
partire dalla cornice di pubblico che in certe occasioni diventa elemento
essenziale per trasformare la musica in emozioni. Vedere quella folla
sterminata che canta felice, che batte le mani e che si unisce nel più classico
degli afflati collettivi è, beh diciamo pure, una specie di magia.
E poi c’è la musica, quella dei Queen, capace di scatenare
emozioni positive in chiunque la ascolti. C’è della gioia in canzoni come Radio
Ga Ga e Crazy Little Thing Called Love e c’è una potente energia in pezzi come
Hammer To Fall e We Will Rock You, mentre la voglia di stringersi l’uno
all’altro, di essere parte di un tutto è lasciata a Bohemian Rhapsody con la
sua drammaticità e all’atto celebrativo di We Are The Champions.
Ma per spiegare quanto accaduto ieri in Australia non si
può prescindere da Adam Lambert. Ieri, per l’ennesima volta, ha dimostrato che
essere su quel palco è frutto di un talento enorme e di uno stile che, pur
essendo totalmente diverso da quello di Freddie, è riuscito (limatura dopo
limatura) ad incastonarsi perfettamente nell’ideale corona che viene esibita
alla fine di ogni concerto. Ammirare Adam che canta le canzoni dei Queen non ti
fa pensare alla sostituzione, al confronto, alla forzatura del voler cantare
note non sue. È semplicemente Adam Lambert che celebra il mito, la leggenda
inarrivabile e ti convince aggiungendo alle emozioni che già conosci anche
qualcosa di diverso. Un aggiunta dunque, un “+” che assume il giusto e
rispettoso significato che rende inutile ogni possibile paragone con
l’inarrivabile passato.
Infine loro, Brian May e Roger Taylor. Spiegare cosa c’è
dietro questi due nomi è impossibile, non basterebbero pagine su pagine. Del
resto ognuno ha i propri sentimenti verso questi due musicisti e le canzoni che
hanno scritto, cantato e suonato. Brian e Roger sono i Queen, oggi. Lo sono sempre
stati (non da soli, ovvio) e lo saranno per sempre. Per lungo tempo questa è stata una condanna,
un’ombra invincibile. Oggi è un’eredità da esibire con orgoglio e, ancora una
volta, con gioia. A entrambi va detto grazie. Le ragioni per farlo sono
infinite, ma voi le conoscete tutte quante e vanno dalla qualità delle esibizioni (sono ancora due musicisti mirabili) all'essere due leggende viventi, la cui semplice presenza illumina ancora più del maestoso impianto luci che li accompagna in tour.
Qualcuno, vedendo lo show di ieri, potrebbe pensare: perché
rifare il Live Aid?
Potremmo rispondere perché era l’occasione giusta, la più
nobile delle cause. E poi si tratta della loro storia e sono gli unici a poter
decidere se e come rivisitarla, mentre a noi resta il diritto di valutarne
l’esito. Ma è davvero questo il senso di una performance come questa? Non
credo. Non si tratta di dire “hanno rifatto il Live Aid” ma, piuttosto, “i
Queen + Adam Lambert hanno raccontato la loro storia in musica”. Ci hanno
detto, in definitiva, che la musica dei Queen non è una raccolta di vinili
polverosi o vecchi concerti a cui guardare con nostalgia, ma una forma di
materia viva, pulsante, capace ancora di raccontare delle emozioni anche in questo
presente così complesso. È stato l’ennesima occasione per farci state bene, per
farci sentire “campioni”, in quel modo unico e straordinario che solo la musica
suonata dal vivo è in grado di fare.
È vero, potevamo accontentarci del passato (potevano farlo anche Brian e Roger), tanto quello è
intoccabile, immodificabile e resterà sempre al primo posto. Eppure, avere
questo presente, da vivere e condividere è un dono che, come tutte le cose
inaspettate, ci fa sentire un po’ più felici e grati di essere qui a goderne
fino in fondo.