La religione di Freddie Mercury




Persia. Attorno al 3000 a.c. Il piccolo Faroohk sta correndo nella polvere inseguito da un cucciolo apparso chissà da dove nell'accampamento nomade di cui fa parte la sua famiglia. È una serata afosa e i raggi del sole infliggono ancora la loro pesante punizione sulla pelle dei pastori impegnati a radunare le greggi. Mentre le donne cuociono in grossi pentoloni di terracotta la carne e le ossa, gli uomini urlano ordini e bacchettano gli animali più riottosi con delle lunghe verghe ricavate dal sicomoro. Nell'aria si mescolano gli aromi delle spezie sparse sui pasti e l'odore acre degli animali da pascolo, che il caldo ha reso più irrequieti del solito. Faroohk è deliziato dal suo nuovo amico e mentre si lascia rincorrere spera che i genitori gli consentano di tenerlo con sé. È già pronto a garantire che se ne prenderà cura di persona. Ha solo sette anni ma lo sguardo luminoso tradisce una maturità inusuale che talvolta lo ha reso antipatico ai suoi coetanei. Farookh non ha molti amici e l'unica persona con la quale si confida è il nonno Zoroastro, l'uomo più importante della comunità. Tutti lo rispettano e la sua stirpe è destinata ad un grande futuro. Farookh non vede l'ora di conoscere ciò che lo attende negli anni a venire e spesso si immagina a capo di un esercito che marcia sulla Persia, conquistandone città e popoli.


Poco prima che l'ultima fetta di sole venga risucchiata dalle colline che disegnano curve gentili all'orizzonte, Farookh prende in braccio il cucciolo e va in cerca del nonno. Lo trova al solito posto, rannicchiato accanto al fuoco che gli disegna tra le rughe profonde del viso ombre in perenne agitazione. Sottovoce sta recitando un'antica litania in onore del Dio unico al quale si rivolge prima di ogni pasto. Farookh lo osserva incantato e si domanda se quel Dio misterioso un giorno si rivelerà al mondo o se resterà per sempre confinato nel cuore di suo nonno. Zoroastro ha fondato una nuova religione e a Farookh piace perché il primo rito davvero importante si compie proprio alla sua età. Mancano pochi giorni infatti al rituale che lo farà accede ufficialmente all'interno della dimensione religiosa della comunità.

Farookh ha già iniziato a studiare con l'aiuto della sorella più grande, Kashmira, che gli ha anche spiegato i dettagli del rito. Gli verrà fatta indossare una veste bianca, detta sedra, stratta attorno alla vita da un cordone sacro che, gli ha spiegato la sorella, simboleggia il legame con l'unico e vero Dio, Ahura Mazda, la fonte di luce e verità alla quale ora Zoroastro sta rivolgendo le proprie preghiere della sera. Farookh sa che dal giorno dell'iniziazione il suo cammino sarà illuminato dalla luce di Ahura Mazda ma che le insidie del maligno non mancheranno. Angra Mainyu è il male allo stato puro, la personificazione del lato oscuro del mondo, in perenne lotta con la luce divina. A Farookh il contrasto tra bianco e nero piace e quando cala la notte e giunge l'ora del sonno resta ad occhi aperti immaginando cosa si nasconda dietro l'oscurità.



Il nonno Zoroastro adesso eleva al cielo un inno di lode in parsi, un dialetto vecchio di tremila anni le cui vibrazioni fanno uggiolare il cucciolo che Farookh stringe al petto. Ne accarezza dolcemente il pelo e si ritrae ancora di più dietro una tenda. Gli piace osservare il nonno durante i riti propiziatori e volare con la fantasia sospinto dalle preghiere che il vecchio recita con voce forte e sicura. A Farookh vengono in mente le storie che gli racconta Kashmira. Lei gliele spaccia come antichi miti appartenenti alle epoche più remote della Persia, ma lui sospetta che siano solo delle favole. Gli piace però addormentarsi con i racconti dei Sette Mari di Rhye, dominati dal Grande Re Topo e agitati dallo scontro ferale tra la Regina Nera e quella Bianca.

