Come è già successo tante volte nel
passato di questo leggendario chitarrista le luci lentamente calano,
la folla resta in attesa, impaziente e ancora silenziosa. Poi Brian
May sale sul palco seguito da due colleghi. Si avvicina al leggio
affiancato da Denis Pellerin e Paula Fleming, esordisce con una
battuta o due, e introduce il tema di questa lezione: la fotografia
stereoscopica del 19° secolo. Per quanto strano possa sembrare, May
ed i suoi co-autori hanno presentato un nuovo libro sulla storia
delle immagini 3D presso la British Library alla presenza di una
cerchia selezionata di alcune centinaia di appassionati. Diableries:
Stereoscopic Adventures in Hell è la seconda pubblicazione di May di
quella che oggi è un forma d'arte dimenticata (il suo primo libro
era stato il bucolico A Village Lost and Found, che celebrava l'opera
del pioniere inglese della stereografica TR Williams). "E' stato
un mio sogno per decenni quello di portare la fotografia stereo a
Londra", spiega Brian al pubblico. Per un uomo che ha vissuto
sotto i riflettori di un successo internazionale come musicista per
la maggior parte della sua vita adulta, questo progetto potrebbe a
prima vista apparire qualcosa di più simile ad un sogno modesto. Ma,
man mano che la presentazine del libro avanza - siamo alla vigilia di
Halloween - ciò che appare chiaro è che May è terribilmente serio
e il suo sogno potrebbe essere descritto come una vera e propria
ossessione, non un semplice passatempo.
Parlando con Brian pochi giorni dopo
l'evento alla British Library, mi racconta di come la proiezione
stereografica, o stereoscopia, è il processo tecnico grazie al quale
le immagini 3D vengono create nel cervello, quale risultato della
fusione di immagini quasi identiche ma leggermente sfalsate e viste
attraverso uno strumento binocolare. La tecnologia risale agli albori
della fotografica, con il primo set di immagini stereografiche
sperimentali prodotte nel 1840. Per i vittoriani, la stereoscopia era
una forma molto popolare di intrattenimento che May paragona con
televisione moderna. Oggi le raccolte di cards originali sono
difficili da trovare, ma se si sa dove cercare è possibile trovare
le serie dedicate alle prime spedizioni geografiche in Groenlandia o
in Nord America, o anche quelle che illustrano pittoreschi villaggi
nell'Oxfordshire. Ma il nuovo libro di May è dedicato ad una
collezione di cards soprannominate le 'diavolerie' e sono, in
effetti, abbastanza diaboliche:
"Le immagini stereoscopiche sono
per loro natura sorprendenti perché hanno una profonditÃ
incredibile. Le composizioni sono stupende, non solo perché gli
occhi dei personaggi raffigurati si illuminano, i gioielli luccicano
e nelle lanterne si può scorgere il bagliore delle fiamme. Il bello
è che consentono di osservare una realtà tutta parallela popolata
da scheletri che raffigurano tutti i tipi di male. Aggiungete a
questo la satira politica che è incorporata in queste figure e
avrete qualcosa di davvero speciale."
E spettrale aggiungiamo noi. Ovunque ci
sono diavoli e dervisci e anche la copertura del libro ha un rilievo
in oro che rappresenta un demone dotato di una tromba piuttosto
diabolica. I vittoriani amavano roba inquietante. May dice che il suo
interesse per la stereoscopia è iniziato quando era ancora un
ragazzino:
"Ero molto curioso e avevo
l'abitudine di fingere di dormire mentre invece me ne stavo sotto le
coperte del mio letto con un occhio che sbirciava la stanza buia e
riflettevo sul motivo per il quale il mio cervello stava ricevendo
due immagini diverse da ciascun occhio. E questo ha generato la mia
curiosità in quella direzione."
May ricorda come in gioventù le cards
prodotte dalla VistaScreen per i cereali della Weetabix lo
affascinavano. Per poterle osservare si aveva bisogno di un
visualizzatore, ma il chitarrista ha elaborato un sistema per
osservarle anche senza alcun dispositivo, semplicemente incrociando
gli occhi e sfocando l'immagine che, come per magia, diventa in tre
dimensioni. Ma ovviamente il metodo più semplice è costruire un
visore e Brian ha fatto anche questo costruendone uno ideato
interamente da lui:
"Ho capito molto presto che cosa
occorreva fare per ottenere immagini in 3D, .Si tratta di un
principio così semplice, eppure nessuno può dire fisiologicamente
cosa succede nel proprio cervello quando si mettono le due immagini
insieme. Le immagini stereoscopiche sono state una delle prime forme
di fotografia e ho scoperto che tutti i pionieri di questa tecnica
non erano semplicemente iinventori, ma anche degli artisti. E penso
che questo aspetto sia anche parte del grande spirito vittoriano. Non
è vero che bisogna dividere con un confine l'arte dalla scienza. E
questo è esattamente il mio modo di essere. Penso che la grande arte
deve sposare la grande scienza.”
