È l'eterna questione che rende insonni
le notti di milioni di fans sparsi in tutto il mondo. I primi ad aver
patito il dramma della suddivisione in fazioni sono stati gli
appassionati dei Beatles, da decenni in eterno conflitto tra coloro
che considerano John Lennon il vero fautore del successo della band e
quelli che invece ritengono Paul McCartney il miglior autore del
gruppo. C'è stato poi lo scontro, anche legale, tra David Gilmour e
Roger Waters dei Pink Floyd, degenerato a tal punto da far gridare
allo scandalo quando il chitarrista riformò il gruppo senza il mai
troppo sopportato bassista, padre/padrone della psichedelica
formazione. Ma di esempi ne potremmo fare davvero tanti e, statene
certi, alla fine non si troverà mai una soluzione convincente. Il tema aimé affligge da qualche tempo
anche il mondo dei fans dei Queen che, all'indomani della morte di
Freddie e il successivo ritorno della band nelle sue varie forme, ha
a sua volta generato contrapposizioni, talvolta anche feroci, tra chi
non vede altro che Freddie Mercury, in alcuni casi assurto a vero e
proprio Dio onnipotente (!) e altri che più prosaicamente ricordano
che i Queen erano (e io, aggiungo, sono) una band composta da quattro
(ora due) musicisti, ciascuno con la propria importanza e una buona
dose di meriti senza i quali i Queen, semplicemente, non sarebbero
stati tali. Avrete già capito che io appartengo a quest'ultima
categoria, per quanto detesti l'idea che i fans possano avere al loro
interno fazioni, gerarchie, squadre e altro. Ma è inutile fingersi
sognatori, la realtà è ben diversa e anche una cosa in apparenza
semplice come la passione per un gruppo rock determina scontri e
dissapori. Poco male, ciò che conta è non travalicare mai la soglia
del fanatismo. Negli anni credo di aver dimostrato una certa dose di
equilibrio, dettata soprattutto dal rispetto per l'altrui pensiero.
Altri non possono certamente dire lo stesso, nemmeno quando la
gestione di siti, forum e pagine social dovrebbero indurli ad
assumere posizioni meno intransigenti e ottuse di quanto non
facciano.
Quella che segue dunque è solo la mia
opinioni, perfetta per me ma non necessariamente condivisibile da chi
è là fuori e legge il mio blog. Credo sia una buona (e doverosa)
premessa per andare avanti: qui nessuno vuole convincere altri di
essere nel giusto, anche perché in effetti non esiste alcuna
certezza quando si tratta di punti di vista. Tuttavia non si può
negare che in questa faccenda qualcosa di concreto cui aggrapparsi
esiste ed è proprio lì, davanti ai nostri occhi e a disposizione di
orecchie disponibili all'ascolto. Qualsiasi biografia sui Queen vi
dirà a un certo punto che è stata l'unica band ad avere al primo
posto un singolo per ogni membro del gruppo. Può sembrare roba da
poco, in realtà è un risultato incredibile, che non si è mai
ripetuto nella storia della musica. Anche John Deacon, quello dei
quattro che in apparenza ha dato meno alla band dal punto di vista
artistico, è stato al contrario determinante anche dal punto di
vista commerciale perché, con ogni probabilità , se non ci fosse
stato un 45 giri clamoroso come Another One Bites The Dust, l'approdo
dei Queen nei complicatissimi anni '80 avrebbe avuto un esito ben
lontano da quello che oggi ricordiamo.
La storia musicale dei Queen può
essere suddivisa dal punto di vista autorale in due grandi fasi: gli
anni '70 in cui i grandi successi furono ad esclusivo appannaggio di
Freddie e Brian e gli anni '80 nei quali progressivamente Roger e
John hanno assunto un ruolo sempre più rilevante, fino a giungere
alla vera e propria trasformazione del sound della band. A Roger
Taylor, ad esempio, si deve l'introduzione dei sintetizzatori, mentre
a John Deacon va riconosciuto il tentativo (a volte riuscito, a volte
meno) di esplorare nuovi territori musicali. Di fatto un album
controverso come Hot Space nasce proprio da Bites The Dust e sebbene
quel disco non venne apprezzato (ma oggi le rivalutazioni sono in
costante aumento), Hot Space segnò un solco proseguito da un certo
Michael Jackson. E che dire poi di canzoni come Radio Ga Ga, A Kind
Of Magic e Innuendo? Non sono stati semplici riempitivi, né il
libero sfogo di un batterista stanco di restare nascosto da piatti e
tamburi. Si tratta di brani che hanno segnato il successo commerciale
dei Queen ma anche la ridefinizione di un sound che proprio nel
rinnovamento costante ha puntato per restare sulla vetta del mondo.
Ma in quella suddivisione in epoche di
cui dicevo, ravviso un'ulteriore elemento poco esplorato ma che i
fans più riflessivi non disdegnano di riproporre nelle varie
discussioni in corso sul web. Mi riferisco al fatto che negli anni
'80 Freddie Mercury scelse di fare un passo indietro come autore,
assumendo al contempo il ruolo a tempo pieno di cantante e performer.
