Ho sentito cantare per la prima volta di Kerry Ellis
nel 2002 con il cd del musical We Will Rock You e ricordo di esserne rimasto
favorevolmente colpito. Poi c’è stata la versione orchestrale di No-One But
You, incisa assieme a Brian May e Roger Taylor e in quel caso l’emozione fu
davvero grande perché quel brano non può che commuoverti tutte le volte.
Proseguendo negli anni, ho ritrovato Kerry accanto a
Brian May, non solo su disco (Anthems) ma anche e soprattutto sul palco. Ho
visto il loro show due volte e in entrambi i casi la mia ammirazione nei
confronti di Kerry è cresciuta, perché dal vivo è davvero brava e le sue
qualità tecniche e interpretative emergono ancora più che su disco. E poi è una
ragazza simpatica, ha una risata che conquista e nell’interazione con Brian è
evidente che la sua presenza giova anche al nostro Doc.
Da pochi giorni ascolto con piacere il loro nuovo
disco. Golden Days è esattamente ciò che mi aspettavo, ma anche qualcosa in
più. Se dovessi usare un solo termine per definire l’album, userei la parola
onestà , perché in ogni brano emerge la sincerità con la quale questi due
artisti hanno messo assieme questo disco. Altro elemento preponderante è la
qualità della produzione: sebbene Brian suoni la sua Red Special in modo assai
istintivo, quasi dal vivo, ogni canzone è definitiva in modo perfetto e tutti
gli strumenti (a proposito, ci sono anche Rufus Taylor e Neil Fairclough)
suonano in modo elegante, secondo una amalgama che talvolta nelle
auto-produzioni manca.
Certo, Golden Days non è un disco ricco di sorprese.
I brani totalmente inediti sono un paio. Il resto è composto da cover che
attingono al passato individuale (la titletrack è in origine un pezzo scritto
da Brian per Minako Honda) o che appartengono alla storia della musica,
compresa quella italiana con il rifacimento di I Who Have Nothing nella quale
Kerry duetta con Irene Fornaciari (li ricordate tutti e tre sul palco di
Sanremo, vero?).
Love In A Rainbow è l’inedito che apre il disco.
Scritto da Brian e Kerry rappresenta la perfetta sintesi dell’intero album.
Golden Days è un lavoro votato alla luce, alla positività e nella canzone che
apre il disco questi elementi sono evidenti e sublimati da sonorità tra il pop-rock
e la psichedelia anni Sessanta. It’s Gonna Be All Right è invece la spiegazione
di Brian May per tutti coloro che si domandano perché talvolta parla di un
“malessere che non vuole passare”. Il testo parla di attacchi di panico e della
volontà di non farsi vincere dalla forza oscura che ne deriva attraverso un
vero e proprio mantra ripetuto per tutto il brano: andrà tutto bene. Non è una
canzone triste o cupa, tutt’altro. Si tratta di qualcosa che trasuda speranza
ed energia, sintomo della volontà di non cedere, nemmeno quando il respiro si
spezza e il mondo si accartoccia su se stesso fino a costringerti in un angolo
di sofferenza.
Il resto, come detto, non è fatto di sorprese ma
piuttosto di piacevoli conferme, a partire dalla canzone che dà il titolo al
disco e che resta a mio avviso il momento più riuscito, pur non essendo un
brano inedito. Già note sono poi le restanti canzoni, anche se in un paio di
casi (Born Free e The Kissing Me Song) gli arrangiamenti sono stati
rimaneggiati rispetto alle versioni che conoscevamo già . Non mancano nemmeno i
classici momenti voce e chitarra, nei quali Kerry può fare ampio sfoggio delle
proprie doti canore. Se conoscete Anthems, credo che in Golden Days trovere una
Ellis diversa, più matura e meno costretta nei perimetri tipici del musical. In
effetti in questa seconda prova in studio Kerry è più cantante pop/rock che
interprete di teatro. Credo sia un bene perché rende il disco molto più
godibile, soprattutto per chi il mondo dei musical non lo digerisce facilmente
(e io sono tra questi).
Forse Golden Days non è un album chitarristico e
quindi per certi versi il tipico marchio di fabbrica alla May è meno
preponderante, sebbene sia il collante di ogni brano e in alcuni casi
(Parisienne Walkways su tutte) emerga in modo potente e coinvolgente. E non
mancano le armonie vocali che, pur essendo a quasi esclusivo appannaggio di
Kerry, contengono elementi che non possono non ricordare almeno in parte i
meravigliosi cori dei Queen.