Queen + Adam Lambert a Milano: l’analisi dopo il concerto




Quando un’altra festa finisce e le luci iniziano a spegnersi, resta sempre l’ultimo invitato a rimestare dal suo bicchiere di birra ormai mezzo vuoto. Lo fa standosene in un angolo, mentre c’è chi ha già iniziato a ripulire tutto e fare ordine tra la devastazione lasciata dagli invitati. È colui che si fa carico, sbornia permettendo, di riflettere su quanto ha visto, per tirare le somme e fare le veci di chi è vinto dalle proprie emozioni e rinuncia all’ingrato compito di esprimere un giudizio.


Stavolta l’amaro calice provo a berlo io. Lo faccio da una posizione apparentemente privilegiata. Da una distanza ragguardevole e mediata dai video, dalle foto e dai racconti altrui. Scordatevi, almeno per questa volta almeno, la descrizione del concerto dei Queen + Adam Lambert. Quella la state facendo voi, in modo splendido non c’è che dire, attraverso tutto il materiale che mi avete inviato e le incredibili parole con cui avete raccontato la vostra esperienza al Forum di Assago.

A me resta solo l’ultimo passo, forse il più antipatico, possibile proprio perché al concerto non c’ero e posso quindi soffermarmi sugli aspetti per così dire più materiali della serata. Mi riferisco al Forum mezzo vuoto che ha accolto, seppur tra urla di tripudio, Brian May, Roger Taylor e Adam Lambert.

I dati di vendita dei biglietti sono apparsi inequivocabili quando mancava ormai una manciata di giorni allo show: su circa 9000 biglietti disponibili, almeno 2000, forse di più, erano ancora risolutamente chiusi nei cassetti di Vivaticket. 

Risultato? La sera del 25 Giugno il Forum di Assago non ha mostrato la sua faccia migliore, quella che sempre si conviene quando gli ospiti sono una Regina e una Madama, per dirla alla Brian May. Non c’è stato lo sperato sold-out e nemmeno ci si è avvicinati abbastanza da poter dire che, dopotutto, gli spalti erano gremiti in ogni ordine di posto, secondo le migliori cronache calcistiche. E questo sebbene, giova ribadirlo, alla fine il concerto sia stato come sempre straordinario, con una band che ha dimostrato di essere ancora in grado di dare il meglio di sé, spazzando via critiche e perplessità.

Cosa è successo, dunque? È questo l’interrogativo sul quale ammetto di essermi arrovellato nelle ultime ore, subito dopo aver giubilato per le foto di coloro che Brian hanno potuto meritatamente incontrarlo nel pre-show. C’erano alcuni amici, persone per me importanti. Vederle abbracciate a lui mi ha reso felice. Davvero.

Ho provato a individuare i punti a sfavore del concerto. Prima però è bene tenere a debita distanza l’assioma che forse qualcuno starà già cavalcando, dimostrando ancora una volta scarsa lungimiranza. L’assioma secondo cui “forum mezzo vuoto = fallimento dei Q+AL” è, detto senza mezzi termini, una cavolata. Ed è pure facilmente confutabile.

Quello dell’altra sera è stato il quarto concerto della band in Italia: i tre precedenti (Milano, Sogliano e Bologna) hanno segnato il tutto esaurito (o ci sono arrivati vicinissimi). In tutta Europa il tour è sold-out quasi ovunque e, in generale, è da 8 anni che la band si esibisce in tutto il mondo e continuerà ancora a farlo, almeno fino a Settembre con le date multiple a Las Vegas. Per un gruppo che di fatto non discograficamente attivo, il risultato è a dir poco clamoroso.

Bisogna quindi capire perché, in un contesto così positivo, ha trovato spazio il classico buco nell’acqua. Ho provato a sintetizzarne le ragioni, consapevole che le spiegazioni non siano tutte qui.

I prezzi troppo elevati. È la critica maggiore che ho potuto riscontrare in rete, unitamente alla scelta di fissare il concerto di lunedì (ma questa è una causa minoritaria, almeno secondo alcuni).

La scelta di riproporre per la seconda volta consecutiva uno show esteticamente identico al precedente, a pochi mesi dal passaggio bolognese della band. A questo va ad aggiungersi, ovviamente, la critica forse più fondata: la setlist perennemente bloccata sempre sulle stesse hits. 

Quest’ultimo è un tema complicato, lo sappiamo bene. I Queen per certi versi sono “schiavi” dei loro successi, talmente tanti che da soli bastano a riempire un concerto di due ore e mezza, fagocitando lo spazio a brani più di nicchia o mai proposti dal vivo con Adam. 

Va anche detto che altri artisti sono molto più liberi in questo senso e non hanno difficoltà a proporre scalette molto più “avventurose”, senza che ciò spaventi in alcun modo il pubblico.

C’è quindi un altro aspetto, forse più sfuggente. L’elemento culturale. Il dubbio, cioè, che il pubblico italiano non abbia né l’abitudine a vivere certi eventi, né la voglia di avvicinarsi ai Q+AL nel modo migliore possibile. 

Volendo essere più chiari, il timore è che nel nostro paese la stragrande maggioranza dei fan sia ancora convinta che i Queen “erano” stati la bandi “di” e non “con” Freddie Mercury, con tutte le conseguenze negative che ne possono derivare.

Una volta soddisfatta la curiosità di vederli dal vivo, il pubblico generalista, quello cioè che non colleziona tutti gli album ed è in grado di appassionarsi solo alle hit radiofoniche, semplicemente non nutra interesse nel rivedere un concerto che è stato una sorta di remake di quanto già visto le volte precedenti.

In questo senso, un altro punto a sfavore potrebbe essere la scelta di insistere ancora sullo stesso palco, tecnologicamente e visivamente impressionante ma che, visto una o due volte, smette poi  di suscitare l’interesse del grande pubblico.

Per certi versi si potrebbe dire che i fan di vecchia data hanno meno voce in capitolo nelle scelte degli artisti. Ma è indubbio che il dato non esaltante riscontrato a Milano non può che far riflettere sulla necessità di dare alla collaborazione tra i Queen e Adam Lambert un impulso nuovo e diverso, sia in termini di show che di proposta musicale.

Da anni sono un fervente sostenitore che l’unica via per essere realmente innovativi e, quindi, interessanti sia quella di cimentarsi con del materiale inedito. È un tema di cui si parla spesso, anche se nelle ultime interviste l’argomento sembra essere sparito anche dalle domande dei giornalisti, più interessati all’uscita di Bohemian Rhapsody. 

Va anche detto che l’esito non certo esaltante di The Cosmos Rocks (registrato con Paul Rodgers e, purtroppo, osteggiato anche da una grossa fetta di fan, oltre che paradossalmente anche dalla EMI), ha spinto soprattutto Brian May a rivedere l’idea di incidere canzoni nuove, relegando la propria creatività alle sporadiche occasioni che si concede assieme a Kerry Ellis.

Naturalmente, resta la visione globale del tour, nell’ambito del quale quanto visto a Milano sembra quasi essere un dato spurio, difficilmente collocabile in un contesto assai diverso. Il tempo delle analisi, almeno per gli stessi Queen, è comunque ancora lontano. Ci sono altri concerti da portare in giro per l’Europa e a Settembre ci sarà modo di sperimentare (forse!) uno show assai diverso in quel di Las Vegas. E chissà che tra le polveri della città del peccato, la svolta qui paventata non si palesi in qualcosa di realmente sorprendente.