C’era
grande attesa ieri per lo speciale di Raidue condotto da Morgan e dedicato ai
Queen. Il successo clamoroso di Bohemian Rhapsody ha finito con l’attrarre l’interesse
anche di Carlo Freccero, neo direttore di rete, che ha scelto di affidare all’ex
leader dei Bluvertigo la guida del programma, intitolato semplicemente “Freddie”.
La
scelta è apparsa subito controversa. Morgan è da tempo ormai un personaggio
sopra le righe che, come tale, attira in egual misura entusiasmo e critiche. Tuttavia
Freccero lo ha scelto perché le competenze di Morgan sono indiscutibili. La cultura
musicale e il suo essere un musicista di talento lo rendeva una soluzione
perfetta per raccontare i Queen. Del resto il suo amore per la band è
indiscutibile.
Il
risultato è stato all’altezza? È questa, senza tanti giri di parole, la domanda
a cui rispondere. Lo farò in modo netto prima di spiegare il mio punto di
vista. Si. Morgan ha realizzato un ottimo programma, assai diverso da quello
che ci si poteva ragionevolmente aspettare, soprattutto perché realizzato per
la RAI. Ma andiamo per ordine.
Cosa
abbiamo visto? Un concerto? Si, in effetti abbiamo potuto godere del
meraviglioso live di Montreal del 1981, una scelta che di per sé indica quali
fossero le intenzioni. Scuotere il pubblico evitando di viaggiare sul terreno
sicuro delle grandi hits anni ’80.
Ciò
che, invece, non è stato proposto (ed è un bene) è il classico racconto
biografico. Chi si aspettava di sentirsi dire che Freddie è nato a Zanzibar e
che dopo in Inghilterra ha conosciuto Brian e Roger (ecc… ecc…) è rimasto
spiazzato. Forse addirittura deluso, ma viviamo nell’era del web e se ci tocca
attendere uno speciale televisivo per conoscere la storia di una rockstar,
allora siamo indietro di qualche decennio. Del resto chi ha scoperto i Queen
attraverso il film ha già fatto le sue ricerche e magari proprio in questo
momento sta ordinando un po’ di album e dvd.
Quello
che ci è stato proposto ieri sera da Morgan non è stato dunque il solito
special. Piuttosto abbiamo assistito ad un racconto musicale nel quale,
piuttosto che puntare su date, titoli ed eventi, si è preferito raccontare il
lato artistico dei Queen.
Il
programma infatti si è aperto con una breve introduzione nella quale Morgan ha
proposto la sua We Will Rock You italianizzata. Al di là della resa vocale
(certamente discutibile) è la motivazione che conta. “Noi vi scuoteremo” è
suonata come una dichiarazione di intenti diretta al telespettatore che nel
giro di pochi minuti si è ritrovato di fronte ai Queen nella loro versione più
inaspettata (per l’ascoltatore medio non incallito). Perché la performance di
Rock Montreal è davvero devastante, un pugno sonoro nello stomaco. È qualcosa
che può fare male perché se conosci i Queen di Radio Ga Ga e ascolti brani come
Let Me Entertain You e Sheert Heart Attack puoi reagire in due soli modi:
scappare con le mani sulle orecchie, oppure saltare dalla sedia e restare
sbalordito. Non si fanno prigionieri. Questo il messaggio di inizio
trasmissione.
E
poi naturalmente ci sono stati alcuni intermezzi durante il concerto nei quali
Morgan ha svelato la narrazione posta alla base del programma televisivo. Vediamo
i passaggi salienti.
Il
suo racconto di Bohemian Rhapsody è certamente il momento più riuscito. Sul
capolavoro scritto da Freddie Mercury sono state offerte le più svariate
interpretazioni. Secondo la più gettonata (ovviamente) sarebbe una sorta di “confessione”
attraverso cui Freddie avrebbe rivelato la sua definitiva presa di coscienza
sessuale, lo svelamento della sua omosessualità (“Credo di essere bsex Mary.
No, Freddie, tu sei gay”, ve la ricordate questa vero?). In sostanza la vittima
e il carnefice cantati in Boh Rhap sarebbero Freddie stesso.
È
una interpretazione interessante e suggestiva. Se abbia però un ancoraggio con
le reali intenzioni di Freddie non lo sapremo mai. Per questo è da apprezzare
la visione che Morgan ha offerto al telespettatore. Attraverso il suo racconto
Bohemian Rhapsody è tornata ad essere ciò che è sempre stata: una storia nella
quale un uomo ne uccide un altro e, preda di un profondo pentimento, confessa
alla madre l’abominio commesso prima di doversi confrontare con l’inevitabile
sorte che compete ad un assassino. Bohemian Rhapsody, almeno dal punto di vista
letterale, è tutta qui.
