Ci sono ricordi che hanno il potere di travolgerti come un'onda di
risacca che ti trascina via verso l'orizzonte della memoria. Quando
accade l'orologio sembra davvero tornare indietro nel tempo e sulla
pelle tornano a scorrere le emozioni con lo stesso tocco impetuoso
provato anni prima. È come se ti si instillasse nella mente un terzo
occhio che è anche una macchina del tempo che inizia a scorrere a
ritroso e mentre le immagini scorrono veloci sorridi, perché sai che
il luogo in cui sei destinato ad approdare è uno dei momenti più
importanti della tua vita. Nel 2008 si è realizzato uno di quei sogni che tieni gelosamente
custodito nel cassetto, nascosto sotto una pila di vecchie fantasie e
che non getti via solo perché ci sei affezionato. Avete presente
quel primo paio di jeans che avete indossati da ragazzini e che oggi
non vi va più? Continuate a portarvelo dietro tra un trasloco e
l'altro perché in quella taglia ormai troppo stretta si nasconde
tutto un mondo dal quale non vorreste separarvi per nulla al mondo.
La possibilità di vedere dal vivo i Queen era qualcosa di simile: il
desiderio inespresso perché irrealizzabile, legato ad una stagione
della vita, l'adolescenza, che non può tornare ma che alberga ancora
nel profondo, pronto ad emergere solo come sogno ad occhi aperti. Che
potesse diventare realtà era una cosa che apparteneva al mondo
dell'impossibile. Nemmeno un bravo illusionista avrebbe potuto farci
qualcosa. Però il sogno era lì e ogni tanto, lo confesso, gli davo
anche una sbirciatina, per quanto mi facesse male. Poi arriva quel
Settembre e capisci che i Queen sono pronti a farti l'ennesimo
regalo. Torna ragazzino mi dicono, indossa quel paio di jeans e vieni
a cantare a squarciagola con noi.
Aprire quel cassetto è stata un'esperienza che non potrò
dimenticare. È una frase fatta lo so, ma a volte bisogna dire le
cose riducendole all'essenziale per darvi il giusto significato. Quella giornata è
stata magnifica, per tante ragioni e me la porto dentro con la stessa
caparbietà con cui si conservano vecchie foto, magari anche un po'
sbiadite come tutte le cose appartenenti ad una vita fa.
Rispolverarle fa bene al cuore e ti rimettono sul viso un sorriso da
cui sai di non esserti mai staccato del tutto.
Di quelle ore ricordo tutto vividamente, ma alcune cose le terrò
per me. Sapete, un concerto non è mai solo un concerto! Tuttavia ci
sono delle immagini da spandere sul tavolo della memoria, quasi
fossero le carte dei tarocchi la cui corretta disposizione apre delle
porte. E la mia si spalanca sul Palalottomatica, così enorme mentre
si affolla di gente. L'occhio viene catturato all'istante dalla
batteria con il nome Queen scritto sulla grancassa, attorno alla
quale si agitano i tecnici che mettono a punto gli ultimi dettagli
del palco.
Le immagini scorrono ancora e le luci calano all'improvviso. Il
buio è accompagnato dall'onda del pubblico, un urlo che sale e ti
avvolge, ti trascina in un vortice nel quale sei felice di lasciarti
andare. In cambio ti chiede solo di gridare a tua volte e tu lo fai,
ancora e ancora. Intanto i tuoni ti scuotono dentro e sai che la
tempesta che ne seguirà sarà fatta di suoni unici e magici.
Il nastro corre veloce e ci sono i Queen sul palco, con la
batteria di Roger che ti colpisce nel ventre e la chitarra di Brian
che si attorciglia alla spina dorsale e tu non puoi far altro che
cantare con Paul, canzone dopo canzone, sgranando un rosario di
emozioni che attendi di recitare da una vita intera. E quando succede
non sei sugli spalti, ma su quel palco. I Queen ti hanno preso, non
c'è posto dove tu possa fuggire.
C'è gioia in questi ricordi e la risonanza che da essi emana si
propaga nel tempo. La musica dei Queen è come un sasso lanciato al
centro dello stagno della mia esistenza. Le onde si propagano in
cerchi sempre più ampi, il loro destino è toccare la riva ma anche
andare oltre, per irrorare di linfa vitale i campi della mia
coscienza. Chi non vive così la musica dei Queen non potrà mai
capire quel giorno e le parole di quest'oggi. Chi non sente Brian,
Roger, John e Freddie dentro non potrà mai essere, sempre e
comunque, un fan dei Queen. È un dato di fatto questo o, se
preferite, uno schiaffo di quelli che fanno vibrare la faccia.
Potete non essere d'accordo. Venitemi pure a dire che quel giorno non
è successo nulla di eccezionale, niente che meriti di essere
ricordato anno dopo anno. Sono pronto ad ascoltarvi, ma perdonate il
sorriso indulgente che ho sulle labbra. E abbiate la compiacenza di
tollerare il mio capo che scuote. No, non per il disappunto. Le
vostre parole nemmeno le ascolto. Ma Roger ha iniziato a suonare We
Will Rock You e io sono ancora lì, per sempre al Palalottomatica.