“Ladies and Gentlmen, this is Queen”. Inizia così il
concerto dei Queen all'Hammersmith Odeon nel dicembre del 1975, con
la voce di Bob Harris che annuncia la band sul palco. A Night At The
Odeon è il nuovo attesissimo live album, ideale successore di
Rainbow, che appena un anno fa ha finalmente iniziato a colmare la
grave lacuna in una discografia che sembrava aver fatto calare
un'ingiusto (e ingiustificato) velo sui primi anni di carriera dei
Queen. Ma grazie alla Universal Music la prospettiva sembra essere
definitivamente mutata e Odeon è solo il secondo passo di un
progetto ben più ampio che si svilupperà nei prossimi anni.
Il concerto di Hammersmith, lo sappiamo, è uno di quegli snodi
cruciali che ogni biografia dei Queen non manca di citare. Bohemian
Rhapsody era stato alla fine di ottobre di quell'anno un vero e
proprio razzo che aveva proiettato la band nell'Olimpo delle
classifiche di tutto il mondo e A Night At The Opera si era rivelato
un disco destinato a durare nell'immaginario collettivo, osannato
tanto dal pubblico quanto dalla critica. Anche per questo, alla
vigilia di Natale del 1975 la BBC (un network che non si muove mai
per caso) scelse di filmare quasi interamente la performance di una
band che ormai aveva brillantemente superato ogni possibile paragone,
divenendo essa stessa termine di paragone per tutti gli artisti a
venire.
Tuttavia, sebbene ANATO fosse stato pubblicato appena un mese prima,
le setlist per il tour dei Queen risentivano ancora fortemente degli
album precedenti, con Sheer Heart Attack a primeggiare anche sul
nuovo lavoro. Di ANATO, infatti, Odeon ci offre solo Boh Rhap,
perfettamente incastonata come ogni gemma preziosa che si rispetti,
in un medley di rara bellezza, un sunto meraviglioso di ciò che i
Queen erano in quel momento della loro storia.
Proprio la tracklist di questo disco è forse la prima nota dolente
che salta all'occhio: talmente simile a quella di Rainbow da non
destare autentiche sorprese. Il secondo neo (purtroppo, ma questo è
un parere davvero personale) è la cover, che soffre terribilmente
dell'assenza di Richard Grey. Stavolta i Queen hanno affidato
l'intero artwork del disco ad una nuova società e non sono del tutto
convinto che la scelta sia stata delle migliori. S dell'idea che gli
album dei Queen debbano proporre o immagini concettuali (in stile
Innuendo, tanto per capirci) o fotografie dell'intero gruppo. Da
tempo, tuttavia, la scelta di omaggiare (e sfruttare l'immagine) di
Freddie è preponderante in quasi ogni nuova pubblicazione, il che
rischia di consolidare l'idea (totalmente sbagliata) che i Queen
fossero anzitutto Freddie, il che paradossalmente contrasta con le
incarnazioni della band portate in scena da Brian e Roger negli
ultimi anni. Di più, stavolta, vi è una resa grafica che non mi
convince, con un effetto “arcobaleno” che forse avrebbe trovato
più logica per Rainbow. Il libretto, come spesso accade per gli
album live, è piuttosto scarno, e presenta una serie di scatti in
bianco e nero tratti dal concerto e le classiche note finali (le
trovate sulla pagina facebook del Blog).
Questa, come recita il titolo, è solo la descrizione di un'anteprima
audio, il che significa che manca l'aspetto saliente di Odeon, ovvero
quell'impatto visivo che costituisce il cardine di una pubblicazione
come questa. Il rischio (calcolato per chi vi scrive) è quindi
quello di offrirvi una rappresentazione in tono minore di un concerto
che, al contrario, merita grande entusiasmo. Ma qui non posso che
restare ancorato a ciò che ho a disposizione e non ho timore nel
dire che, concluso l'ascolto dell'album, non sento scorrere addosso i
brividi che Rainbow seppe regalarmi. Certo, in quel caso avevo a
disposizione la Super Deluxe, per cui nessun paragone emozionale è
davvero possibile, ma non si può negare che ascoltare un concerto
pressoché identico non aggiunge nulla di nuovo a quanto sappiamo
(senza dimenticare che Odeon è uno dei concerti più diffusi a
livello di bootleg e quindi in gran parte già ascoltato un'infinità
di volte).
Ma i Queen sanno stupirti sempre e non è certo una tracklist senza
scossoni che può davvero incrinare la mia voglia di godere di questo
concerto. Gli elementi per considerarlo un gioiello (l'ennesimo di
questa incredibile corona) ci sono tutti: proprio come per Rainbow
(non riesco a tralasciare il paragone) a dominare la scena sono
soprattutto Roger, Brian e John, mentre Freddie da un punto di vista
vocale deve ancora diventare quella creatura insuperabile che
conosciamo tutti. Ma la struttura musicale è perfetta, nonostante
qualche sbavatura qua e là, probabilmente dettata dalla presenza
intimidatoria delle telecamere, così come qualche versione un po'
più lenta del solito di alcuni pezzi come Now I'm Here che apre
l'esibizione.