Ma ciò che affascina davvero Farookh è la leggenda della Fenice, l'uccello di fuoco che risorge dalle proprie ceneri. La sorella gli ha spiegato che è uno dei simboli più importanti della fede di suo nonno perché gli uccelli sono portatori di messaggi e simboli importanti e la Fenice ha in sé il seme della costante rigenerazione, in un ciclo vitale eterno come quello del creato.

Quando Zoroastro termine di recitare le preghiere il piccolo Farookh è ancora immerso nelle proprie fantasie e sta volando stretto alla coda della fenice che attraversa indenne le fiamme.

“Vieni qui nipote”. Farookh risponde all'invito del nonno, dispiaciuto di averlo disturbato ma felice di poter condividere con lui i pochi minuti che li separano dalla cena, quando il resto del loro clan si siederà attorno alle braci per consumare l'ultimo pasto del giorno.
“Hai trovato un nuovo amico,” gli dice il vecchio sorridendo benevolo all'indirizzo del cucciolo e, indovinando i pensieri del nipote aggiunge: “Parlerò io con i tuoi genitori e faremo in modo che resti in famiglia”.
Farookh adesso è contento e abbraccia il nome felice. “Raccontami una storia prima che arrivino gli altri,” lo esorta.
Zoroastro si sistema la lunga veste sulle ginocchia magre e fissa intensamente il nipote negli occhi, due gemme nere come la notte nel mare perlaceo che li circonda.
“Tra pochi giorni sarai iniziato al culto che segnerà per sempre il tuo percorso di vita. Ci sarà un giorno mio piccolo Farookh in cui in mezzo a noi giungerà il Salvatore, figlio di una vergine e destinato a morire per poi risorgere e infine giudicare i peccati degli uomini.”
“Risorgerà come la fenice,” risponde Farookh felice di poter dimostrare al nonno di aver assimilato le lezioni di Kashmira.
“Si, la fenice è il nostro simbolo più importante. Devi rinascere ogni giorno Farookh, non dimenticarlo mai. È il solo modo che abbiamo per contrastare le tenebre, perché si rinasce dal fuoco, dalla luce dopo essere approdati nell'oscurità della tomba.”
“La morte mi fa paura”, dice Farookh in un sussurro per timore di apparire infantile agli occhi del nonno. Ma Zoroastro gli passa una mano benevola tra i capelli e lo consola.
“Quando l'anima lascia il corpo questo viene preso in cura dai nostri sacerdoti, avvolto in un sudario di cotone e trasportato su un catafalco di ferro per ricevere le preghiere rituali. Ma non devi temere tutto questo, perché la tua anima sarà già nella luce di Dio.”
“Cosa ne sarà del mio corpo allora?” chiede incerto Farookh.
“Verrà bruciato e le ceneri saranno disperse sull'acqua. In questo modo inizierà il ciclo della tua rinasciata.”
Farookh resta qualche momento in silenzio e Zoroastro attende che la meditazione del giovane nipote giunga a termine. Sa già che lo lascerà sorpreso per la risposta che gli saprà dare.
“Quindi anch'io come la fenice potrò risorgere dal fuoco e tornare da te e da Kashmira” esclama il piccolo sfoderando un sorriso di puro compiacimento.
“E' proprio così che avverrà,” conferma Zoroastro. “E ciclo dopo ciclo si compirà il destino della tua stirpe”.



“Qual è il mio destino, nonno?” domanda Farookh ormai deliziato dalle parole del vecchio.
“Nessuno può prevederlo con esattezza. Solo Iddio conosce il futuro, ma in te mio piccolo Farookh c'è un seme importante e grandi cose attendono la tua stirpe. Un giorno un tuo discendente avrà il potere di dominare intere folle, ma non lo farà con il pugno bensì con la grazia del proprio canto. E avrà la capacità di infondere la gioia nel cuore delle sue genti.”
Farookh non può più resistere, lascia correre via il cucciolo, bacia il nonno su entrambe le guance e ride felice di quanto gli ha raccontato. Sa già che più tardi, prima di addormentarsi, immaginerà una folla oceanica che batte le mani all'unisono e l'erede della sua dinastia spande nell'aria un canto sublime. Il suo.