Intervista a Brian May su Engineering and Technology Magazine del 20 Gennaio 2014

Come è già successo tante volte nel passato di questo leggendario chitarrista le luci lentamente calano, la folla resta in attesa, impaziente e ancora silenziosa. Poi Brian May sale sul palco seguito da due colleghi. Si avvicina al leggio affiancato da Denis Pellerin e Paula Fleming, esordisce con una battuta o due, e introduce il tema di questa lezione: la fotografia stereoscopica del 19° secolo. Per quanto strano possa sembrare, May ed i suoi co-autori hanno presentato un nuovo libro sulla storia delle immagini 3D presso la British Library alla presenza di una cerchia selezionata di alcune centinaia di appassionati. Diableries: Stereoscopic Adventures in Hell è la seconda pubblicazione di May di quella che oggi è un forma d'arte dimenticata (il suo primo libro era stato il bucolico A Village Lost and Found, che celebrava l'opera del pioniere inglese della stereografica TR Williams). "E' stato un mio sogno per decenni quello di portare la fotografia stereo a Londra", spiega Brian al pubblico. Per un uomo che ha vissuto sotto i riflettori di un successo internazionale come musicista per la maggior parte della sua vita adulta, questo progetto potrebbe a prima vista apparire qualcosa di più simile ad un sogno modesto. Ma, man mano che la presentazine del libro avanza - siamo alla vigilia di Halloween - ciò che appare chiaro è che May è terribilmente serio e il suo sogno potrebbe essere descritto come una vera e propria ossessione, non un semplice passatempo.


Parlando con Brian pochi giorni dopo l'evento alla British Library, mi racconta di come la proiezione stereografica, o stereoscopia, è il processo tecnico grazie al quale le immagini 3D vengono create nel cervello, quale risultato della fusione di immagini quasi identiche ma leggermente sfalsate e viste attraverso uno strumento binocolare. La tecnologia risale agli albori della fotografica, con il primo set di immagini stereografiche sperimentali prodotte nel 1840. Per i vittoriani, la stereoscopia era una forma molto popolare di intrattenimento che May paragona con televisione moderna. Oggi le raccolte di cards originali sono difficili da trovare, ma se si sa dove cercare è possibile trovare le serie dedicate alle prime spedizioni geografiche in Groenlandia o in Nord America, o anche quelle che illustrano pittoreschi villaggi nell'Oxfordshire. Ma il nuovo libro di May è dedicato ad una collezione di cards soprannominate le 'diavolerie' e sono, in effetti, abbastanza diaboliche:
"Le immagini stereoscopiche sono per loro natura sorprendenti perché hanno una profondità incredibile. Le composizioni sono stupende, non solo perché gli occhi dei personaggi raffigurati si illuminano, i gioielli luccicano e nelle lanterne si può scorgere il bagliore delle fiamme. Il bello è che consentono di osservare una realtà tutta parallela popolata da scheletri che raffigurano tutti i tipi di male. Aggiungete a questo la satira politica che è incorporata in queste figure e avrete qualcosa di davvero speciale."

E spettrale aggiungiamo noi. Ovunque ci sono diavoli e dervisci e anche la copertura del libro ha un rilievo in oro che rappresenta un demone dotato di una tromba piuttosto diabolica. I vittoriani amavano roba inquietante. May dice che il suo interesse per la stereoscopia è iniziato quando era ancora un ragazzino:
"Ero molto curioso e avevo l'abitudine di fingere di dormire mentre invece me ne stavo sotto le coperte del mio letto con un occhio che sbirciava la stanza buia e riflettevo sul motivo per il quale il mio cervello stava ricevendo due immagini diverse da ciascun occhio. E questo ha generato la mia curiosità in quella direzione."

May ricorda come in gioventù le cards prodotte dalla VistaScreen per i cereali della Weetabix lo affascinavano. Per poterle osservare si aveva bisogno di un visualizzatore, ma il chitarrista ha elaborato un sistema per osservarle anche senza alcun dispositivo, semplicemente incrociando gli occhi e sfocando l'immagine che, come per magia, diventa in tre dimensioni. Ma ovviamente il metodo più semplice è costruire un visore e Brian ha fatto anche questo costruendone uno ideato interamente da lui:
"Ho capito molto presto che cosa occorreva fare per ottenere immagini in 3D, .Si tratta di un principio così semplice, eppure nessuno può dire fisiologicamente cosa succede nel proprio cervello quando si mettono le due immagini insieme. Le immagini stereoscopiche sono state una delle prime forme di fotografia e ho scoperto che tutti i pionieri di questa tecnica non erano semplicemente iinventori, ma anche degli artisti. E penso che questo aspetto sia anche parte del grande spirito vittoriano. Non è vero che bisogna dividere con un confine l'arte dalla scienza. E questo è esattamente il mio modo di essere. Penso che la grande arte deve sposare la grande scienza.”

Le immagini stereoscopiche assumono la forma di due fotografie affiancate e stampate su tessuto e montate su telai di carta e poi dipinte con l'aggiunta di gel colorati. Brian ne ha trovate tantissime girovagando negli ultimi 40 anni tra i rigattieri di tutto il mondo:
"Bisogna tenere presente che i vittoriani non avevano telefoni o film. Quindi queste immagini erano davvero l'unica finestra sul mondo. Per questo vennero realizzate cards che trattano ogni genere di argomento, ma per questo libro abbiamo scelto le Diableries.”

