Introduzione di Last Horizon.
Quella segue è una bella intervista
rilasciata da Roger Taylor sul finire del 2013 e che sarà pubblicata
sul famoso Reader's Digest edizione UK. Nel leggerla mi sono reso
conto che ricorda molto più una sorta di racconto più che
un'intervista. Ho quindi deciso di pubblicarla in una versione meno
giornalistica e più orientata alla “confidenza”, quasi che Roger
sia proprio qui di fronte a me (e a voi) preda di uno di quei momenti
che talvolta colgono quando fuori fa freddo e la pioggia batte forte
sulle finestre e lo sguardo si perde nei rifletti del fuoco che arde
nel camino. E così accade che il passato torni a rivivere e le
parole assumono il gusto sofisticato di un buon vino che Roger
certamente gradirebbe, magari mentre sfoglia il suo album dei ricordi...
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Sono nato all’ospedale di King’s
Lynn nel Norfolk ma all'età di sette anni la mia famiglia decise di
trasferirsi a Truro, la città che considero a tutti gli effetti la
mia terra. Mio padre lavorava per una di quelle aziende che all'epoca
commerciavano in patate. Si trattava di una sorta di consorzio
pubblico e lui fu destinato alla Cornovaglia dopo aver lavorato per
anni nel Norfolk. Lo ricordo come un posto bellissimo. Mio padre era
originario della zona e andammo a vivere nella vecchia casa di
proprietà di mia nonna, una meravigliosa proprietà a due passi
dalla spiaggia e circondata da una campagna rigogliosa nella quale potevi perderti per ore in una natura incontaminata. Sono stato
fortunato a crescere in un posto del genere e da anni ormai sono
ritornato a vivere in quelle zone. Credo di aver sentito il bisogno
di tornare a casa e in un certo senso è esattamente quello che ho
fatto.
Non è facile spiegare che tipo di
musica ascoltassi da ragazzo. Bisogna esserci vissuti negli anni '50
per capirli veramente. In quel periodo la tv era qualcosa di molto
limitato ed esisteva solo la BBC che trasmetteva qualche programma
musicale con Doris Day e la Light Orchestra, cose che forse oggi non
conosce più nessuno. Erano show grigi, in qualche modo austeri e
rispecchiavano l'Inghilterra dell'epoca, uscita da pochi anni dai
disastri della guerra. Ma proprio in quel periodo fece le sue prime
apparizioni Lonnie Donegan. Era il 1957 credo e ne rimasi
affascinato. Il giorno dopo portai quell'entusiasmo a scuola e
ricordo che giravo tra i miei compagni per chiedergli 'Hey, avete
visto Lonnie in tv ieri sera?' Anche a distanza di anni considero la
sua musica e il suo stile qualcosa di rivoluzionario perché
ascoltarlo ti apriva un mondo, un po' come avvenne anni dopo con
l'avvento del punk che riscrisse completamente il linguaggio della
musica dell'epoca.
La mia voglia di formare una band è
nata così credo, anche se le mie prime esperienze musicali risalgono
a quando entrai a far parte del coro della cattedrale che per di più
offriva una borsa di studio, così che potevo cantare e non gravare
sui miei genitori per quel che riguardava la mia educazione musicale.
Però ciò che provai guardando alla tv Lonnie Donegan mi convinse
che non era quello il genere di musica adatto a me e decisi che avrei
dovuto imparare a suonare la batteria ed entrare in una rock band.
Così ho iniziato le prime esperienze con dei gruppi locali e devo
dire che nonostante i miei genitori fossero dei puritani mi
lasciarono fare e si rivelarono ben più indulgenti di quanto non
pensassi.
A 18 anni lasciai la casa dei miei
genitori, vincendo le loro ovvie preoccupazioni e mi trasferii grazie
ad una borsa di studio a Londra, per frequentare un college. In
realtà il mio desiderio era proseguire con la musica e Londra era
ovviamente perfetta per realizzare questo sogno. Eravamo sul finire
degli anni 60 e il rock era ormai diventato la musica con la M
maiuscuola grazie a gente del calibro di Jimy Hendrix e Led Zeppelin.
