Prima Parte.
(Dove dico cosa penso degli insulti a Brian May e Roger Taylor)
Questo è inevitabilmente
un commento incompleto. Al momento di Queen Forever conosciamo solo
la copertina, la tracklist e la copertina. A qualcuno forse basta. A
me no, voglio molto di più. Soprattutto desidero le sensazioni che
si scatenano quando hai un nuovo cd tra le mani e racconti al mondo
là fuori ciò che provi mentre la musica riempie la tua stanza e
ogni tanto smetti di battere sulla tastiera perché non puoi
resistere dallo sfogliare il booklet. Sono fatto così, lo sapete
ormai: vivo di emozioni legate ai Queen e sono qui per condividerle
con tutti voi. Mentre mi appresto a dire la mia, sono consapevole che
scrivere questo capitolo cedendo all'impulso di rispondere alla mole
di insensate nefandezze apparse da ieri in rete sarebbe fin troppo
facile. Esistono varie forme di dissenso e protesta e ognuna gode del
buon diritto di essere discussa. La critica, del resto, è una delle
massime espressioni dell'intelletto, perché dire che una certa cosa
“ci piace” è fin troppo semplice e non richiede nulla di più di
un voto favorevole.
Ma la critica ha bisogno di essere rappresentata e supportata da un ragionamento profondo, che deve andare al di là dei singoli personalismi e, per certi versi, elevarsi al di sopra dei gusti personali e delle sensazioni del momento. Dire si a qualcosa vuol dire aprirsi ad essa, quasi sempre per un moto istintivo dell'anima. Negarsi, al contrario presuppone un ragionamento che, pur nascendo dal cuore, approda inevitabilmente alla mente e, quindi, al ragionamento. E quest'ultimo non può che trovare le proprie radici nella cultura, nell'educazione nel rispetto che sempre si deve a chi propone qualcosa, concedendo la libera scelta se dire “mi piace” o rifiutarla. Per questo qui non mi occuperò dello stupidario collettivo che qualcuno si è adoperato di diffondere in rete, anche laddove dovrebbe regnare uno spirito di sano confronto, analisi e valutazione seria ma pur sempre divertita e divertente, come la musica dovrebbe essere. Non basta aggiungere l'appellativo “Queen” ad una pagina o a un sito per essere davvero fans. Occorre associarvi il rispetto che sempre si deve al proprio artista preferito. E il rispetto si sposa perfettamente anche con la critica feroce fintanto che essa non sfoci nel vilipendio, nel gratuito massacro, un “gioco” cui troppi sono avvezzi, a partire da quei sedicenti fans della prima ora che, a fronte di insulti di dubbio gusto, celano poi uno scatto rapace ogni qualvolta c'è la possibilità di accaparrarsi una foto con Brian e Roger o l'ultimo oggetto autografato. A costoro andrebbe evidentemente chiesto un bagno di coerenza, un (ingrato) compito che lascio a voi. Per me riservo il più modesto ruolo di chi vuole solo commentare con le proprie idee ciò che sente e vede, senza arrogarsi il diritto di saperne di più come fanno coloro che hanno scelto (liberamente) di immolare interi stipendi al seguito dei Queen in tour o nei negozi. Possedere intere collezioni di autografi e memorabilia o conservare nei propri fortunati ricordi la partecipazione a concerti su concerti non rappresenta un marchio di qualità che fa accedere direttamente alla “classifica di serie A” dei fans. Non esistono graduatorie qui, non ci sono eliminatorie né patenti da conferire solo perché si è deciso inopinatamente di guardare il resto del mondo dall'alto in basso. Per paradosso, è molto più fan il ragazzino che si commuove all'idea di poter vedere i propri beniamini dal vivo con Adam Lambert e che magari può sfoggiare solo una t-shirt fatta in casa e la copia della Platinum Collection. Come spesso accade, non è la quantità a rendere eccezionali le cose, ma la qualità di come vengono vissute. Eppure, leggendo in rete gli autentici abomini che imperversano (e, credetemi, ho scelto solo di sbirciare alcune pagine sia italiane che inglesi, lottando contro il disgusto per il linguaggio e i toni adottati da alcuni), si ha la sensazione che Brian e Roger si siano introdotti nottetempo nelle case di alcuni fans per sgozzarne la prole e gli animali domestici! Non so dire cosa Freddie Mercury da lassù possa pensare (anche se da qui mi pare di intravedere il suo sedere sfacciatamente agitato verso una certa parte del pubblico, non vi pare?), ma voglio concludere facendo mia una frase pubblicata da Brian May appena poche ore: “Fatevi una vita”!
