Ammetto di non essere
particolarmente incline alle critiche, soprattutto quando queste
riguardano l'oggetto della mia passione, nel caso specifico i Queen.
Una volta qualcuno ha detto che essere innamorati di qualcosa esclude
per definizione qualsiasi possibilità di manifestare dubbi e
lamentele. In effetti là fuori c'è chi della lamentela a oltranza
ne ha fatto una sorta di mestiere, una di quelle cose buone per i
perdigiorno con le tasche gonfie di tempo e così a volte si ha
l'impressione di assistere a quelle scene (un po' patetiche,
diciamocolo) in cui un gruppo di anziani logorati dalla vita dedica
le proprie energie a spargere mangime per piccioni. A onor del vero
quella della critica a tutti i costi è, con tutta probabilità, la
via più semplice, perché è molto più facile demolire piuttosto
che costruire un ragionamento attorno a ciò che si dice di amare.
Naturalmente, giunto di fronte al bivio, ho fatto ormai da tempo la
mia scelta e così eccomi qui, ancora una volta, a dipanare la
matassa della mia opinione su A Night At The Odeon, il nuovo dvd dei
Queen.
Se vi è capitato di
inciampare nel mio Blog (e se lo avete fatto intenzionalmente vi
ringrazio. In caso contrario do il benvenuto ai nuovi lettori) avrete
forse già letto la mia valutazione della parte audio. In quel caso
ho manifestato più di una perplessità, tutte legate alla
circostanza che questo nuovo album è temporalmente troppo vicino, e
quindi troppo simile, a quel capolavoro che risponde al nome di
Rainbow. Quello è stato un prodotto eccezionale, sotto ogni punto di
vista e sebbene questa volta abbia dovuto rinunciare all'edizione
Super Deluxe, il punteggio in favore di Rainbow resta immutato anche
dopo aver visto il dvd.
Ogni volta che lancio a
me stesso (e a voi che state leggendo) la sfida di fingermi abile
censore di un prodotto come Odeon, sistemo sulla mia scrivania quelli
che Stephen King definirebbe “ferri del mestiere”. Nel mio caso
si tratta di oggetti immateriali, ma non meno importanti di un buon
vocabolario e di un dizionario dei sinonimi e contrari: si tratta
della consapevolezza che io, a differenza dei Queen e della loro casa
discografica, non ho esperienza (e quindi competenza) in fatto di
dischi, dvd musicali e tutto quello che ruota attorno alla
pubblicazione di un prodotto come Odeon. Si tratta di un ricordare a
se stessi qual è il proprio punto di partenza, il proprio grado di
conoscenza (o di ignoranza se preferite). Credo sia un buon modo per
mettersi al riparo da pessime figuracce e tributare un sincero
omaggio all'antico detto secondo cui le minestre vanno prima
assaggiate (e i libri prima letti, i film visti e i dischi,
naturalmente, ascoltati).
Tuttavia, come ho detto
all'inizio, oggi sono qui per manifestare le perplessità che Odeon
ha portato con sé esattamente il 24 Novembre (!) con l'edizione
cd+dvd. Se avete letto qualche mio precedente commento, saprete
quanto io tenga all'estetica dei prodotti musicali e temo non vi
meraviglierete se non sarò positivo rispetto all'immagine di
copertina del disco. Potrei passare del tempo alla disperata ricerca
di una frase giusta, ma talvolta è bene arrivare subito al dunque.
Il mio dunque è questo: la copertina di Odeon è brutta. E lo è per
almeno due ragioni: primo, non sopporto la rappresentazione che i
Queen danno di sé in certe pubblicazioni, esteticamente tutte
incentrate su Freddie. I Queen erano quattro (oggi sono due più
qualcosa di diverso rispetto al passato, ovviamente), ergo sulle
cover dovrebbero esserci tutti. Di più, in questo caso c'è una
scelta dei colori davvero poco convincente, tanto che si ha la netta
sensazione che l'immagine abbia subito un qualche tipo di
scolorimento dovuta all'eccessiva esposizione ai raggi del sole (non
è così, ma l'effetto è il medesimo). In alcuni punti appare
addirittura opaca, un effetto forse dovuto al fatto che la figura di
Freddie è avvolta dal fumo del palco, il che contrasta terribilmente
con la facciata dell'Hammersmith e quei raggi arcobaleno che forse
avrebbero avuto (almeno) un senso per Rainbow. Ma tant'è, l'autore
dell'artwork meriterebbe una sonora strigliata, forse da quel Richard
Grey ringraziato nei credits ma credo (e spero) non autore della
copertina incriminata.