A
questo Morgan ha anche aggiunto riferimenti musicali ben specifici, rivelando
come i Queen siano sempre stati pronti a raccogliere le influenze provenienti
da altri artisti per poi rimodularle secondo le proprie sensibilità. È paradossale
che questo aspetto abbia suscitato critiche da parte di chi sembra vedere in
negativo la capacità della band di farsi “condizionare” da opere altrui. Eppure
nei Queen i riferimenti ad altri artisti sono talmente palesi che negarli
appare davvero velleitario. Naturalmente, allo stesso modo, i Queen sono stati
a loro volta fonte di ispirazione e influenza per tanti altri. È un meccanismo
splendido su cui da sempre la musica di ogni genere e stile si regge e
definisce se stesso.
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Interessante
anche la parte in cui Morgan ha spiegato come i Queen abbiano trasformato se
stessi (tanto nell’immagine quanto musicalmente) con il passaggio dagli anni ’70
agli ’80. Divertente l’espediente per sottolineare il cambiamento,
presentandosi con i capelli tagliati (fino a quel momento ha sfoggiato un’improbabile
chioma lunga fin oltre le spalle!) un po’ come fecero gli stessi Queen con la
pubblicazione dell’album The Game. E poi, inevitabile quando c’è Morgan, il
riferimento al suo (e nostro) amato David Bowie e all’influenza che ebbe su
Freddie e compagni. Bowie, maestro del trasformismo, sia estetico che sonoro,
ha certamente rappresentato per i Queen un modello da seguire. E, anche in
questo, c’è una sottolineatura artistica che spesso viene tralasciata quando si
affronta il tema di come i Queen riuscirono ad entrare negli anni Ottanta senza
scomparire come accaduto a tanti altri.
Bravo
poi Morgan nel tributare la giusta considerazione anche agli altri componenti
dei Queen. Questo è un tema assai caro ai tantissimi fan che giustamente
rifiutano quella visione per così dire “Freddie-centrica” della band. in uno
dei suoi intermezzi ha citato (con in sottofondo The Invisible Man) in modo
esplicito Brian May, Roger Taylor e John Deacon, attribuendo ad ognuno i ruoli
determinanti che hanno avuto per il successo del gruppo. Del resto chi non conosce
a sufficienza i Queen va messo al riparo dal rischio di pensare che all’interno
della band vi fossero dei comprimari. Nessuno lo era.
È
stato anche dato spazio al film ovviamente, del resto lo speciale è stato reso
possibile proprio dal successo clamoroso di Bohemian Rhapsody nei cinema
italiani e in quelli di tutto il mondo. La conclusione, invece, ha regalato a
Morgan l’ultima ribalta con una doppia versione di Don’t Stop Me Now, prima
sotto forma di poesia recitata e poi di pezzo per piano e voce. Con in più una
coda inaspettata proveniente dal programma Stracult che ha messo in onda un
paio di minuti dell’esibizione dei Queen a Sanremo 1984.
La
valutazione di “Freddie” dipende, come sempre, dal punto di vista dell’osservatore.
Chi ha scelto di ascoltare e raccogliere gli aspetti musicali e narrativi dello
special è andato a dormire con la soddisfazione di aver visto qualcosa che in
tv e nella RAI mancavano da tempo. Un programma televisivo che invece ci
insistere sugli aspetti morbosi e vuoti degli artisti ha puntato sulla musica
nella sua essenza più autentica, al di là delle sempre opinabili
interpretazioni personali. È, detto in altri termini, un tentativo magari non
riuscitissimo ma certamente di buona qualità di fare della cultura su un tema,
quello della musica, che la RAI ha sempre snobbato quando si è trattato di
parlare dei Queen o altre leggende del rock.
Al
contrario, chi ha scelto di fossilizzarsi nelle solite noiose polemiche (sulla
voce di Morgan, sui capelli, sui paragoni con Freddie e su qualche dettaglio
qua e là non proprio messo a fuoco nel modo migliore), oggi starà leggendo
questo commento e sarà totalmente in disaccordo. Anche questo è un modo di
vedere le cose, che va certamente rispettato, ma che forse perde di vista l’essenza
di ciò che abbiamo visto ieri sera. Un programma televisivo che ha voluto
racconta, finalmente, la musica dei Queen.