Che cos’è un trailer? L’esatto condensato di un
film? Una sorta di distillato di tutto ciò che vedremo poi al cinema? O magari
il classico specchietto per attirare ignare allodole pronte a cospargersi di
argento vivo per correre in sala il prima possibile, salvo poi restare delusi?
Sono tutte buone domande e rispondervi con esattezza
è forse il mestiere del cinefilo o del critico di professione. Ma anche un buon
appassionato di cinema può provare a rispondervi senza correre il rischio di
andare troppo al di là della verità .
Un trailer è essenzialmente un prodotto
promozionale, studiato e montato per accendere curiosità e magari anche una
dose massiccia di sano entusiasmo. Il che significa che ciò che viene mostrato
nelle anteprime, più che essere lo specchio fedele del film, è piuttosto il
tentativo di attirare lo spettatore al cinema. Avete presente le copertine e le
mirabolanti sinossi dei libri? Si? Bene, possiamo andare avanti.
L’ovvia conseguente domanda dunque è: il film mi
deluderà rispetto a ciò che ho visto nel trailer? La mia esperienza personale
mi dice che nell’80% dei casi è davvero raro che un trailer fatto come si deve
sia anche il preludio ad una pellicola che graviti alla medesima altezza.
Quante volte vi è capitato di sedervi in sala speranzosi proprio in virtù di ciò che vi hanno mostrato per mesi con i trailer e poi scoprite che: in quei video c’era davvero tutto il meglio del film; quelle clip erano anche meglio del film stesso.
Quante volte vi è capitato di sedervi in sala speranzosi proprio in virtù di ciò che vi hanno mostrato per mesi con i trailer e poi scoprite che: in quei video c’era davvero tutto il meglio del film; quelle clip erano anche meglio del film stesso.
Succede. È la dura legge dello spettacolo, che
spesso crea confezioni grandiose per prodotti che, nella migliore delle
ipotesi, avrebbero meritato la buona vecchia carta del pane.
Così, dopo aver visto e rivisto (e poi rivisto
ancora e ancora) il trailer di Bohemian Rhapsody, ho deciso di mettere bene in
vista un paio di considerazioni. Chiamatele pure linee guida. Buoni promemoria
da non trascurare nella valutazione che seguirà . Ecco dunque gli aspetti da cui
non credo si debba prescindere,
Primo: ciò che abbiamo visto è una clip lunga meno
di due minuti, sapientemente costruita e con una colonna sonora talmente
azzeccata da far saltare sulla sedia. Ma è solo la confezione di un prodotto
ben più profondo, la classica bandierina sgargiante messa in bella mostra per
attirare l’attenzione.
Secondo: Bohemian Rhapsody non è un documentario. Tra
un film e un documentario ci sono talmente tante differenze che per elencarle
tutte potremmo sederci comodamente nel nostro salotto, ascoltare tutti gli
album dei Queen, raccolte e live compresi, ed essere ancora lì a disquisire del
tema. Per cui ve la faccio breve, brevissima, roba da dummies per intenderci (e
non escludo di appartenere alla categoria, quindi concedete venia).
Un documentario ha l’obbligo della fedeltà ai fatti.
In altre parole, non puoi raccontare l’epoca fascista in Italia (il mio è solo
un esempio) ed omettere le leggi razziali. Se lo fai hai perso, il gong suona
per te e, fratello mio, sei fuori dai giochi. Hai fallito miseramente. E anche le
ricostruzioni scenografiche e i personaggi devono essere il più fedeli possibili
alla realtà , perché se fai indossare agli attori degli abiti fuori tempo, il
tuo documentario smette di essere credibile e si trasforma subito in farsa,
puro teatro.
Un film non ha tutti questi vincoli. Un film deve
alla verità lo stesso tributo che Picasso doveva alle proprie modelle quando le
dipingeva con un occhio sulla spalla e l’altro posato sul tavolo accanto alla
fioriera. Che significa? È presto detto: se durante le riprese di Bohemian
Rhapsody il direttore della fotografia si è reso conto che l’impianto luci
usato per davvero dai Queen nel 1974 non fosse cinematograficamente corretto,
cambiare tutto e creare uno stage ad hoc è lecito.
Anzi è un’operazione necessaria, perché il film deve funzionare sullo schermo in quanto opera visiva. Allo stesso modo, se si fosse deciso di mostrare i Queen in sala di registrazione con John Deacon che canta nei cori beh, va accettato se lo scopo è quello di mostrare al pubblico l’unità di intenti della band.
Anzi è un’operazione necessaria, perché il film deve funzionare sullo schermo in quanto opera visiva. Allo stesso modo, se si fosse deciso di mostrare i Queen in sala di registrazione con John Deacon che canta nei cori beh, va accettato se lo scopo è quello di mostrare al pubblico l’unità di intenti della band.
