Freddie Mercury: La Regina e il Rock, di Ernesto Assante, White Star Libri

 


Raccontare la vita e la carriera di Freddie Mercury non è mai facile e non solo per l’abbondanza di pubblicazioni, che danno quasi la sensazione che su di lui sia stato detto e scritto troppo, talvolta anche a sproposito e con poca cura nell’individuazione delle fonti.


Il problema principale nell’offrire un ritratto autentico del cantante dei Queen risiede nella sua unicità, un complicatissimo e ancora oggi misterioso intreccio di pensieri, passioni e talenti che nel loro insieme rappresentano un mosaico variopinto, meraviglioso eppure sfuggente.

Si potrebbe dire che Freddie Mercury (o Farrokh Bulsara o il Messaggero degli Dei) sia una materia complicata, un personaggio divenuto icona pop dalla quale sarebbe meglio restare a debita distanza, limitandosi a fare ciò che lui stesso ha sempre richiesto e desiderato: concentrarsi sulla sua musica, su quell’incredibile talento vocale e autorale e lasciar perdere le infinite congetture che pure possono essere formulate sulla sua personalità.

Eppure dei tentativi vanno fatti, non per scandagliare gli episodi della sua vita privata che come tali dovrebbero restare confinati nell’oblio, anche a distanza di trent’anni dalla sua morte, ma perché cogliere il senso più profondo delle sue canzoni e delle performance sul palco e in video passa inevitabilmente anche attraverso il racconto delle sue vicende umane, oltre che artistiche.

Non si esime dall’arduo compito anche un giornalista e critico musicale come Ernesto Assante, la cui storia professionale lo mette certamente al riparo da ogni possibile dubbio sulle proprie competenze, costruite a partire da un anno fatidico per la storia della musica rock (e non solo), quel 1977 che vide i Queen protagonisti di una auto-rivoluzione con l’album News Of The World.

Il racconto di Freddie Mercury firmato Ernesto Assante è il libro fotografico LA REGINA E IL ROCK pubblicato dalla WHITE STAR LIBRI. Un volume dal grande impatto visivo, che già nella copertina sembra voler inquadrare Freddie attraverso quel caleidoscopio di colori ed emozioni che gli erano propri.

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La qualità generale del libro in termini di materiali è notevole, soprattutto grazie alle tante fotografie ad alta risoluzione che accompagnano una narrazione che vuole essere sì biografica, ma solo fino ad un certo punto. Lo scopo dell’autore, infatti, non è orientato verso la solita cronologia degli eventi messi in bell’ordine assieme a lunghe liste di dati di vendita, nomi e titoli di canzoni.

Assante ha scelto una strada diversa, forse più rischiosa, quella dell’interpretazione della figura di Freddie Mercury e, quindi, della sua arte e delle motivazioni che lo hanno spinto a edificare quell’impero musicale assieme ai suoi compagni di avventura.

Trovano così spazio le corrette interpretazioni del logo dei Queen, ideato dallo stesso Freddie, e di alcune delle sue canzoni più significative, per le quali Assante individua gli stili compositivi e alcuni riferimenti più tecnici per sottolinearne complessità e qualità.

Va detto che non mancano anche un paio di imprecisioni, una certamente trascurabile (il riferimento allo Stadio di Wembley invece di Wimbledon per la famosa corsa in bicicletta del ’78), l’altra più complicata da digerire, ovvero l’idea che furono i Queen ad insistere con Bob Geldof affinché potessero partecipare al Live Aid, quando la storia (e lo stesso Geldof) raccontano che fu il leader dei Boomtown Rats a pretendere Freddie e soci su quel leggendario palco.

Peccati veniali che tuttavia nulla tolgono alla qualità del libro, da considerare forse più come un saggio che non come una biografia, all’interno del quale la parte testuale accompagna il lettore nella visione delle immagini, a loro volta racconto nel racconto e vere protagoniste del volume.

Curiosamente i grandi assenti nel libro sono proprio i Queen, una scelta certamente dettata dalla volontà dell’autore di concentrarsi esclusivamente sulla figura di Freddie Mercury che, sebbene inestricabilmente connessa alla propria band, qui viene raccontata al di là, per così dire, dell’apporto che Brian May, Roger Taylor e John Deacon hanno dato al gruppo in termini di composizione, scelte artistiche e performance dal vivo.

Per quelli che non hanno (giustamente) una visione Freddie-centrica dei Queen, la scelta operata da Assante potrebbe apparire troppo estrema. Tuttavia la quantità di riferimenti agli stili adottati dalla band nel corso degli anni, ai successi internazionali e, in generale, al valore che la musica dei Queen ha avuto e che ha ancora oggi sul mondo musicale e sull’immaginario collettivo, annullano ogni possibilità di “fastidio” anche per chi vorrebbe che si parlasse della band nella sua dimensione unitaria.

Ed è proprio sottolineando la fortunata interazione tra i quattro membri dei Queen che Assante individua anche il valore artistico di Freddie, che non fu mai solamente un cantante, ma soprattutto parte essenziale di un unicum più ampio, grazie al quale poteva compiutamente esplorare tutto il proprio talento fuori scala

È noto che non sempre Assante è stato tenero con i Queen, preferendo concentrarsi su altri orizzonti musicali. In rete (quella che non perdona mai) ci sono tracce di quelli che erano i suoi ragionamenti sulla band, opinioni che pur essendo piuttosto risalenti nel tempo sembrano in qualche modo collidere con il progetto che ha portato alla realizzazione di questo libro.

La domanda, insomma, è più o meno questa: come può un giornalista che non ha mai amato i Queen (parole sue) scrivere un saggio biografico su Freddie Mercury? La risposta può essere quantomeno duplice: si può sempre aggiustare il tiro, modificare le proprie convinzioni e sposare una nuova linea di pensiero, in ossequio a quel vecchio adagio secondo cui “solo gli stolti non cambiano mai idea”. E poi c’è il riconoscimento, mai negato da Assante, che i Queen qualcosa di grande l’avevano davvero ed era concentrato essenzialmente nella figura di Freddie Mercury, al quale ha sempre attribuito tutti i talenti che oggi ha esplicato con cura e rispetto nel libro edito dalla White Star.

Qualcuno magari dirà che c’è anche una terza via, quella filosofia di deaconiana memoria contenuta in If You Can’t Beat Them. Del resto oggi parlare dei Queen è qualcosa che paga sempre, almeno in termini di attenzione mediatica. Ma non credo sia questo il caso e per certi versi leggere di Freddie Mercury da un critico musicale con una visione non ortodossa o fan-orientata può solo arricchire il lettore e renderlo, se possibile, ancora più consapevole di quanto straordinario sia stato questo cantante, frontman e autore di canzoni unico nel suo genere.

Da segnalare la presenza di numerosi QR Code che consentono di accedere ai video delle canzoni più famose dei Queen. Un bel modo per avere a portata di pagina la colonna sonora perfetta mentre si legge il libro.

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