Come fan, i miei inizi con i Queen + Paul Rodgers non
sono stati dei migliori. All'epoca della nascita della loro collaborazione non
disponevo ancora di una connessione internet e tv e radio non erano già da
tempo quei mezzi di informazione indispensabili come una volta.
Non avevo
quindi un accesso quotidiano e tempestivo a tutte le news dal mondo dei Queen.
Anzi, avevo ormai accettato di buon grado la conclusione di quella splendida
avventura. Ma nel 2005, per ragioni che non ho mai capito del tutto, capitava
che tutte le mattine mi venisse recapitata la copia di un quotidiano. Non so se
fosse il frutto di un disguido o se qualche vicino ritenesse di dovermi offrire
un po' di cultura a buon mercato. Resta il fatto che tutte le mattine potevo
fare colazione sfogliando il giornale e sorseggiando latte e caffè. Ho sempre
amato le piccole gioie della vita e la colazione rientra certamente tra queste.
Eppure una mattina ho rischiato seriamente di strozzarmi mentre trangugiavo un
pezzo di cornetto alla crema. Ad attentare alla mia salute ci ha pensato un
trafiletto di poco conto (sono i dettagli a generare i disastri, non
dimenticatelo) che raccontava di un imminente concerto benefico in nome di
Nelson Mandela. Tra i nomi evidenziati in grassetto compariva anche quello dei
“Queen, che si sono riformati col nuovo cantante Paul Rodgers”.
Dopo essere riuscito a mandare giù quel boccone ormai
diventato acido, mi sono stropicciato gli occhi e ho riletto tutto, parola per
parola, con quell'attenzione eccessiva che si presta solitamente alle cose che
rischiano di rovinarti la giornata. Ma pur rileggendo tutto quanto, il senso
dell'articolo non cambiava. I Queen avevano trovato un nuovo cantante e io non
ne sapevo nulla! Il passo successivo fu ovviamente quello di raggiungere un
internet point per documentarmi e provare a capire cosa stesse succedendo. Ho
così raccolto tutto il materiale disponibile, tra articoli di giornale,
interviste e opinioni dei fans, questi ultimi quasi tutti negativi. La sola
idea che qualcuno potesse sostituire Freddie appariva impossibile, folle. Anche
per me all'inizio fu così.
Da allora la mia opinione su questa collaborazione è
cambiata e i dubbi dei primi momenti sono stati trasformati in entusiasmo da
ciò che ho visto e sentito nel tempo. Il mio personale spartiacque è stato
rappresentato dal dvd Return Of The Champions. L'ho acquistato in
un centro commerciale un sabato pomeriggio e finché non sono tornato a casa
sentivo che le dita che ne stringevano la custodia bruciavano di trepidante
attesa. La sensazione appena messo il disco nel lettore è divenuta di autentico
timore: l'idea di rivedere i miei amati Queen e di poterli disprezzare per
qualcosa che, semplicemente, poteva non piacermi mi atterriva. Sapete io in
questa passione ci metto il cuore ed è una scelta con un prezzo alto in termini
di emozioni. Poi lo schermo si è illuminato e le vecchie sensazioni sono
ritornate prepotentemente alla ribalta, sospinte dalla chitarra di Brian May,
dalla potenza di Roger Taylor e da questa nuova voce, così inaspettata e bella.
A convincermi, oltre la musica, sono state le espressioni dei due Queen, così
felici di essere lì davanti al loro pubblico, me compreso sebbene a distanza di
tempo e spazio.
Date queste premesse sono stato tra i (pochi) fans ad
aver atteso l'uscita di The Cosmos Rocks con la stessa trepidazione provata
anni prima per Innuendo (Made in Heaven, invece, fu una cosa completamente
diversa e in futuro parleremo anche di questo), con l'aggiunta che il disco è
uscito in concomitanza con il concerto di Roma 2008. Anche questa un'altra
storia che attende solo di essere raccontata. Avere tra le mani un nuovo disco
dei Queen, tutto da scoprire, canzone dopo canzone era una sensazione che
ritenevo ormai accantonata per sempre. Ovviamente non avevo fatto i conti con
la Fenice e la sua naturale vocazione al perpetuo ritorno. Così la musica di
The Cosmos Rocks ha iniziato a scorrere, a conquistarmi nota dopo nota.
