Raccontare le passioni extra musicali
di Brian May non è facile. Al di là di qualche difficoltà tecnica
(non tutti sono avvezzi all'astronomia, ad esempio), il problema
principale è legato ai fans e alla percezione che questi hanno del
nostro Doc. Secondo alcuni (sulla base della mia esperienza, non la
maggioranza per fortuna), Brian dovrebbe dedicarsi esclusivamente
alla musica e vedono le sue altre attività come un ostacolo alla
loro voglia di avere sempre più dischi....salvo poi disprezzarli
ancora prima di ascoltarli! In generale ci si chiede, ed è una
domanda cui nemmeno io sono riuscito a sottrarmi, se per un fan abbia
senso interessarsi di scienza, animali e fotografie in 3D. Del resto
per tutti noi Brian May è quello dei Queen, è il chitarrista e
l'autore di brani memorabili e sono queste le ragioni che ce lo hanno
fatto amare fin dal primo ascolto. Devo dire di aver risolto ben
presto l'annosa questione partendo dal presupposto che Brian non è
solo uno dei quattro artisti che amo di più. È anche un amico,
perché solo un amico può scrivere delle canzoni che ti
rappresentato così bene. Il che non è una forzatura credetemi, ma
solo uno di quei miracoli che di tanto in tanto arrivano
nell'esistenza delle persone per impreziosirla. E allora, non so voi,
ma io quando entro in casa di un amico o esco a cena con lui mi
informo sui suoi gusti e sugli interessi. Gli domando che film ha
visto al cinema o cosa ne pensa delle ultime notizie. Con Brian May
funziona allo stesso modo. Da qualche tempo ci racconta delle sue
passioni e io, da buon amico, ho deciso di stare ad ascoltarlo. È un
bel viaggio sapete? Ci sono posti bellissimi da visitare e storie
affascinanti da scoprire. Il sentiero tracciato dal Doc è ampio, c'è
posto per tutti. Venite anche voi?
Chi è figlio degli anni '80 e '90
ricorderà con piacere le sorprese che accompagnavano una marca
piuttosto famosa di merendine e altri prodotti destinati ai bambini.
Oggi sono diventati autentici pezzi da collezione. All'epoca
rappresentavano l'ingresso in un mondo fatto di fantasia, che
diventava improvvisamente realtà grazie ad un piccolo giocattolo o
una figurina. L'avventura stereoscopica di Brian May è iniziata
proprio così, grazie ad una serie di cards vendute assieme a dei
cereali. Ritraevano immagini sportive e storiche e per il piccolo
Brian furono un'autentica folgorazione, capace di sfidare il tempo e
restare viva nonostante il Doc abbia avuto una vita intensa come
pochi. Il passaggio successivo, quello che in fondo proviamo a fare
anche noi con la passione per i Queen, è stato quello di tramutare
un semplice interesse in una vera e propria attività divulgativa,
perché non esiste davvero niente di più emozionante che spalancare
la finestra e condividere con altre persone ciò che ci emoziona. Il
risultato è stato l'ingresso di Brian nella London Stereoscopic
Society, attraverso la quale ha pubblicato due libri, due serie di
cards (una delle quali dedicata ai Queen) e che lo ha stimolato per
la creazione di un visore per immagini 3D soprannominato “gufo”
(owl, in inglese). Cosa c'è dietro questa passione è un percorso
che affonda le radici letteralmente nella storia.
La London Stereoscopic Society.
Nata nel 1854, la "London
Stereoscopic Society", guidata all'inizio da George Swan
Nottage, sfruttava il grande interesse che la fotografia suscitava
sul pubblico, sempre più interessato ad assistere ad uno spettacolo
mai visto prima. Si trattava di una vera e propria mania che,
sviluppatasi in Inghilterra, aveva rapidamente fatto breccia anche
nel resto d'Europa, in particolare in Francia, fino a giungere negli
Stati Uniti. Era quello un mondo che non aveva ancora conosciuto né
la televisione o i film, per cui la scoperta di poter osservare delle
immagini in 3 dimensioni rappresentava una vera e propria
rivoluzione. Nel febbraio del 1856, la Società allestì la prima
mostra di immagini stereoscopiche, ben diecimila. Ma nonostante il
grande interesse che ruotava attorno a questo particolare tipo di
fotografia, le attività di quei primi anni della Società sono
avvolte ancora oggi nel mistero, soprattutto in merito al rapporto
che essa ebbe con i fotografi che, da veri pionieri, perfezionarono i
vari metodi di creazione delle foto. Oggi le collezioni più complete
risalenti a quel periodo riguardano i lavori di James Elliott, Alfred
Silvester Mark Anthony, Charles Goodman. Ma una delle raccolte più
interessanti, risalente al 1860 venne realizzata in occasione della
Esposizione Internazionale e che oggi è possibile ammirare a
Exhibition Road, nel South Kensington.