Considerazioni speciose le mie? Può darsi. Ma di
elementi simili nel trailer di Bohemian Rhapsody se ne trovano parecchi. Avete visto
Brian May che suona una chitarra acustica nel 1974? Non credo sia mai successo.
Ma del resto non sappiamo nemmeno se un gatto abbia mai passeggiato sul
pianoforte di Freddie. Però viene mostrato e questo mi piace, perché disegna
con una semplice inquadratura parte del mondo personale di Freddie.
Perché in effetti questo film racconta l’uomo oltre che l’artista e i Queen sono solamente una parte della narrazione, non la principale comunque. E quindi ciò che deve essere mostrata in tutte le sue sfaccettature è la personalità di Freddie, il suo carisma, la sua capacità di essere ironicamente tagliente, la sua forza e anche tutta la sua debolezza. Qualcosa che in questo trailer, non lo si può negare, sembra esserci davvero.
Perché in effetti questo film racconta l’uomo oltre che l’artista e i Queen sono solamente una parte della narrazione, non la principale comunque. E quindi ciò che deve essere mostrata in tutte le sue sfaccettature è la personalità di Freddie, il suo carisma, la sua capacità di essere ironicamente tagliente, la sua forza e anche tutta la sua debolezza. Qualcosa che in questo trailer, non lo si può negare, sembra esserci davvero.
Nella mia ostinata ricerca di equilibrio tra le
emozioni da fan innamorato e la valutazione oggettiva, c’è un momento del
trailer che concilia perfettamente entrambe le parti. La scena durante la
registrazione di Bohemian Rhapsody. Qui il film quasi travalica il proprio
confine e si fa documentario. Rami Malek e Gwilym Lee sono perfetti. Il tono di
voce, le espressioni, i gesti. È tutto perfetto, finemente cesellato per
offrire allo spettatore la visione di ciò che tutti noi avremmo voluto vivere
in diretta: il momento della creazione dell’opera.
Naturalmente questo è solo il primo trailer, ben
diverso da quello mostrato al CinemaCon che, invece, dalle descrizioni che
conosciamo, mostra gli esordi di Freddie in studio. Non possiamo dimenticare,
infatti, che Bohemian Rhapsody racconterà anche l’infanzia a Zanzibar, i primi
passi a Londra e tutta quella fase che porterà il giovane Bulsara a diventare
quella stella meravigliosa chiamata Mercury.
Personalmente poi, attendo con trepidazione la
storia tra Freddie e Mary. Lucy Boynton è certamente un’attrice bellissima e,
pare, dotata anche di un gran talento. Il trailer ce ne ha regalato almeno un
paio di inquadrature che ho subito fissato in immagini jpg per poterla
rimirare. E questo mi dà modo di toccare un tema caro a molti: la somiglianza.
Non è assoluta necessaria. Non quella meramente
estetica, perlomeno, per quanto di certo aiuti, come ha aiutato Val Kilmer nel
ruolo di Jim Morrison. Tuttavia, quando si realizza un biopic, il rischio di
puntare tutto sull’estrema somiglianza tra gli attori e i personaggi reali può
davvero generare pessime figure. Cast completamente sbagliati, trucchi troppo
perfetti per essere realistici, mera imitazione. Niente di tutto questo deve
far parte di Bohemian Rhapsody. Anche in questo senso il trailer fa davvero ben
sperare, al netto di somiglianze non sempre perfette a seconda dell’inquadratura.
Ma se gli attori, Rami su tutti per forza di cose,
avranno saputo costruire su se stessi i giusti movimenti, gli accenti e le
inflessioni, gli sguardi e se tutto questo sarà supportato da una storia davvero
sincera, pur se connotata delle inevitabili libertà artistiche (se ci fossero,
non credo vadano condannate se non sono pura alterazione della verità ), allora
la sfida sarà vinta per davvero e, una volta tanto, il trailer non sarà stato
mero specchio, ma autentico scorcio di un’opera ben più grande che meriterà le
nostre mani arrossate e spellate per gli applausi.
Lo so, forse non ho espresso chiaramente il mio
parere sul trailer. Magari sto tergiversando, preda del timore di essere troppo
sbilanciato in favore della mia parte critica o di quella più sinceramente
romantica. Oppure sono ancora in piedi, le braccia puntate al soffitto e un’espressione
di pura gioia sul viso. Perché quello che ho visto e rivisto decine di volte
non può che farti saltare sulla sedie e smuoverti, fisicamente e nell’anima. Perché
non è solo un film. È la storia. La storia de Queen e di Freddie Mercury!