Lo scorso anno (era il mese di Maggio) la rivista
TeamRock ha pubblicato un breve articolo scritto da Brian May. Un vero e
proprio tributo per rendere onore a John Lennon, di cui proprio ieri sarebbe
stato il 77esimo compleanno. Ecco le parole del nostro chitarrista.
“Quando ero ancora un ragazzo, i miei genitori non mi hanno consentito di andare a vedere i Beatles in concerto. Erano convinti che ai concerti pop ci andassero persone poco raccomandabili. Quindi non ho mai avuto modo di ammirare il più grande fenomeno musicale del 20° secolo. Ma dal momento in cui ho ascoltato Love Me Do alla radio, il primo singolo dei Beatles, ho capito subito che questo giovane gruppo aveva qualcosa di magico, perché rappresentavano la voglia tipica degli adolescenti di sfondare nel mondo negli anni '60.
È impossibile dubitare che la combinazione di
questi quattro musicisti fosse qualcosa di unico, un pezzo di magia su un
milione, il gruppo ideale capace di ispirare tutti i gruppi rock a venire e
riscrivere la struttura non solo della musica popolare, ma dell'intera cultura
dei giovani dell’epoca.
Ma, al contempo, era evidente che era John Lennon al
centro di questo potere straordinario. Accanto al genio melodico del suo
amico Paul McCartney, al fuoco spirituale emergente di George Harrison e
sicuramente al batterista più originale del suo tempo, Ringo Starr, è stato il
successo di Lennon a tenere i Beatles con fermezza in una posizione nel
panorama musicale semplicemente fuori dal comune e agli estremi di una
creatività straordinaria.
Non c'è abbastanza spazio qui per descrivere tutti
i capolavori di Lennon, ma basta ascoltare canzoni come Tomorrow Never Knows, Lucy
In The Sky With Diamonds, I Am The Walrus e Strawberry Fields Forever per
restare senza fiato. Nulla di simile è mai stato creato in tutta la storia
della musica.
Lennon, da essere un adolescente sinceramente poco affascinante, si è sviluppato
nel ragazzo più cool della terra, tanto da aver scritto cose come "I Want
To Hold Your Hand"; ha poi abbracciato la psichedelia, trasformandola
in qualcosa di musicalmente valido; e
poi ha lasciato i Beatles quando ha sentito che tutto era diventato un gioco
poco profondo al quale non voleva più partecipare; e, infine, ha dedicato
tutto sé stesso alla promozione della pace quando si è dedicato alla propria
carriera solista, quasi certamente producendo il più grande, il più audace e
personalmente rivelante album solista mai fatto, che comprendeva canzoni come
Jealous Guy, God e l'inno immortale per l'umanità, Imagine."
(Fonte: teamrock.com)
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L'influenza determinante che hanno avuto i Beatles sulla musica dei Queen è evidente in tutta la produzione della band di Freddie Mercury e soci, a partire da brani come Doing All Right fortemente influenzati dalle sonorità dei Fab Four.
Indimenticabile poi l'omaggio scritto da Freddie in onore di John Lennon. La sua Life Is Real resta una ballata emozionante e struggente, che lo stesso cantante definì "una mia canzone in stile Lennon". E, sempre nell'era Hot Space, i Queen resero omaggio al cantante proponendo la loro personale cover di Imagine, una versione struggente eseguita poco dopo la morte di Lennon.
Anche nelle carriere soliste dei quattro Queen non mancano i rimandi e i riferimenti più o meno espliciti alla musica dei Beatles e di Lennon in particolare. Roger Taylor, ad esempio, ha inciso una splendida cover di Working Class Hero e il brano Smile (contenuto nell'album Fun On Earth) ricorda le classiche ballate della band di Liverpool. Lo stesso Brian May non è stato da meno, portando in tour assieme a Kerry Ellis una versione acustica di Life Is Real e Something di George Harrison. A ulteriore conferma di quanto i Beatles continuino a influenzare ancora oggi anche artisti come i Queen, che pure nulla avrebbero da "imparare".