A seguito del calo di interesse per le
foto stereografiche, avvenuto sul finire del 1860, le collezioni di
cards appartenute alla Società vennero acquistate da Getty Images,
che fu ben felice di acquisire l'esperienza maturata da un'azienda
che aveva saputo creare in pochissimo tempo una vera e propria rete
di uffici e fotografi a livello globale, senza contare le concessioni
e le licenze acquisite e tutta l'attrezzatura, spesso all'avanguardia
sviluppata durante gli anni di maggiore attività . La Società , non
riuscendo a sfruttare il secondo boom delle immagini, avvenuto agli
inizi del 1900 fu finalmente sciolta nel 1922, ma dal 1980 la London
Stereoscopic Society è ritornata in vita nella forma che oggi
conosciamo, ovvero di ente storico che offre informazioni e notizie,
sebbene grazie al supporto di Brian May abbia anche ripreso la
produzione di immagini.
Come realizzare le proprie foto
stereoscopiche.
Prima di descrivere nel dettaglio le
opere finora realizzate da Brian (e anticipare quelle future), c'è
una domanda, la più ovvia, da affrontare: è possibile creare in
casa una foto stereoscopica? Secondo il sito della Società basta un
minuto per apprendere la tecnica che, in effetti, appare molto
semplice. È sufficiente fotografa un oggetto spostando tutto il peso
del corpo su una gamba e successivamente ripetere lo stesso scatto,
ma facendo leva sull'altra gamba, in modo da avere due immagini
identiche ma “sfalsate”. La fase successiva consiste nel mettere
assieme le due immagini in modo da farle risultare affiancate,
secondo quella sequenza che potete vedere nei libri realizzati da
Brian. Dopodiché ci si potrà munire del “gufo” oppure tentare
di visualizzarle ad occhio nudo, anche se non tutti sono in grado di
farlo. Certo, c'è il forte sospetto che sia la classica cosa “più
facile a dirsi che a farsi”, ma tentar non nuoce! E se proprio non
ci riuscite, esistono in commercio numerose macchine fotografiche
stereo. Brian ne ha da sempre una con sé e spesso ha pubblicato sul
suo sito alcuni scatti in 3D fatti durante i tour dei Queen. Anche
per la stampa delle immagini ci viene in soccorso la tecnologia. Le
immagini possono infatti essere affiancate adoperando photoshop e
sempre dallo schermo del pc potremo provare a visualizzarle in 3
dimensioni. È un lavoro certosino, che richiede grande pazienza e
che sta alla base proprio dei libri pubblicati da Brian May. Molte
cards sono troppo antiche e rovinate per poter essere restaurate,
perciò Brian ha preferito riportarle agli antichi splendori in
formato digitale, anche non correre il rischio di danneggiare delle
immagini che, lo vedrete, sono piccoli capolavori.
Una volta si faceva così.
Prima dell'avvento delle moderne
tecnologie, i fotografi vittoriani esplorarono diversi metodi per
realizzare questo particolare tipo di immagini. Chimici e fotografi
dell'epoca hanno sperimentato ogni tipo di emulsione sensibile alla
luce e vari substrati, non solo vetro e carta, alla ricerca di un
metodo per produrre negativi di alta risoluzione. Nel 1847 ad
esempio, lastre di vetro ricoperte da uno strato di albume contenente
sali sensibili alla luce vennero adottate con discreto successo. Ma
sebbene la resa dei dettagli fosse soddisfacente, la bassa
sensibilità alla luce della piastra costituiva ancora un problema.
Nel mese 185, lo scultore e fotografo inglese Frederick Scott Archer
introdusse un nuovo metodo: rivestendo delle lastre di vetro con una
sostanza chiamata collodio, una soluzione di nitrato di cellulosa
disciolta in una miscela di alcool ed etere ottenne una sostanza che,
una volta mescolata con ioduro di potassio e bromuro poteva essere
versata su una lastra di vetro. La procedura, se eseguita rapidamente
per evitare l'evaporazione delle sostanze, si concludeva con
l'immersione della lastra di vetro in un bagno di nitrato d'argento.
L'esposizione veniva poi effettuata mentre la lastra di vetro era
ancora umida e l'immagine impressa veniva sviluppata con il
ferro-solfato o con l'acido pirogallico e infine fissata con cianuro
di potassio o sodio tiosolfato. L'immagine che ne risultava appariva
davvero intenso e definita. Certo, si tratta di una procedura per noi
profani piuttosto incomprensibile, ma è utile per immaginare
l'atmosfera che si doveva respirare nei gabinetti chimici dei
fotografi dell'epoca.
C'è un che di romantico in questo
tipo di attività che mi ricorda quelle atmosfere nebbiose alla
Sherlock Holmes ed è facile sentire il passaggio improvviso di una
vettura trainata da una coppia di cavalli che attraversa le vie di
Londra mentre sullo schermo del pc scorrono le immagini realizzate da
Brian. Oltre ai due libri di cui vi racconterò prossimamente, il
chitarrista ha realizzato anche due serie di cards ispirate alle sue
due altre passioni: l'astronomia e ovviamente i Queen. E proprio alla
sua band potrebbe essere dedicato il prossimo volume al quale
inizierà a mettere mano non appena si sarà conclusa la promozione
di Diableries. Il lavoro sarà ancora una volta certosino e
somiglierà ad una sorta di macchina del tempo che farà ritornare
tutti noi indietro per ammirare le luci del palco e le performance
della più grande rock band di sempre.
@Last_Horizon