Il packaging in sé
funziona, ma questa è una considerazione davvero personale dato che
ho sempre detestato i cd “inscatolati”, preferendo i più
eleganti digipack. All'interno della copertina sono riprodotti
locandina e biglietti e nel booklet fanno bella mostra di sé alcuni
scatti in B/N tratti dal concerto. Una nota dolente nelle famose
indicazioni “Queen are”: a John Deacon, oltre al basso, vengono
attribuite anche le backing vocals. Non vorrei sbagliare, ma credo
che a John il microfono venisse opportunamente scollegato onde
evitare fughe in massa. Strano che nella revisione finale un
dettaglio così rilevante non sia stato risolto con un bel tratto di
penna. O magari nel 1975 l'ugola di John faceva concorrenza almeno a
quella di Brian May? Ne dubito fortemente.
Il dvd vero e proprio si
apre con la facciata principale dell'Hammersmith da cui è possibile
accedere ai vari contenuti. Gli extra sono in verità ben poca cosa:
ci sono tre brani tratti dallo show alla Budokan Hall di Tokio che
però per qualità audio/video sono un mero riversamento dai nastri
originali senza alcun intervento. Insomma, sono circa 15 minuti di
bassa qualità, ma che meritano comunque di essere visti (i Queen
meritano di essere ammirati anche in low-fi, sia chiaro a tutti voi
là fuori!). L'extra più rilevante è ovviamente il mini
documentario: dura circa 20 minuti ed è un'intervista a Brian May e
Roger Taylor condotta da Bob Harris, lo stesso che presentò i Queen
sul palco dell'Odeon 40 anni fa. E qui c'è forse la vera sorpresa:
il filmato non è di questi giorni e, ad occhio e croce, potrebbe
risalire a non oltre il 2010. I capelli di Brian sono ancora di un
bel nero corvino e a Roger non è spuntata la barba da hypster. In
più, il documentario si conclude con una bella sforbiciata sulle
immagini (queste restaurate) dello show di Hyde Park del 1976. La
sensazione quindi è che probabilmente Odeon era già pronto ad
uscire ancora prima che i Queen firmassero per la Universal e il
documentario presente nel dvd è solo una parte di un progetto più
ampio che forse vedremo già l'anno prossimo (ammesso che le
pubblicazioni stiano davvero seguendo l'apparente ordine cronologico
visto finora).
Voglio spendere ancora
qualcosa parola sul mini documentario: credo sia sempre interessante
poter ascoltare le parole degli artisti che si soffermano sul proprio
passato e, senza voler anticipare troppo per chi deve ancora vederlo,
a colpire sono le reazioni di Brian e Roger quando parlano di Freddie
e John. In entrambi i casi gli atteggiamenti che emergono, anche dal
linguaggio del corpo, sono davvero differenti: Brian è quello su cui
cala sempre un certo velo di tristezza quando l'argomento trattato è
Freddie, mentre per John ha sempre parole di stima come musicista, ma
è evidente che non ama parlarne più del dovuto. Dal canto suo,
quando parla di Freddie a Roger si illuminano gli occhi,
letteralmente, e si comprende che dei due lui è quello che ha fatto
davvero pace con la perdita dell'amico (come ammette spesso lo stesso
Roger del resto). Di John invece non dice praticamente nulla,
lasciando a Brian l'incombenza. Intendiamoci, qui non voglio avanzare
ipotesi o, peggio, interpretazioni sui rapporti interni alla band, ma
queste sono sfumature che mi colpiscono sempre, al di là dei
contenuti dell'intervista (che è comunque interessante). Ultima nota
positiva: il documentario è sottotitolato anche in italiano.
Chi ha avuto
l'opportunità di assistere all'anteprima di Odeon in occasione del
Freddie For A Day aveva già avuto modo di descrivere un concerto
magnificamente restaurato, sia sotto il profilo audio che video. È
un'impressione che diventa certezza non appena le immagini iniziano a
scorrere sullo schermo. In alcuni passaggi, soprattutto quelli più
ravvicinati, sembra davvero impossibile che si stia guardando
qualcosa accaduto 40 anni fa. Per me che provengo dalla generazione
delle vhs e che vivo in quella dei filmati traballanti di Youtube, lo
stupore per certi risultati tecnologici non passa mai. Tuttavia è
innegabile che rispetto ad altre esibizioni dello stesso periodo, i
Queen appaiono meno disinvolti del solito, come peraltro hanno
ammesso gli stessi Brian e Roger in più di un'occasione. La presenza
delle telecamere ha finito con il condizionare una band non ancora
del tutto a proprio agio con una presenza poco discreta come quella
della BBC, soprattutto se si tiene conto che nel 1975 i Queen avevano
ancora tutto da giocarsi in termini di popolarità. Di più, la
diretta televisiva ha condizionato lo show anche dal punto di vista
del suo normale svolgimento, come spiega Brian May nel documentario
inserito negli extra.