Ma la critica ha bisogno di essere rappresentata e supportata da un ragionamento profondo, che deve andare al di là dei singoli personalismi e, per certi versi, elevarsi al di sopra dei gusti personali e delle sensazioni del momento. Dire si a qualcosa vuol dire aprirsi ad essa, quasi sempre per un moto istintivo dell'anima. Negarsi, al contrario presuppone un ragionamento che, pur nascendo dal cuore, approda inevitabilmente alla mente e, quindi, al ragionamento. E quest'ultimo non può che trovare le proprie radici nella cultura, nell'educazione nel rispetto che sempre si deve a chi propone qualcosa, concedendo la libera scelta se dire “mi piace” o rifiutarla. Per questo qui non mi occuperò dello stupidario collettivo che qualcuno si è adoperato di diffondere in rete, anche laddove dovrebbe regnare uno spirito di sano confronto, analisi e valutazione seria ma pur sempre divertita e divertente, come la musica dovrebbe essere. Non basta aggiungere l'appellativo “Queen” ad una pagina o a un sito per essere davvero fans. Occorre associarvi il rispetto che sempre si deve al proprio artista preferito. E il rispetto si sposa perfettamente anche con la critica feroce fintanto che essa non sfoci nel vilipendio, nel gratuito massacro, un “gioco” cui troppi sono avvezzi, a partire da quei sedicenti fans della prima ora che, a fronte di insulti di dubbio gusto, celano poi uno scatto rapace ogni qualvolta c'è la possibilità di accaparrarsi una foto con Brian e Roger o l'ultimo oggetto autografato. A costoro andrebbe evidentemente chiesto un bagno di coerenza, un (ingrato) compito che lascio a voi. Per me riservo il più modesto ruolo di chi vuole solo commentare con le proprie idee ciò che sente e vede, senza arrogarsi il diritto di saperne di più come fanno coloro che hanno scelto (liberamente) di immolare interi stipendi al seguito dei Queen in tour o nei negozi. Possedere intere collezioni di autografi e memorabilia o conservare nei propri fortunati ricordi la partecipazione a concerti su concerti non rappresenta un marchio di qualità che fa accedere direttamente alla “classifica di serie A” dei fans. Non esistono graduatorie qui, non ci sono eliminatorie né patenti da conferire solo perché si è deciso inopinatamente di guardare il resto del mondo dall'alto in basso. Per paradosso, è molto più fan il ragazzino che si commuove all'idea di poter vedere i propri beniamini dal vivo con Adam Lambert e che magari può sfoggiare solo una t-shirt fatta in casa e la copia della Platinum Collection. Come spesso accade, non è la quantità a rendere eccezionali le cose, ma la qualità di come vengono vissute. Eppure, leggendo in rete gli autentici abomini che imperversano (e, credetemi, ho scelto solo di sbirciare alcune pagine sia italiane che inglesi, lottando contro il disgusto per il linguaggio e i toni adottati da alcuni), si ha la sensazione che Brian e Roger si siano introdotti nottetempo nelle case di alcuni fans per sgozzarne la prole e gli animali domestici! Non so dire cosa Freddie Mercury da lassù possa pensare (anche se da qui mi pare di intravedere il suo sedere sfacciatamente agitato verso una certa parte del pubblico, non vi pare?), ma voglio concludere facendo mia una frase pubblicata da Brian May appena poche ore: “Fatevi una vita”!
