Ci
sono un mucchio di cose che crediamo durino per sempre, a cominciare
dalla vita stessa. Eppure tutto è già segnato, incardinato in un
percorso destinato in un modo o nell'altro a interrompersi, per
lasciare posto a ciò che verrà dopo. E poi ci sono le leggende,
quelle che sfidano il tempo, si fanno carico di lottare contro le
traiettorie finite dell'esistenza per diventare immortali. Tutti
vorremmo essere così, almeno un po'. Ognuno di noi vorrebbe avere il
potere di cancellare il proprio nome dalle sabbie del tempo, ma in
pochi ci riescono per davvero. Tra questi naturalmente c'è lui,
Freddie Mercury.
Su
Freddie sono state dette tante cose e molte altre se ne diranno nel
corso dei prossimi decenni. Oggi, giorno del suo 70esimo compleanno,
è l'occasione giusta per ricordarne la storia, i successi, il
tragico epilogo poi sublimato dall'essere diventato vera e propria
icona. Ma chi era davvero Freddie credo che nessuno possa dirlo, a
parte i Queen, Mary Austin e quelle pochissime persone che con lui
condivisero un pezzo di vita. Poco importa. Essere fan non vuol dire
conoscere l'artista, né tanto meno possederlo. Basta molto meno, a
conti fatti una manciata di dischi, qualche buon video, una biografia
che ci spieghi per sommi capi qual è stato il suo percorso
artistico. Le leggende, quelle vere, sono ben altra cosa di un
mucchio di statistiche, dati di vendite e gossip.
Me
lo sono chiesto spesso in questi 30 anni: chi è Freddie Mercury? Si,
ne parlo al presente perché non sopporto l'idea che lui appartenga
al passato. Oggi che è il suo compleanno faccio scorrere lo sguardo
sui dischi, ascolto la sua musica, ne rileggo con affetto le
dichiarazioni e sorrido delle sue risate sornione eppure timide. Lo
rivedo salire sul palco, il pugno levato al cielo, impettito di
fronte al suo pubblico, inimitabile nella sua capacità di percorrere
quella linea sottile che sta tra l'essere ammaliatore e, allo stesso
tempo, vittima della propria gloria. Freddie ha sempre spinto al
massimo sul pedale dell'acceleratore, superando la velocità della
luce, non solo per abbattere il tempo ma anche per essere, oggi come
sempre, un “messaggero degli dei”. Perché la sua voce è un
dono, una perla cesellata con studiata delicatezza, connubio perfetto
tra potenza ed eleganza. Un fiore unico, cresciuto in un terreno
fatto di alchimia e quindi di magia e razionalità, capace di
piegarsi con voluttà per soddisfare il proprio pubblico, ma senza
mai farsi dominare dal vento che soffia.
Freddie
è tutto questo e molto altro ancora. Freddie è soprattutto
l'emozione che ti cattura quando ascolti le sue canzoni. È il
sostegno, il coraggio, l'allegria che traspare dalle sue movenze, dai
duetti con il pubblico, dagli ammiccamenti giocosi rivolti a chi
condivide il palco con lui. Ma Freddie è soprattutto una presenza
costante, simile a quella mano posata sulla spalla che senti addosso
tutte le volte che ne hai bisogno. Lo capisci quando accendi la radio
e trovi una canzone dei Queen e te ne rendi conto quando ti soffermi
ad ascoltare un disco o guardare un filmato: Freddie è vivo, sta per
salire sul palco.
Ecco,
le luci si sono spente, Freddie appare all'improvviso sul palco,
illuminato da un unico riflettore che lo staglia come una stella
sullo schermo nero del cielo. Ha il microfono stretto tra le dita e
tutti attendiamo col fiato sospeso il suo incitamento. Sembra
fissarci tutti, uno ad uno, quasi a volersi sincerare che non manchi
nessuno. Questa è la sua festa, oggi è il suo compleanno e siamo
qui, radunati di fronte a lui, il cuore in tumulto. Poi Freddie fa un
passo avanti mentre l'aria satura dell'attesa sembra esplodere in
mille scintille. Inizia a cantare, un unico grande vocalizzo che si
spande tutt'attorno e che ci cattura, ci porta in alto e ci fa
vibrare. Le mani battono a tempo, i muscoli guizzano sotto i vestiti
e i piedi non possono stare fermi. È una magia, una benedizione. È
Freddie Mercury. Lui è qui, è vivo, per sempre. Lo sentite anche
voi, vero?