Aprire il disco con Cosmos Rockin' è
un azzardo: il suo stile così retrò potrebbe non convincere e si sa che una
buona introduzione spinge ad andare avanti per scoprire cosa c'è dopo. In
questo il trio dimostra di voler fare musica senza paracadute, così
l'ascoltatore si ritrova catapultato all'istante in un rutilante caleidoscopio
di suoni e generi, tutti improntati al rock'n'roll più leggero e allo stesso
tempo più potente. Trascinante l'assolo di Brian May che ha il potere di ricordare
una delle scene del cinema più famose di sempre (Ritorno al Futuro vi dice
niente?). L'azzardo nella compilazione della tracklist è ancora più evidente
con Time To Shine: sebbene tutti i pezzi siano accreditati ai Q+PR,
gli stili sono netti ed evidenti, così appare chiaro che il secondo brano è
frutto della penna di Paul Rodgers. Ascoltarla è spiazzante perché sembra
davvero in linea con lo stile dei Queen, soprattutto nelle note iniziali, ma
anche in tutta la progressione del pezzo. A Brian poi il compito di spingere
l'ascoltatore verso territori più duri con Still Burnin', che
ricorda piacevolmente il May di Dragon Attack. L'autocitazione di We Will Rock
You presente nel brano è forse troppo autoreferenziale, ma comunque è un
inserto che funziona e i cori che impreziosiscono la traccia meritano un
inaspettato applauso.
Small è la prima ballata presente sul disco ed è opera
di Roger Taylor. Si è dubitato spesso che dalla sua penna sempre un po' rude
potesse uscire un brano così delicato e dalle atmosfere rarefatte. Eppure Small
comparirà anche nel suo imminente album solista (assieme all'inedita When We
Were Young, composta originariamente proprio per The Cosmos Rocks). È una delle
canzoni più convincenti di tutto il disco, certamente tra le più moderne per
stile e sound, e regala uno degli assoli di Brian tra i più belli degli ultimi
anni. Perfetta poi la scelta di far seguire ad un brano che “cerca la quiete
nelle piccole cose” qualcosa di molto più duro, sia per lo stile che per il
tema trattato. Si sa, i Queen raramente hanno voluto trattare il sociale nei
loro dischi (il primo, isolato, esempio risale al 1976 con White Man), e
infatti per The Cosmos Rocks ci pensa Paul Rodgers con Warboys. Il
titolo è eloquente e su un testo che per quanto minimalista affronta la piaga
dei bambini soldato (quanto schifo c'è nel mondo, vero?), Brian e Roger
picchiano in modo davvero pesante, trasformando l'originaria versione acustica
in un muro sonoro che ti piomba addosso e ti scuote dentro.
Prendete Las Palabra De Amor, aggiungeteci un testo
che trae ispirazione dall'impegno animalista di Brian May (che diventa metafora
per raccontare il mondo che si vorrebbe costruire con quel pizzico di coscienza
in più che spesso ci manca) e avrete la straordinaria We Believe.
Difficile raccontare le sensazioni del primo ascolto. Dovrei consumare pagine
su pagine per dire tutto ciò che mi ha trasmesso in quel momento e in tutti
quelli successivi. In una parola: è una canzone dei Queen fatta e finita.
Avete presente i fans più intransigenti, quelli che
considerano i Queen morti e sepolti nel 1991, vabbè diciamo almeno nel '95?
Ebbene a loro Call Me fa schifo, inutile girarci attorno. Per
cui fermiamoci al centro della questione e diciamo anche che a me piace. E
anche tanto. È divertente, solare, fa cantare e se l'avesse scritta Freddie ora
ci sarebbero orde di fans a protestare con le compagnie telefoniche che non
l'hanno scelta come jingle dei loro spot. Sono esagerato? Certo che lo sono, è
il bello di avere un blog!