Straordinarie come sempre White Queen e Liar, che offrono a tutta la
band la possibilità di mettersi in mostra, con esecuzioni
emozionanti, che riescono a trascinare l'ascoltatore per tutta la
loro durata. E anche il pubblico presente all'Hammersmith manifesta
il proprio apprezzamento. E qui c'è un'altra sostanziale differenza
con Rainbow, dove la gente presente in sala era meno coinvolta e più
ancorata all'algido stile inglese. All'Odeon invece il pubblico gioca
un ruolo fondamentale nel creare l'atmosfera dello show e sappiamo
quanto l'interazione con i fans sia uno degli ingredienti più
rilevanti in un concerto dei Queen. L'entusiasmo dei presenti lo si
percepisce soprattutto alla fine del secondo medley (quello con
Jailhouse Rock) quando a dominare la scena ci sono due minuti di
acclamazioni che il pubblico rivolge alla band nel frattempo
arretrata nel backstage. Il bis che risponde alla richiesta della
folla comprende Seven Seas Of Rhye e See What A Foll I've Been.
Naturalmente non voglio guastarvi più del dovuto l'ascolto del disco
e del resto le impressioni personali devono contare soprattutto per
chi le formula. A voi resta il compito (piacevolissimo) di vivere
questo concerto canzone dopo canzone, lasciando fluire dentro di voi
i mille colori di questa performance, le atmosfere, le singole
sfumature e i passaggi che i singoli strumenti disegnano. C'è molto
da fare ascoltando A Night At The Odeon: bisogna indossare l'armatura
e scendere sul campo di battaglia dove l'orco ci attende famelico;
occorre saggiare la prima volta di Boh Rhap dal vivo, magistralmente
intrecciata con Killer Queen e soprattutto con The March Of Black
Queen che del capolavoro del '75 rappresenta la genesi. E poi bisogna
attraversare i potenti territori descritti dalla Red Special di Brian
May, che fa esaltare l'ascoltatore durante il suo lungo e classico
assolo in Brighton Rock, mentre il potente maglio sonoro costruito da
Taylor/Deacon colpisce con forza su brani come Keep Yourself Alive.
Su tutto domina la presenza di Freddie che, pur non essendo una
figura del tutto compiuta (vocalmente, lo ribadisco) è già in grado
di conferire ad ogni singola canzone una personalità unica,
vigorosa, ammaliante. Lo si capisce ascoltando capolavori come In The
Lap Of The Gods....revisited e Liar, durante la cui esecuzione
Freddie si trasforma nel pifferaio di Hamlin: potrebbe portarti
ovunque e tu lo seguiresti senza alcun indugio.
Una menzione particolare va fatta per l'audio di questo album che è,
in una parola, ancora una volta magnifico. I Queen si sono saputi
circondare di tecnici sapienti, non solo bravissimi da un punto di
vista tecnico ma anche fini conoscitori di ciò su cui lavorano. Il
risultato finale è strabiliante ed è impossibile credere che questo
concerto abbia addirittura 40 anni. Certo, immagino che i puristi
siano in agguato e gli esperti individueranno gli overdub che – è
bene dirlo – qua e là non mancano. Ma da mero fruitore di un
prodotto finale, ciò che desidero è la perfezione. In più sono
anche un fan dei Queen e sono pienamente consapevole che, dopo tutto,
la tecnologia viene messa al servizio di una band di per sé
eccezionale. Ecco perché credo (avendo anche come termine di
paragone un paio di bootleg di questo show) che A Night At The Odeon
consegni alla storia una testimonianza davvero fedele e sincera di
ciò che i Queen erano in grado di fare sul palco.
Alla fine, mentre le note di God Save The Queen, accompagnano la
chiusura del live resta la sensazione di aver goduto di un altro
momento storico e sapere di possederlo in qualche modo è appagante.
Di certo anche per Odeon l'edizione Super Deluxe sarà quella da non
lasciarsi sfuggire, forse anche più rispetto a Rainbow, proprio per
i limiti di cui vi ho parlato. Ma è il dvd (o bluray) che dovrà
entrare per forza nelle vostre case: i concerti meritano di essere
visti e a eventi come lo show di Hammersmith va tributato quel
momento speciale in cui, finalmente liberi da pensieri e impegni,
possiamo premere il tasto play del nostro lettore e accomodarci sulla
nostra poltrona preferita. Almeno fino al momento dell'annuncio di
Bob Harris, dopodiché nessuno potrà resistere alla tentazione di
scivolare tra i fortunati spettatori del 1975, perché la musica è
una macchina del tempo meravigliosa e sul palco, proprio lì di
fronte a voi, ci sono i Queen.
@Last_Horizon