May spiega che se si vuole datare l'origine della rappresentazione stereoscopica delle immagini fotografiche è necessario tornare al 1838, quando l'inventore inglese Sir Charles Wheatstone descrisse per la prima quella che lui chiamava 'stereopsi'. Il suo lavoro gli fruttò una Royal Medal della Royal Society nel 1840. Ma altri studiosi stavano lavorando lungo linee simili, tra cui David Brewster e un certo Signor Eliot , un insegnante di matematica di Edimburgo:
"Quello fu esattamente il momento in cui Fox Talbot stava elaborando il suo processo fotografico in Inghilterra (chiamato calotipo) e Louis Daguerre stava facendo altrettanto in Francia con i suoi dagherrotipi. Come spesso accade nella tecnologia , la concorrenza alimenta l'innovazione. La gara era in corso e questa ha generato la fotografia stereoscopica. “L'obiettivo della stereoscopia è quello di riprodurre l'esperienza che si avrebbe come se si fossi realmente nella scena rappresentata. Supponiamo che siate seduti di fronte a un albero con la vostra fotocamera stereoscopica. Ciò che si vuole fare è riprodurre il più fedelmente possibile quello che la fotocamera stereoscopica ha di fronte, riprendendo l'immagine che osservate cl vostro occhio destro e quella che vedete col sinistro per poi combinarle assieme.”

I vittoriani utilizzavano dei visori stereoscopici, un metodo che secondo May resta ancora il migliore. Ma, non contento di rintracciare semplicemente i primi esempi di questi strumenti, ha deciso di inventarne uno moderno in modo che i suoi lettori possano godere della migliore esperienza possibile leggendo i suoi libri. Il risultato è il cosiddetto 'gufo', che ha progettato per conto della London Stereoscopic Company (di cui Brian è presidente). May prosegue dicendo che la visione stereoscopica delle card proprio come facevano i vittoriani con i loro visori è un'esperienza molto più ricca di quanto la visione di un film in 3D al cinema possa offrire. Il suo primo libro sulla fotografia stereoscopica, A Village Lost and Found, è stato una sorta di modello per Diableries:
"Ne hanno parlato in tanti ed è diventato un punto di riferimento. Le immagini stampate nel libro erano di alta qualità e quindi sufficienti per poter essere vissute direttamente fuori dalla pagina. Questo è stato uno dei problemi tecnologici più complessi da superare, perché anche i libri d'arte di alta qualità sono serigrafati e se si guarda le serigrafie attraverso il gufo si vedono i puntini che compongono le foto. Quindi la prima cosa che ho dovuto fare è stato trovare un metodo serigrafico che non producesse l'effetto 'a puntini'."

Il risultato della ricerca di Brian per la soluzione del problema ha portato a realizzare un processo stocastico di screening, che differisce dal metodo tradizionale di stampa a puntini per il fatto che la disposizione geometrica dei punti si basa sulla distribuzione pseudo-casuale anziché sulla spaziatura fissa. May ha poi scoperto che il successo nel riprodurre le carte stereo dipende da come viene realizzata la stampa:
Abbiamo trovato questa stampante di qualità meravigliosa in Italia. Sono davvero entusiasta di come le immagini vengono fuori. Non credo ci sia mai stato un libro con una qualità di immagini così alta."

Che cosa questo significhi in termini di business per May è presto detto:
"Difficile per noi fare un profitto su questo libro. Ma questo davvero non importa. Volevo solo il miglior libro possibile. Questo è la realizzazione del mio sogno di portare questo meraviglioso immaginario all'attenzione del pubblico. E' una grande esperienza che ho voluto condividere. Non è solo intrattenimento, questo libro è anche un lavoro scientifico e la chiave della sua riuscita è stato il coinvolgimento di Denis Pellerin, il più straordinario storico della fotografia che abbia mai incontrato. Denis è in grado di entrare in tutti quegli angoli bui della storia per scoprire che cosa queste immagini realmente significano."

Al giorno d'oggi molti filmati in 3D sono realizzati in digitale e ogni regista ormai può realizzate la propria visione. Quindi in cosa consiste questa tecnologia 'di basso profilo' che appassiona così tanto il chitarrista?
"Beh, prima di tutto non la definirei tecnologia di basso profilo. E' solo diversa e più delicata nel suo complesso. Se si tenta di riprodurre le diableries con la tecnologia moderno sono abbastanza convinto che ci si riesce. Posso dirlo che perché ho provato."

May confessa che lui è una specie di lealista analogico sia in fotografia che in musica. I primi LP dei Queen avevano una nota di copertina che con orgoglio spiegava che la band non aveva usato sintetizzatori, né digitali né di altro tipo:
"Oggi c'è ancora posto per l'analogico nella musica e questo perché noi esseri umani siamo creature analogiche. Non siamo fatti di zeri e di uno e tendo a pensare che torneremo all'analogico ad un certo punto, il che è un'ironia in un certo senso, perché non avrei mai potuto fare questo libro senza l'utilizzo della tecnologia digitale. Senza l'editing di immagini e i software di ripristinole " diableries sarebbero state una raccolta di immagini di bassa qualità e rovinate dal tempo. E io ringrazio Dio per l'invenzione di Photoshop, che mi ha permesso di digitalizzare le immagini e di lavorarci su per poi riconvertirle di nuovo in analogico in modo da poterle presentare nel libro. E quello che si vede è più o meno esattamente quello che i vittoriani avrebbero visto. Ma io amo le vecchie tecnologie perché in esse c'è intimità e calore. E poi non c'è niente di meglio che guardare le cards 3D attraverso uno stereoscopio."

E allora cosa ci riservano in futuro le avventure sterepscopiche di Brian May ?
"Ci sono tanti libri che vorrei scrivere sulla stereoscopia. Forse uno sulle piramidi d'Egitto. Sarebbe fantastico."



@Last_Horizon