Voodoo è un'altra sperimentazione, di quelle che fanno
storcere il naso ai fans intransigenti (inizio a pensare che a breve me li
ritroverò alle calcagna. Occhio, ho visto un sacco di film horror e so come
fermarvi!). Io non so che percezione abbia la gente dei Queen, ma per me hanno
sempre rappresentato una sorta di enciclopedia musicale. Se c'è una cosa che mi
hanno insegnato è proprio a digerire e quindi apprezzare mille stili diversi.
Con Voodoo siamo nel campo del blues e se qualcuno non sa di
cosa sto parlando, vada ad ascoltarsi gli assoli di Brian May: sono tutti, o
quasi, assoli schiettamente blues. Del resto l'eroe del nostro Doc è un certo
Eric Clapton, avete presente?
Alzi la mano chi non apprezza Some Things That
Glitter. Ecco, uscite dall'aula e andate in castigo. Gli altri restino pure
e applaudano con me ad un altro momento del disco totalmente made in Queen. C'è
tutto in questo brano o almeno tutto quello che serve a desiderare di
ascoltarla ancora e ancora. Peccato che nell'ambito del sodalizio con Kerry
Ellis Brian abbia deciso di cambiare il titolo e di renderla acustica. Entrambe
le cose hanno tolto quelle grandi qualità che in The Cosmos Rocks non mancano.
Lo stesso vale per Through The Night, anche se qui forse
l'atmosfera più cupa e intima è lontana dai cliché dei Queen. Ma il tempo
cambia le persone e impone loro una ricerca introspettiva che forse oggi ci
avrebbe regalato anche un Freddie Mercury molto meno leggero e sbarazzino di un
tempo.
C-lebrity è stato il primo singolo estratto dall'album,
quel primo passo che ha introdotto tutti noi nel nuovo mondo dei Q+PR. Anche in
questo caso non sono mancate le critiche e onestamente, dopo anni di snervanti
confronti, sono giunto all'unica conclusione possibile: ognuno ha la propria
opinione e dato che nessuno è in grado di fare un passo indietro, tanto vale
aprire un blog e dire alla faccia dei soliti criticoni: “secondo me non capite
niente, C-lebrity è un gran bel pezzo rock ed è anche longevo visto che lo
ascolto spesso”.... beccatevi questa!
L'ulteriore conferma che anche Roger Taylor ha un
animo sensibile è data da Say It's Not True, un brano al quale il
batterista deve tenere davvero molto. La prima volta lo ha proposto in versione
acustica per Mandela. Nella stessa forma lo ha voluto nella setlist del primo
tour con Paul Rodgers. Dopodiché eccola qui in una chiave sontuosamente rock e
a breve la sentiremo (ancora Roger?) in Fun On Earth, stavolta con Jeff Beck
alla chitarra. Si, il biondo e spesso barbuto dei Queen ama alla follia la sua
creatura.
Infine c'è la cosa forse più stramba e pazza di The
Cosmos Rocks: Surf''s U...School's Out! Ho sempre avuto il
vago sospetto che sia il risultato dell'unione di due, forse anche tre pezzi.
Proprio per questo è un brano davvero variegato, capace di cambiare di
continuo, con l'aggiunta della genialità della Small Reprise che
prende per mano l'ascoltatore e lo porta ad osservare l'orizzonte increspato
dalle onde del mare sulle quali danza il primo surfista della stagione.
So per esperienza che le recensioni – ammesso che
questa lo sia – devono sempre concludersi col classico giudizio finale, quello
che serve a suggerire al lettore l'acquisto o la bocciatura. Sono da sempre
convinto che un album vada ascoltato e solamente dopo giudicato. Il limite che
si patisce in questo caso è di sapere che si tratta di un album dei Queen senza
Freddie e John e con l'aggiunta di un cantante magari eccezionale ma non
perfettamente in linea con lo stile e il gusto che si vorrebbero associati alla
band. È una questione superabile questa? Io non credo, perché l'errore di fondo
sta proprio nel pensare che i Q+PR siano i Queen e The Cosmos Rocks un album da
aggiungere alla propria collezione accanto a Made in Heaven. È un capitolo
nuovo e diverso, che però affonda le radici in ciò che i Queen sono stati in
passato. Non so voi, ma io le radici le rispetto. Provate a farlo anche voi
mentre schiacciate il tasto play.