Ma ovviamente ero nella capitale per studiare e così mi iscrissi al
London Hospital Medical Collage per studiare odontoiatria, anche se
divenni fin da subito un habitué del bar che animava il vicino
Imperial Collage. Fu all'Imperial che un giorno mi imbattei in questo
ragazzo, uno studente di astronomia. Si chiamava Brian May e mi
spiegò che oltre ad occuparsi di stelle suonava anche la chitarra.
Provare qualche pezzo assieme fu inevitabile e mi resi conto fin da
subito di quanto fosse grande. Diventammo amici e lo siamo ancora
oggi.
Alla fine degli anni '60 tentavo ancora
di sbarcare il lunario e mi davo da fare per racimolare qualche
sterlina. Nel 1969 iniziai a lavorare in una bancarella di abiti
usati nel mercato di Kensington. La gestivo assieme a questo tizio,
Freddie, che avevo conosciuto perché era una presenza fissa durante
le prove e gli spettacoli degli Smile, la band nella quale suonavo
con Brian. Per quanto Kensington fosse una delle zone più alla moda
della città, io e Freddie vendevamo abiti usati dell'epoca
eduardiana, cose che raccattavamo da altri rivenditori e poi
mettevamo in bella mostra al mercato. Ricordo che all'epoca, durante
questo nostro business non pensavo affatto a Freddie come ad un
cantante. Per me era un collega di lavoro. Il mio pazzo collega di
lavoro. Se da qualche parte c'era del divertimento puoi star certo
che io e Freddie ci facevamo coinvolgere all'istante. Quando i Queen
divennero una realtà ma senza essere ancora una band ricca e famosa,
Freddie si fermava spesso a dormire a casa dei miei genitori dato che
i nostri primi spettacoli li organizzammo proprio dalle parti di
Truro. Mia madre lo adorava e ricordo che si arrovellava nel
tentativo di capire come Freddie riuscisse ad avere ogni mattina i
pantaloni perfettamente stirati. Ma lui aveva il suo trucco: prima di
andare a dormire li infilava sotto il materasso, così si stiravano
mentre lui dormiva.
La musica oggi è cambiata parecchio
rispetto a un tempo. Il successo può arrivarti addosso nel giro di
una notte, magari perché il tuo video caricato su youtube ha avuto
successo. O magari puoi partecipare a un talent show e in un attimo
la tua faccia è ovunque. Per noi la realtà fu ben diversa e ci
volle una fatica immensa per conquistare il successo. All'inizio
avevamo difficoltà a trovare degli ingaggi per suonare dal vivo
nonostante avessimo un paio di singoli in classifica. La svolta, anche
economica, arrivò nel 1975 grazie Bohemian Rhapsody e quel dannato
video che ci permise di capire di essere finalmente entrati in una
categoria superiore. Non eravamo più una band intenta a sbarcare il
lunario. Eravamo diventati famosi.
I giornali si sono occupati spesso
della mia vita privata, ma per fortuna questo non ha influito
negativamente sullo splendido rapporto che ho con i miei cinque
figli. Sono diventato padre nel 1980 ed è stato meraviglioso. La
gente crede che quando sei ricco essere genitore sia molto più
semplice. Non nego che su alcune cose lo sia, tuttavia ancora oggi
sono un padre che si preoccupa per ciò che fanno i miei figli e
continuo a desiderare il meglio per le loro vite e spero che lavorino
sempre sodo e diano il meglio di se. Stiamo spesso tutti assieme
anche se averli nella stessa stanza è terrificante perché sono un
gruppo parecchio rumoroso.
Ricordare il Live Aid è inevitabile
quando ripenso alla nostra carriera. Sapevamo che si trattava di un
concerto importante ma Bob Geldof ci chiese di partecipare quando
ormai la lista degli artisti era quasi completa e ricordo che non
eravamo nemmeno troppo convinti che quel pubblico così eterogeneo
fosse davvero interessato a sentirci. In fondo non era il nostro
pubblico e questo ci preoccupava un po'. Però quando alla fine
salimmo sul palco, la risposta della gente fu stupenda. Il tempo per
ciascuna esibizione era molto rigido, circa venti minuti, e quindi
sapevamo di avere poco tempo a disposizione ma volevamo dare il
meglio, suonando un set che comprendesse un successo dietro l'altro.
