Se Brian May è sempre stato il portavoce dei Queen, perché dotato
di maggiore diplomazia, anche nel difficile rapporto che la band ha con la
stampa, lo stesso non si può dire di Roger Taylor. Quando è lui a parlare, sia
che si tratti del giornalista di turno o di qualche fan, c’è da giurarci che la
sua lingua sarà senza peli ed estremamente tagliente. Del resto Roger incarna
alla perfezione la classica rockstar, bicchiere in una mano e dito medio nell’altra.
L’ultimo esempio in ordine di tempo, l’intervista apparsa in
questi giorni sul nuovo numero di Planet Rock, magazine musicale inglese che
approda in edicola celebrando con una doppia copertina proprio i Queen,
dichiarati giustamente “band dell’anno”. Il motivo è ovvio: lo straordinario (e
meritato) successo di Bohemian Rhapsody.
Il film ha fatto si che i Queen tornassero in vetta a qualsiasi
classifica, non solo nel Regno Unito ma nel mondo intero. La band è presente
tra gli album più venduti, nella categoria dei film più visti e in una quantità
pressoché infinita di altre classifiche. Un successo planetario, senza se e
senza ma, che ha riportato il gruppo là dove ha sempre meritato di stare: sulla
vetta più alta.
E questo, inevitabilmente, ha dato fastidio a qualcuno.
Lo penso anche Roger Taylor che, commentando il successo del
biopic con Rami Malek, ha dichiarato:
“Prima
che il film uscisse c’era chi si aspettava un disastro. Siamo un vecchio paese
divertente, vero? Il problema con noi è che siamo troppo fottutamente popolari
e molti media odiano questa cosa. Molte recensioni sono state buone, altre invece
hanno cercato di deridere il film e lo hanno raccontato con superficialità. Leggendole
ho pensato: 'Non capisci, vero? Non ti sei commosso. E allora fottiti.”
“Tuttavia
devo dire che avere recensioni negative di solito significa che qualcosa avrà
davvero successo. Penso che la gente sappia molto di più dei critici
cinematografici e il passaparola sui social media è molto più potente della
recensione di un ragazzo che probabilmente guarda 40 film a settimana e ha
probabilmente perso l'essenza della gioia che sta nel guardare un film.”
A quanto pare, il clamore suscitato da Bohemian Rhapsody, oltre a
rigenerare il successo dei Queen, ha anche riportato alla luce quell’astio che
la band ha avuto fin dall’inizio con la stampa, specie quella inglese, anche se
pure in altri paesi i conflitti non sono mancati.
Il fatto è che molto probabilmente chi scrive di musica non ha mai
realmente capito chi siano i Queen e quale il valore della loro musica. Etichettati
come cloni dei Led Zeppelin agli esordi, criticati per le scelte successive,
bollati addirittura come fascisti. La stampa sui Queen ha detto di tutto, segno
evidente che, in realtà, non hanno poi capito davvero molto di questi quattro
artisti e del loro modo di fare musica e di rapportarsi con il pubblico.
Ed è probabilmente quest’ultimo aspetto che ciò che ha generato il
dissidio tra la stampa e la band, se consideriamo che chi scrive di musica (o
di cinema, letteratura, ecc) lo fa quasi sempre per indirizzare le scelte della
gente. Accade anche su uno strumento moderno come i social network: tutto ciò
che viene pubblicato ha lo scopo di indirizzare, guidare, formare consensi
mirati.
Ma la forza dei Queen è sempre stata quella di avere una
connessione diretta con il proprio pubblico, letteralmente con il cuore della
gente e questo fa si che nessuna recensione negativa possa condizionare le
scelte dei fans, soprattutto quando si tratta di critiche palesemente dettate
dal pregiudizio.
Resta infine da applaudire lo stile di Roger. Il suo essere così
schietto, al limite del turpiloquio, ci restituisce la classica figura della
rockstar strafottente, legittimata a farlo non per quale stravaganza ben
congeniata, ma per la straordinaria carriera musicale che si porta fieramente
sulle spalle.