(Dove dico la mia sui
tre brani in questione e sull'intera operazione Queen Forever)
Ci siamo avvicinati a
Queen Forever con sempre maggiore trepidazione, fomentati dal
desiderio di riascoltare la voce di Freddie Mercury in canzoni dei
Queen mai sentite prima, ma anche dalle dichiarazioni rilasciate in
questi mesi da Brian May, Roger Taylor e William Orbit (quest'ultimo
in veste di produttore, prima di un solo brano, poi dell'intero
album, almeno così riferisce lui stesso). A volerle mettere tutte
assieme, ed è una ricostruzione che abbiamo fatto tutti, ne veniva
fuori un quadro ai limiti del capolavoro, ovvero un Made in Heaven 2,
tanto per ricalcare un'espressione usata dallo stesso Brian, il che
ci ha convinti che avremmo ascoltato canzoni totalmente inedite e
altre rimaneggiate (o attualizzate, se preferite). Sugli inediti ci
hanno sempre raccontato molto poco e per anni siamo rimasti in bilico
tra chi diceva in via ufficiale che negli archivi non c'era più
nulla (fatta eccezione per Greg Brooks, l'archivista dei Queen, che
invece da anni racconta di aver ascoltato cose stupende) e chi,
magari raccogliendo indiscrezioni o semplici deduzioni basate sulla
storia della band, era convinto che vi fosse molto di più. Di sicuro
Brian e Roger hanno più volte ribadito, a partire dallo scorso
Dicembre, che Queen Forever si sarebbe basato soprattutto sui tre
duetti incisi da Freddie con Michael Jackson, in lavorazione
praticamente dal 2011 e in attesa dei permessi da parte di chi
gestisce oggi i diritti del cantante americano ai fini della
pubblicazione. Lo scontro tra la Queen Production e la MJ Estate è
stato tutto basato sulla volontà di Brian e Roger (e della
Universal) di rilasciare i brani in questione come Queen+. Dall'altra
parte un no risoluto, che forse un domani porterà alla pubblicazione
di State Of Shock e Victory in una raccolta intitolata al solo
Michael Jackson. Perché, come orami sappiamo, di quella leggendaria
collaborazione Queen Forever contiene solo un brano, There Must Be
More To Life Than This. Inutle negare che tra dichiarazioni e
rumours, tutti siamo stati convinti fino a 48 ore che il disco
avrebbe contenuto oltre ai duetti almeno altri 3/5 inediti. Così
sembrava. Così non è stato e la delusione è calata addosso a tutti
noi quando venerdì 19 Amazon UK ha rivelato in anteprima la
tracklist di Queen Forever. La conoscete tutti e tutti avete ancora
addosso quella sgradevole sensazione che qualcuno ha definito “presa
per i fondelli”, non senza un qualche fondamento. Difficile a
questo punto trovare delle spiegazioni per noi che siamo qui e che
non possiamo far altro che accettare le cose e contestarle se lo
riteniamo giusto. Personalmente ho scelto ancora una volta di farmi
pervadere anzitutto dall'emozione di ascoltare ancora una volta la
voce di Freddie, anzi la musica dei Queen nella sua accezione più
completa stante la presenza anche del basso originario di John Deacon
(almeno per Let Me In Your Heart Again, mentre sulle altre due
andranno indagati i credits del disco). Detta così potrebbe apparire
come la classica via di fuga, una chiusura dello sguardo sulla realtÃ
di una pubblicazione che, come detto prima, delude. Ma
nell'inevitabile bilancio che sempre occorre fare tra pesi e
contrappesi, tra disillusione ed emozione, ancora una volta è
quest'ultima ad avere la meglio, almeno oggi che questi tre brani
sono a disposizione, ascoltabili e fruibili, anche se purtroppo in
qualità che deve necessariamente far sospendere ogni giudizio prima
di renderlo definitivo. Ecco perché, pur manifestando (e spero di
averlo fatto in modo chiaro e netto) le mie perplessità su
un'operazione che ha mancato l'ultimo miglio per conquistarmi del
tutto, non posso che valutare ciò che sento e quanto posso vedere di
questo disco. Ecco quindi cosa penso delle tre canzoni, senza
dimenticare un giudizio lapidario sulla copertina: bellissima.
There Must Be More To
Life Than This. Non ho mai amato particolarmente Mr Bad Guy, salvo
riscoprirne il valore grazie ai rifacimenti proposti in Made In
Heaven. Soprattutto non mi ha mai convinto del tutto il connubio tra
la voce di Freddie e quella di Michael Jackson: troppo potente la
prima, eccessivamente esile la seconda, almeno a giudicare dal demo
che abbiamo avuto a disposizione in questi anni. La nuova versione,
complice la pessima qualità audio che circola in rete, continua a
lasciarmi perplesso per gli stessi identici motivi. Tuttavia la
struttura della canzone e gli arricchimenti di Brian e Roger mi
convincono sempre di più dopo le iniziali titubanze. I continui
passaggi radiofonici mi stanno consentendo di apprezzarla e di
coglierne le sfumature perse nelle varie conversioni in digitale.
Molti hanno contestato la preponderanza di chitarra, ma questo è uno
stile che abbiamo già conosciuto con Made In Heaven (la canzone) e I
Was Born To Love You, per cui non mi stupisco affatto della scelta.
Semmai, credo fosse l'unica possibile per offrire al brano una veste
nuova, a mio avviso quasi sempre preferibile rispetto a quelli
orribili demo in cui magari la batteria è campionata e si respira
un'atmosfera da lavori in corso, francamente deprimente. Una canzone
deve giungere agli ascoltatori nella sua veste migliore. Può essere
interessante di un romanzo leggere le bozze e analizzare cancellature
e ripensamenti, ma alla fine ciò che conta davvero è il testo
definitivo. Un brano, credo, soggiace alla stessa regola, che forse è
solo estetica, ma in fondo noi siamo fruitori di un prodotto finito
fin da quando qualcuno ha scoperto che la musica poteva essere
incisa. Ultima nota sul pezzo: adoro il finale strumentale e spero
che sul disco sia più lungo di quanto sentito alla BBC.