Ma su quel palco ci fu solo Freddie. Mio Dio, quel giorno era
assolutamente scatenato, magnifico.
Far parte dei Queen è stato molto
divertente, anche se non posso negare che abbiamo commesso degli
errori nel corso degli anni, specie dal punto di vista degli abiti.
La cosa strana è che, a proposito di vestiti, tutti parlano sempre
del video di I Want To Break Free, ma essermi vestito da donna non mi
ha creato e non mi crea oggi alcun problema. Fu una cosa che ci fece
ridere un sacco e lo scopo era, appunto, il divertimento. Semmai un
video anni '80 che ho davvero difficoltà a rivedere è quello di
It's a Hard Life. Eravamo conciati in modo veramente assurdo e non so
proprio cosa ci sia venuto in mente (in altre interviste i Queen
hanno raccontato che quel video fu un'idea soprattutto di Freddie, il
suo personale divertimento, anche estetico, ndt).
A kind of Magic uscì nel 1986 e
ovviamente facemmo il relativo tour senza avere idea che quelli
sarebbero stati i nostri ultimi concerti. La cosa strana del Freddie
frontman è che, sebbene lui fosse uno showman nato, nella vita di
tutti i giorni era una persona fondamentalmente timida. Passava un
sacco di tempo a dirci di non voler fare più tour, che non lo
trovava più divertente come una volta, ma non gli abbiamo mai creduto. Lo conoscevamo e
sapevamo che una parte del suo essere desiderava stare sotto i
riflettori ed esibirsi davanti al pubblico. Per venti anni posso dire
di essermi seduto nel posto migliore del palco e di aver guardato il
miglior frontman del mondo. Mi manca? Dio si, tutti i giorni.
Posso dire che i Queen hanno preso
parte ad alcuni dei più grandi concerti di sempre, ma confesso che
l'esperienza vissuta alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di
Londra è stata la più emozionante. E’ stato un grandissimo onore
proprio perché si trattava delle Olimpiadi organizzate dal nostro
paese. Quanta gente ci avrà visti quella sera? Non voglio nemmeno
pensare alla cifra, altrimenti rischio di andare fuori di testa,
davvero. E un'altra cosa di cui vado fiero è che abbiamo suonato dal
vivo. Non credo che molti degli altri artisti presenti alla cerimonia
possano dire di aver altrettanto, ma non farò nomi.
Forse non sono l'esatto appassionato di
motori cui uno potrebbe pensare, ma di certo mi piacciono le belle
automobili. Ho anche scritto una canzone su questa passione e dopo
averne possedute diverse parecchio scadenti ho deciso di comprarne
almeno un paio che valessero qualcosa. La stampa mi ha descritto come
un playboy, ma io non ho fatto altro che vivere dei bei momenti in
una grande rock band. Ero una rockstar e alle rockstar piacciono le
belle auto. Ho sempre avuto una predilezione per la Bentley
Continental, ma mi scoccia che oggi sia definita come l'auto dei calciatori. Ma a chi importa? Sono buone auto, veloci e sicure.
E' uscito il mio nuovo album solista,
Fun On Earth e sono contento che vi abbia suonato anche mio figlio
Rufus. Be With You l'abbiamo scritto insieme, lui ci suona anche il
pianoforte e recentemente è venuto in tour con me e Brian per alcuni
show dei Queen con Adam Lambert. Rufus è un batterista, proprio come
me. Sai, non puoi obbligare i tuoi figli ad amare la musica. E'
una cosa che o gli piace oppure no, e a Rufus piace. Sicuramente alla
maggior parte dei genitori darebbe fastidio avere in casa un figlio
che picchia su ogni oggetto per imitare una batteria, ma quando ho
scoperto che lui aveva iniziato a a farlo di nascosto sono stato
molto felice, perché ho capito subito che sarebbe diventato un batterista.
@Last_Horizon