Sherlock On Air, di Adele Guerra, Aras Edizioni


Il nome di Sherlock Holmes è universalmente conosciuto anche da chi non ha mai letto una delle storie scritte da Sir Arthur Conan Doyle. Basta accennare una delle sue tipiche espressioni o fare riferimento al suo iconico abbigliamento perché chiunque sia in grado di riconoscerlo.

Nato oltre un secolo fa, Sherlock Holmes è il primo esempio di come la letteratura possa svolgere un ruolo di puro intrattenimento senza rinunciare ad una scrittura di qualità. Merito di Conan Doyle, fine autore di trame e personaggi, ma anche penna di elevatissima qualità, senza alcun dubbio uno dei maggiori scrittori di tutti i tempi.

Tuttavia, il talento non sempre basta per sancire il successo di un'opera e non certamente per un periodo di tempo così lungo. Fin dalle prime apparizioni sullo Strand Magazine, le avventure di Sherlock Holmes hanno generato un interesse al di là di ogni più ragionevole aspettativa, creando quel fenomeno che oggi, nell'era della tecnologia e della condivisione social, conosciamo come “fandom” ma che sul finire del 1800 era qualcosa di completamente nuovo e moderno.

Oggi Sherlock Holmes non è più solo materia letteraria, avendo travalicato il mondo della carta per approdare in nuovi contesti, dal teatro al cinema, passando per i fumetti e la televisione. Soprattutto quest'ultima ha considerato l'inquilino del 221B di Baker Street come qualcosa da plasmare a proprio piacimento (o quasi) per offrire al pubblico storie sempre nuove, anche se sempre legate al “canone” originale di Doyle.

Sherlock Holmes e, ovviamente, il Dr Watson sono approdati in televisione ben prima di quanto il pubblico più giovane possa credere. Le serie con Basil Rathbone e Jeremy Brett hanno rappresentato per anni appuntamenti immancabili per milioni di appassionati, pronti a rivivere le indagini ideate da Conan Doyle.

Ma l'elenco dei prodotti televisivi ispirati a Sherlock Holmes è ancora più ampio e giunge fino ai giorni nostri con due serie ancora in onda, amatissime da un pubblico trasversale, fatto sia di appassionati del canone che delle nuove leve che, proprio grazie alla televisione possono oggi dirsi seguaci delle proverbiali imprese del duo Holmes/Watson.

Le serie in questione, solo le ultime in ordine di tempo c'è da giurarci, sono Sherlock ed Elementary, la prima realizzata dalla BBC inglese, l'altra prodotta negli Stati Uniti. Ad entrambe l’autrice e studiosa ADELE GUERRA ha dedicato lo splendido saggio SHERLOCK ON AIR pubblicato nel 2015 da ARAS EDIZIONI.

Va detto che leggere qualcosa che riguardi Sherlock Holmes è sempre affascinante, anche quando non si tratta di un vero e proprio racconto. Leggerne il nome significa essere immediatamente avvolti da un'atmosfera particolare, per certi versi confortevole nonostante il tema riguardi sempre un delitto, un atto di violenza contro il quale Holmes è pronto a mettere in campo tutte le proprie capacità per giungere ad una soluzione e smascherare così il colpevole.

Questa condizione così particolare, questa sorta di fascinazione è spiegabile con la natura stessa del giallo, un genere letterario capace di attivare emozioni profonde nel lettore, quasi una sorta di catarsi. Ed è proprio dal ruolo del giallo e dalla sua storia che l'autrice inizia la propria analisi, presupposto fondamentale per comprendere il personaggio Sherlock Holmes nella sua versione classica (o canonica), per poi giungere alle incarnazioni più recenti con Sherlock ed Elementary.

Si potrebbe dire che il saggio della Guerra è già vincente ancora prima di giungere al suo tema principale proprio perché SHERLOCK ON AIR offre uno studio approfondito e non banale del giallo, inteso come genere letterario in grado di conquistare il lettore attraverso sottilissime dinamiche psicologiche, fino a diventare in epoca moderna oggetto e soggetto ideale per cinema e televisione.

Poste le basi e indicati i riferimenti, la Guerra introduce le due serie, proponendo un confronto che tuttavia non vuole essere una valutazione che ha come scopo finale quello di stabilire quale sia l'opera più meritoria. L'obiettivo, semmai, è quello di offrire al lettore due percorsi paralleli per esaltare le differenze, spiegare le motivazioni che hanno determinato i due adattamenti e sottolineare come e quanto entrambe siano arrivate a generare l'interesse di un vastissimo pubblico, rinnovando così il fenomeno Sherlock Holmes.

Sherlock ed Elementary sono due serie molto diverse, pur avendo in comune per ovvie ragioni numerosi aspetti e soluzioni narrative. Eppure, se messe a confronto, risultano più simili a due rette divergenti, con in comune solo l'origine, l'idea nata dalla penna di Conan Doyle e il desiderio dei loro rispettivi show runner di creare qualcosa capace di reinventare e attualizzare l'intero mondo di Sherlock Holmes e delle sue avventure.

I dettagli e gli spunti di riflessione presenti in SHERLOCK ON AIR sono tantissimi e su ognuno sarebbe possibile scrivere ulteriori articoli di approfondimento, generando così nuovi campi di indagine. Il risultato è quello di riuscire a coinvolgere più tipologie di lettore: dall'appassionato dello Sherlock Holmes classico a quello più orientato alla fruizione televisiva del personaggio, passando per il lettore di gialli e il cultore di fiction e serie.

Naturalmente con il progredire della lettura la domanda alla quale l'autrice non risponde risulta comunque inevitabile: meglio Sherlock o Elementary? Più convincente la performance di Cumberbatch o quella dell'americano Miller? Sono più coerenti le trame del prodotto made in USA o quelle pensate all’ombra della Torre di Londra?

A tutte queste domande l'unica risposta possibile è che a vincere è ancora una volta Sherlock Holmes e la sua capacità di essere pur sempre Holmes anche se sottoposto a modernizzazioni, trasferimenti geografici e innovazioni di ogni genere. È la sua universalità, il suo essere personaggio letterario immortale a rendere valide entrambe le serie, ciascuna con le rispettive peculiarità che ne fanno prodotti televisivi di alto, se non altissimo livello.

Un'ultima annotazione sul testo che contiene vari passaggi lasciati in lingua inglese. Una scelta che non deve spaventare e che anzi contribuisce a connotare il saggio di Adele Guerra di un ulteriore valore, quello della ricerca particolareggiata delle fonti, un aspetto essenziale e assai piacevole per il lettore più attento e che trova conferma anche nell'ambia biografia che conclude il libro.

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