L'inviato
del sito Empire ha raggiunto nei giorni scorsi il Bovingdon Airfield,
un ex aerporto militare trasformato in studi cinematografici. Si trova
a circa 20 miglia a nord di Londra e su una delle piste di
atterraggio è stato ricostruito il palco del Live Aid dove, nel
1985, i Queen si esibirono nella più grande performance della storia
del rock.
Dagli
altoparlanti si può sentire la registrazione originale di quel
concerto, con il classico duetto tra Freddie Mercury e il pubblico in
uno dei momenti più caldi di quell'incredibile giornata. Sul palco
il giornalista ha potuto ammirare Rami Malek nei panni di Freddie
così come abbiamo imparato a conoscerlo da quando sono circolate le
prime foto dal set. Mentre il coro entra in gioco, il regista Bryan
Singer ferma le riprese e chiede: "Qualcuno può portare un
computer con il video del Live Aid?". A quel punto, l'illusione
di essere tornati per davvero al 1985 si infrange con la realtà dei
lavori in corso.
Questa
è la prima settimana delle riprese di Bohemian Rhapsody, il film che
sta vedendo finalmente la luce dopo 26 anni dalla morte di Freddie
Mercury e dopo aver attraversato una fase iniziale in cui il ruolo
del protagonista sembrava essere saldamente nelle mani di Sacha Baron
Cohen. L'idea è nata con Cohen e con lo sceneggiatore Peter Morgan,
il cui script originale venne proposto nel 2010 al produttore Graham
King, con il quale Cohen stava girando il film Hugo Cabret di Martin
Scorsese.
"Era
molto carino nei panni di Freddie", dice King in un dialogo con
il giornalista dell'Empire che si svolge a pochi metri dal palco del
Live Aid. Ma nel corso del tempo qualcosa non è andato per il verso
giusto.
Nel
marzo del 2016, Cohen è apparso nel programma radiofonico di Howard
Stern, dicendo che nelle intenzioni dei Queen vi fosse l'idea di far
morire Freddie a metà del film per poi raccontare "della forza
" con cui i restanti membri della band fossero riusciti ad
andare avanti. Suggeriva quindi Cohen in quell'occasione come tra lui
e i Queen vi fosse una differenza di approccio, dato che lui avrebbe
voluto raccontare di quanto Freddie era selvaggio, di quanto estremo
fosse il suo stile di vita. Tuttavia Brian May ha sempre negato che
le cose stessero effettivamente così.
La
versione del chitarrista trova oggi conferma nelle parle di King:
"Penso
che Cohen sia rimasto sconvolto di non poter raccontare la storia che
avrebbe voluto portare sullo schermo. La parte fastidiosa di tutta
questa faccenda è che tutta la stampa ha dato addosso a Brian May,
facendolo passare per colui che vuole il controllo sul film, ma non è
davvero così. Il dolore profondo che ho visto in Brian e la
situazione che si era creata mi hanno fatto temere che alla fine lui
e Roger Taylor potessero dirmi di non voler più realizzare il film.
Di certo posso dire che non c'era una versione della sceneggiatura in
cui Freddie muore a metà del film. Sacha voleva sicuramente portare
il film in una direzione che io e la band non avevamo mai pensato
fosse quella giusta. Non avevo la sensazione che la visione che aveva
in testa coincidesse con la storia che volevo raccontare, ovvero la
celebrazione della vita di Freddie e della sua la musica. Nel film
sarà presente anche un lato più oscuro della sua esistenza, ma
essere equilibrato da quel tono celebrativo che vogliamo usare. Il
film esplorerà la vita sessuale di Mercury e toccherà anche il tema
dell'HIV, ma finirà con la storia del Live Aid, sei anni prima della
sua morte. La cosa più importante è comunicare il magnetismo di
Mercury e raccontare la sua storia, cioè quella di "un figlio
immigrato, nato a Zanzibar e cresciuto a Mumbai, venuto in
Inghilterra per diventare questo ragazzo che indossava un cappotto di
pelliccia e unghie laccate in Top Of The Pops. E poi, al top della
sua carriera, contrae questo virus. Voglio che la gente lasci il
cinema in lacrime, ma anche con un sorriso sul viso.”
(Fonte:
www.empireonline.com)