Bohemian Rhapsody. Ecco cosa significa secondo Lesley-Ann Jones e Tim Rice


Delle opere d'arte non si finisce mai di parlare. Anche quando sembra che del loro mistero abbiano svelato ogni aspetto, giunge sempre qualche nuova rivelazione (o interpretazione) che riporta sotto i riflettori un capolavoro e il suo autore. È il caso di Bohemian Rhapsody, la canzone del millennio, che quest'anno compie i suoi primi 40 anni e che quindi sta giustamente ricevendo l'attenzione che si deve tributare a tutto quello che ha influenzato e cambiato una fetta importante della storia della musica. È anche una delle canzoni più enigmatiche dei Queen, di cui fin dalla pubblicazione (avvenuta esattamente il 31 ottobre del 1975) si è cercato di comprenderne il reale significato, quasi che il testo sapientemente costruito da Freddie fosse una sorta di sorriso di una Gioconda in musica, cangiante a seconda di come lo si osserva, mutevole in base a chi prova ad offrirne una personale visione.


Lo stesso Mercury non ha mai voluto spiegare davvero il senso di alcune delle frasi realmente enigmatiche che compongono la canzone e, suoi perfetti complici, anche il resto dei Queen hanno mantenuto il giusto riserbo, un alone di mistero che certamente ha contribuito a rendere il capolavoro unico nel suo genere. Una volta Freddie disse che le canzoni devono essere interpretate dall'ascoltatore e quindi, potremmo dire, esistono tante versioni di Bohemian Rhapsody quanti sono i fans dei Queen. È questo il modo migliore per donare vita eterna ad una canzone, che non smetterà mai di sorprendere perché l'ascoltatore, privato di linee guida da parte dell'autore, sarà libero di vivere il brano secondo le proprie personali emozioni. Senza un vero significato di sé, Bohemian Rhapsody smette di essere semplicemente una canzone per diventare il mezzo attraverso cui l'ascoltatore può vivere un'esperienza personale, magari completamente diversa da quella cui Freddie è giunto per crearla.

Ma, come detto, quest'anno ricorre un anniversario che davvero nessuno può ignorare. Gli stessi Queen si apprestano a celebrare il capolavoro con la pubblicazione del concerto A Night At The Odeon e con una versione del singolo in formato 12 pollici che arriverà nei negozi il 27 novembre in occasione dell'americano Black Friday. Nel frattempo i media hanno ripreso a parlarne, non solo per ricordare l'uscita del singolo avvenuta quattro lustri fa, ma anche per cimentarsi nell'interpretazione del testo. Degna di nota è la versione proposta dalla scrittrice Lesley-Ann Jones, già autrice di una biografia dedicata proprio a Freddie Mercury e molto apprezzata dai fans (pubblicata in Italia col titolo I Will Rock You per Sperling&Kupfer), secondo la quale la “rapsodia bohema” altro non sarebbe che una sorta di coming-out con cui Freddie ha voluto confessare la propria omosessualità.

D'accordo con questa interpretazione è Sir Tim Rice, che con Freddie Mercury ha avuto modo di lavorare all'epoca di Barcelona in qualità di co-autore di alcuni testi dell'album e che al Daily Mail ha spiegato:

E' abbastanza ovvio per me che questa canzone sia il coming-out di Freddie. Ho parlato con Roger Taylor a proposito di questo. C'è un messaggio molto chiaro nel testo. Questo è Freddie che ammette di essere gay”.

Continua ancora il paroliere inglese: “Nella frase che recita 'Mamma, ho appena ucciso un uomo', Freddie non fa altro che raccontare di aver ucciso il vecchio sé stesso, la sua precedente immagine. Mentre con la frase 'Ho messo una pistola contro la sua testa, Ho premuto il grilletto, ora è morto' Freddie descrive l'uccisione della persona retta che era in origine. Ha distrutto l'uomo che stava cercando di essere, e ora questo è lui che cerca di vivere con il nuovo Freddie. Inoltre nel testo con la frase 'Vedo una piccola sagoma di un uomo', ci spiega di essere ancora ossessionato da quello che ha fatto e da ciò che è diventato. Ogni volta che sento la canzone penso a lui che tenta di scrollarsi di dosso un Freddie per poterne abbracciare un altro. E credo che fosse molto vicino dal riuscirvi piuttosto bene.”

Non c'è dubbio che l'interpretazione proposta dalla Jones e supportata da Rice abbia un che di affascinante e sono convinto che in tanti abbiano già pensato a qualcosa di simile. Eppure resta difficile stabilire se questa interpretazione si avvicini alla realtà. Per quanto una canzone (ma lo stesso vale per un romanzo o un dipinto) nasca dall'esperienza personale del suo autore, spesso il risultato finale se ne distacca completamente, quasi che l'originaria ispirazione sia stata solo una scintilla concessa all'artista per diventare il mezzo attraverso cui raccontare una storia, un'esperienza. A questo va aggiunto un aspetto troppo spesso sottovalutato: nessuno sa (tranne forse gli stessi Queen) quali ricerche abbia svolto Freddie per giungere alla creazione della sua rapsodia. Sebbene sia sempre stato un autore estremamente istintivo, nel caso di Bohemian Rhapsody Freddie non ha lesinato lo “studio della materia”, come del resto lui stesso ha ammesso in varie interviste. Del resto non è possibile giungere alla creazione del perfetto connubio tra rock e opera senza dotarsi degli strumenti necessari per ottenere un risultato così eccelso. E, si sa, l'opera trae il proprio nutrimento proprio dal dramma, da quel concatenarsi di passioni che spesso generano il delitto, la tragedia. In questo senso Bohemian Rhapsody rappresenta la perfetta incarnazione di quel genere, con tanto di attore protagonista che vive le proprie passioni e si macchia del delitto più atroce e cerca conforto dalla propria madre, da intendersi più come incarnazione dell'amore e quindi del perdono. C'è quindi la possibilità che Bohemian Rhapsody sia semplicemente una storia di fantasia dettata da un'ispirazione di cui non conosceremo mai l'origine. Dopotutto anche questa è una bella storia, non vi pare?

(Fonte delle dichiarazioni: www.dailymail.co.uk)

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