Ma queste finiscono col
diventare delle vere minuzie se ci si concentra sul concerto e su
quanto accade sul palco. La potenza scenica messa in mostra dai Queen
è folgorante e Freddie è già quell'animale da palcoscenico che
tutti conosciamo. Ammirarne le evoluzioni, i gesti e le pose in uno
spazio così ristretto è per certi versi ancora più affascinante di
location ben più ampie come gli stadi degli anni '80. Osservarlo
significa rivivere ciò a cui hanno assistito coloro che all'Odeon
c'erano per davvero: la nascita di una rock star e di un frontman di
prima grandezza, capace di non farsi limitare nemmeno dallo spazio
esiguo di un palco ricavato in un altrettanto angusto teatro
(all'Hammersmith la capienza era di circa 3500 persone). Certo, la
musica dei Queen ha bisogno dei grandi spazi, delle arene da almeno
15mila posti, ma qui siamo di fronte alla storia della musica che
genera se stessa, in presa diretta e in un formato straordinario.
Guardando Odeon potrete
vivere sulla vostra pelle tutti i brividi che solo i Queen sono in
grado di offrire. Li sentirete scorrere ogni volta che Brian viene
inquadrato durante un assolo e anche quando Roger Taylor e John
Deacon disegneranno quelle ritmiche potenti e senza respiro,
architrave fondamentale della band, come ho già avuto modo di dire
in passato. Naturalmente resta il rammarico per non avere a
disposizione una setlist più completa, con Boh Rhap che di fatto è
l'unica testimonianza (assieme a God Save The Queen) dell'album
uscito appena un mese prima. A Night At The Opera contiene canzoni da
cui è impossibile prescindere, e non mi riferisco all'inflazionata
Love Of My Life, ma a quelle autentiche meraviglie che sono Death On
Two Legs, I'm In Love With My Car, You're My Best Friend e The
Prophet's Song, tanto per citare un pezzo a testa. Se all'Odeon
avessero eseguito anche questi brani, oggi potrei dirvi che la mia
dipendenza da questo dvd è destinata a durare per parecchi mesi,
forse addirittura anni, vista la fame atavica di concerti anni '70
cui siamo stati costretti a patire per così lungo tempo.
E invece, alla fine del
filmato, un po' di amaro in bocca resta. O forse sarebbe meglio dire
un leggero languore, quello che nasce dall'aver assaporato un piatto
prelibato ma frutto di un menù incompleto e già provato appena
dodici mesi fa (senza dimenticare la profusione di bootleg in
circolazione da anni). Questa, se proprio volete vederla come una
critica, non è diretta al concerto in sé, quanto piuttosto alla
scelta di commercializzare uno show davvero troppo simile a Rainbow
(e ci risiamo, lo so!). È un po' come se a distanza di appena un
anno avessero diffuso Wembley e poi Budapest: un certo senso di
dejia-vù credo che alla fine ci avrebbe colto tutti quanti. Per
stavolta, quindi, mi accontento del digipack cd+dvd, felice di sapere
che con i Queen anche l'accontentarsi diventa puro godimento.
Prima di pubblicare
questa recensione, aggiungo una valutazione sui dati di vendita che,
al momento, non sono niente affatto confortarti, sia in Italia che in
altri paesi. Tanto per fare un esempio, qui da noi al momento Odeon
non rientra nemmeno in top20 tra i dvd e a stento raggiunge quota 55
in quella degli album più venduti. Sono dati che contrastano
parecchio con le critiche (spesso durissime) che noi fans abbiamo
diffuso in rete negli ultimi anni, da quando cioè abbia capito che
la Queen Productions e la EMI non avevano alcuna intenzione di
pubblicare concerti anni Settanta. Ora che anche grazie alla
Universal questo andamento è certamente mutato, il responso non è a
mio avviso all'altezza delle polemiche di cui molti di noi (me
compreso) si sono resi protagonisti. È difficile stabilirne le cause
e forse sarebbe troppo semplicistico sfruttare l'argomento
“ripetitività” per giustificare i mancati acquisti. Più saggio
(forse) ricordare a noi stessi che da sempre gli album live non hanno
vita facile in classifica, anche oggi che i dvd o i bluray sono
diventati di uso comune. Il fatto è che il pubblico più generalista
sceglie la musica che può ascoltare distrattamente in auto o in casa
durante le faccende domestiche, tutte attività per le quali un
concerto non è il sottofondo ideale. Uno show dal vivo richiede
tempo e quindi attenzione per essere capito, a differenza di un
prodotto confezionato in studio e quindi adatto anche ad un orecchio
per così dire “radiofonico”. Certo resta il grande dilemma
legato ai tanti, tantissimi fans dei Queen che forse hanno scelto di
scaricare Odeon a costo zero. Non è una critica la mia, perché
all'ipotesi “disaffezione” che pure qualcuno ha avanzato come
spiegazione, preferisco l'idea che dopotutto di questi tempi 20 o 30
euro in più nel portafogli fanno comodo.
@Last_Horizon