Love Kills. Quando
durante il tour estivo con Adam Lambert i Queen hanno riproposto
questo pezzo sono rimasto letteralmente folgorato. Straordinario
Adam, eccezionale l'arrangiamento “ballad” che, con mia grande
gioia, ritroviamo anche in Queen Forever. Questa nuova versione è
perfetta e non ho timore di definirla capolavoro (sono esagerato? Si!
Mi piace esserlo? Non avete idea di quanto!). La voce di Freddie è
potente, carica di energia e allo stesso tempo elegante e mentre lo
dico so di non rendergli sufficiente giustizia. Trovo che la scelta
di introdurre la chitarra acustica sia perfetta e si sente che Brian
ha riscoperto davvero l'amore per questo strumento grazie alla
collaborazione con Kerry Ellis. Avete sentito quel passaggio che fa
attorno al minuto 1:00? E' un brivido che si insinua nell'orecchio e
scivola in ogni osso e lo fa vibrare in perfetta risonanza con il
brano. Bello poi il richiamo alla versione originale, con
l'elettronica che subentra a sostenere la seconda parte del pezzo
(non sono un esperto e quindi non uso un linguaggio tecnicamente
ineccepibile, ma so che ci capiamo), in una sorta di perfetta
congiunzione tra il passato e il presente. E, in effetti, l'aspetto
più sorprendente di Love Kills è che non suona come qualcosa di
vecchio, appartenente ad un genere che ormai non si ascolta più. E'
fresca, credibile ed emozionante come può esserlo una canzone incisa
appena pochi mesi fa. Anche in questo caso c'è chi ha ritenuto
l'arrangiamento forzato e fuori luogo. Credo dipenda da una certa
fretta in chi ha voluto ascoltare e criticare “per forza”, senza
dimenticare (è bene ribadirlo) la non eccelsa qualità a
disposizione al momento: sono sicuro che su cd (o, almeno, in un mp3
dignitoso) riuscirà a convincere molto di più.
Let Me In Your Heart
Again. Mi ha convinto dopo 7 secondi. Dico sul serio! Sono bastati
quei primi vocalizzi di Freddie per entrare in uno stato di
beatitudine difficile da spiegare ma che so voi capite perfettamente.
Freddie aveva il potere di cantare in modo semplice ma arricchendo
ogni nota di tante piccole sfumature che, nel loro insieme,
disegnavano una sorta di storia, tutta da scoprire ascolto dopo
ascolto. Credo si chiami “interpretazione” e in questo pezzo
Freddie interpreta in modo sublime. Per uno che ascolta i Queen dal
1986 non dovrebbe esserci stupore, eppure io continuo a restare
sgomento tutte le volte, perché ogni volta la sua voce ti dÃ
qualcosa di diverso. Il merito è ovviamente della canzone,
straordinaria tanto nel testo quanto nella musica, un terreno
perfetto sul quale Freddie si è mosso a proprio agio, pur non
essendo semplice da cambiare come spesso accadeva con i pezzi scritti
da Brian. Di questa canzone parlerò ancora quando uscirà il disco.
Ha ancora molto da offrire in termini di emozioni e non voglio
rovinare tutto basandomi su ciò che c'è in rete adesso. Del resto
novembre non è poi così lontano e presto Queen Forever sarà pronto
per essere raccontato come si deve. Questo vuol dire che si, comprerò
anche “l'ennesima raccolta dei Queen”. Chiamatelo “amore a
scatola chiusa”, riconoscenza, magari anche delirio. Come dico
sempre, laddove c'è la musica di questa meravigliosa band non può
esserci sempre la fredda analisi degli errori (se tali sono) o delle
scelte che non condividiamo. Questo è il momento in cui, nonostante
tutto, non può che prevalere la gioia, pura e assoluta, che ci viene
offerta con queste tre canzoni. A ben vedere in pochi mesi hanno
accontentato tutti: i fans di mezzo mondo (e speriamo presto anche
l'altra metà ) con un tour memorabile; gli appassionati più accaniti
con un Rainbow entrato di diritto negli annali; tutti coloro che
amano i Queen pur non seguendoli in ogni loro passo e che con Queen
Forever potranno (ri)scoprire un passato diverso dalle solite hits,
con l'aggiunta di tre nuove (magari non nuovissime) gemme il cui
splendore non potrà che impreziosire una corona senza pari.
@Last_Horizon