Se si esclude Crazy Little Thing Called Love, dal 1980 al 1989
Freddie non ha più scritto pezzi di successo, il che ovviamente non
vuol dire che non abbia composto canzoni stupende. Ma è innegabile
che brani come Staying Power, It's A Hard Life e Princes Of The
Universe non riuscirono a spingere i Queen verso quei primi posti che
gli furono garantiti dalle composizioni degli altri tre membri. In A
Kind Of Magic addirittura Freddie scrisse una sola canzone (Princes)
e l'accreditamento come co-autore di Pain Is So Close To Pleasure e
Friend Will Be Friend fu più una forma di ringraziamento di John per
qualche aiuto qua e là , piuttosto che una reale compatercipazione ai
pezzi in questione. E da The Miracle in poi il contributo di ciascuno
si è poi fatto più confuso, salvo qualche evidenza (I Want It All
non può che essere un brano di e nello stile di Brian May).
Mentre scrivo sento già le prime
obiezioni sfrecciarmi sul capo incassato prudentemente tra le spalle:
ma allora Freddie è valso qualcosa solo negli anni '70? Dopo, tra
feste ed eccessi vari ha smarrito quella proverbiale vena creativa?
La mia risposta non può che essere lapidaria: no! La riduzione del
suo impegno come autore, peraltro confermata dal fatto che a un certo
punto sentì il bisogno di uno sfogo extra Queen pubblicando due
album solisti (esattamente la stessa necessità che Roger Taylor ha
patito dal 1977!), non ha affatto intaccato la sua vena creativa che,
forse, ha semplicemente iniziato ad estrinsecarsi più verso i brani
scritti dagli altri tre compagni di avventura che rispetto alle
proprie canzoni. Non è facile capire come siano andate la cose, ma
la storia ci racconta di una band in cerca di nuovi equilibri capaci
di non distruggere quanto fatto nei primi dieci anni di attività .
C'era, in altre parole, il bisogno di far camminare i Queen con gambe
e motivazioni nuove. Fu lo stesso Freddie a spingere verso questo
cambiamento, perché invogliare John e Roger a darsi da fare con la
penna voleva dire garantirsi musica nuova e mai sentita prima, ovvero
l'unica cosa capace di assicurare ai Queen un futuro che per altre
band era geneticamente precluso.
Freddie Mercury si è quindi
trasformato da autore a frontman in un modo ancora più intenso di
quanto non fosse stato per tutti gli anni '70. Fu a mio avviso una
scelta consapevole, voluta e profondamente pianificata per dare al
pubblico una versione nuova dei Queen e per costruire all'interno
della band un nuovo equilibrio capace di soddisfare l'ego di tutti e
quattro i componenti. Tutto questo non ha portato ad un decadimento
della qualità degli album, ma solo ad un cambio di rotta. Che senso
avrebbe avuto proporre ancora i vecchi cliché infarcendoli di synth
e sonorità pop? Bisogna rompere gli schemi e andare oltre, in un
certo senso azzerando tutto quanto fatto nella decade precedente. Un
principio di trasformazione dunque, in omaggio al simbolo della
Fenice voluto dallo stesso Freddie per rappresentare lo spirito del
gruppo. Un meccanismo che peraltro si stava ripetendo negli anni '90
con la proposizione di un nuovo sound, nuovi stili e ruoli ancora una
volta rivoluzionati con l'attribuzione di tutte le canzoni all'intera
band.
Naturalmente la domanda iniziale resta:
che contributo hanno dato Brian, Freddie, Roger e John ai Queen?
Impossibile rispondere attribuendo ad ognuno delle percentuali
costanti. Ciascuno, a seconda del momento, ha dato qualcosa in più
degli altri tre o magari ha impreziosito un brano non suo con un
assolo, un ritmo, una performance. Somebody To Love sarebbe stata un
capolavoro senza la chitarra di Brian May? We Will Rock You sarebbe
diventata un inno senza la voce di Freddie? Non credo. Del resto i
Queen erano una macchina perfetta e per certi versi miracolosa
proprio in virtù dell'interazione tra quattro caratteri e
sensibilità spesso agli antipodi. Per questa ragione non vedo di
buon occhio tutti quei fans che portano avanti l'idea che i Queen
fossero la band di Freddie Mercury. È un concetto che non sarebbe
piaciuto per primo a Freddie che, soprattutto negli anni '80, spinse
John e Roger a scrivere canzoni. I risultati gli hanno dato ragione,
a patto di non commettere l'errore di paragonare un album come A
Night At The Opera a The Works. Non perché uno sia migliore
dell'altro, ma semplicemente perché si tratta di due dischi
differenti, nati in epoche e talmente distanti da far credere che a
suonarli siano addirittura due gruppi diversi. È questa la forza e
l'unicità dei Queen: non essere mai uguali a se stessi e rimescolare
ogni volta le carte in tavola . Da parte sua l'ascoltatore non può
fare altro che accettare l'idea di essere fan non di una sola band,
ma di mille gruppi diversi, distanti tra loro anni luce, eppure
dotati di una sola anima. Anzi, di quattro anime...rolled into one.
@Last_Horizon