Le immagini stereoscopiche assumono la
forma di due fotografie affiancate e stampate su tessuto e montate su
telai di carta e poi dipinte con l'aggiunta di gel colorati. Brian ne
ha trovate tantissime girovagando negli ultimi 40 anni tra i
rigattieri di tutto il mondo:
"Bisogna tenere presente che i
vittoriani non avevano telefoni o film. Quindi queste immagini erano
davvero l'unica finestra sul mondo. Per questo vennero realizzate
cards che trattano ogni genere di argomento, ma per questo libro
abbiamo scelto le Diableries.”
May spiega che se si vuole datare
l'origine della rappresentazione stereoscopica delle immagini
fotografiche è necessario tornare al 1838, quando l'inventore
inglese Sir Charles Wheatstone descrisse per la prima quella che lui
chiamava 'stereopsi'. Il suo lavoro gli fruttò una Royal Medal della
Royal Society nel 1840. Ma altri studiosi stavano lavorando lungo
linee simili, tra cui David Brewster e un certo Signor Eliot , un
insegnante di matematica di Edimburgo:
"Quello fu esattamente il momento
in cui Fox Talbot stava elaborando il suo processo fotografico in
Inghilterra (chiamato calotipo) e Louis Daguerre stava facendo
altrettanto in Francia con i suoi dagherrotipi. Come spesso accade
nella tecnologia , la concorrenza alimenta l'innovazione. La gara era
in corso e questa ha generato la fotografia stereoscopica.
“L'obiettivo della stereoscopia è quello di riprodurre
l'esperienza che si avrebbe come se si fossi realmente nella scena
rappresentata. Supponiamo che siate seduti di fronte a un albero con
la vostra fotocamera stereoscopica. Ciò che si vuole fare è
riprodurre il più fedelmente possibile quello che la fotocamera
stereoscopica ha di fronte, riprendendo l'immagine che osservate cl
vostro occhio destro e quella che vedete col sinistro per poi
combinarle assieme.”
I vittoriani utilizzavano dei visori
stereoscopici, un metodo che secondo May resta ancora il migliore.
Ma, non contento di rintracciare semplicemente i primi esempi di
questi strumenti, ha deciso di inventarne uno moderno in modo che i
suoi lettori possano godere della migliore esperienza possibile
leggendo i suoi libri. Il risultato è il cosiddetto 'gufo', che ha
progettato per conto della London Stereoscopic Company (di cui Brian
è presidente). May prosegue dicendo che la visione stereoscopica
delle card proprio come facevano i vittoriani con i loro visori è
un'esperienza molto più ricca di quanto la visione di un film in 3D
al cinema possa offrire. Il suo primo libro sulla fotografia
stereoscopica, A Village Lost and Found, è stato una sorta di
modello per Diableries:
"Ne hanno parlato in tanti ed è
diventato un punto di riferimento. Le immagini stampate nel libro
erano di alta qualità e quindi sufficienti per poter essere vissute
direttamente fuori dalla pagina. Questo è stato uno dei problemi
tecnologici più complessi da superare, perché anche i libri d'arte
di alta qualità sono serigrafati e se si guarda le serigrafie
attraverso il gufo si vedono i puntini che compongono le foto. Quindi
la prima cosa che ho dovuto fare è stato trovare un metodo
serigrafico che non producesse l'effetto 'a puntini'."
Il risultato della ricerca di Brian per
la soluzione del problema ha portato a realizzare un processo
stocastico di screening, che differisce dal metodo tradizionale di
stampa a puntini per il fatto che la disposizione geometrica dei
punti si basa sulla distribuzione pseudo-casuale anziché sulla
spaziatura fissa. May ha poi scoperto che il successo nel riprodurre
le carte stereo dipende da come viene realizzata la stampa:
Abbiamo trovato questa stampante di
qualità meravigliosa in Italia. Sono davvero entusiasta di come le
immagini vengono fuori. Non credo ci sia mai stato un libro con una
qualità di immagini così alta."
Che cosa questo significhi in termini
di business per May è presto detto:
"Difficile per noi fare un
profitto su questo libro. Ma questo davvero non importa. Volevo solo
il miglior libro possibile. Questo è la realizzazione del mio sogno
di portare questo meraviglioso immaginario all'attenzione del
pubblico. E' una grande esperienza che ho voluto condividere. Non è
solo intrattenimento, questo libro è anche un lavoro scientifico e
la chiave della sua riuscita è stato il coinvolgimento di Denis
Pellerin, il più straordinario storico della fotografia che abbia
mai incontrato. Denis è in grado di entrare in tutti quegli angoli
bui della storia per scoprire che cosa queste immagini realmente
significano."
Al giorno d'oggi molti filmati in 3D
sono realizzati in digitale e ogni regista ormai può realizzate la
propria visione. Quindi in cosa consiste questa tecnologia 'di basso
profilo' che appassiona così tanto il chitarrista?
"Beh, prima di tutto non la
definirei tecnologia di basso profilo. E' solo diversa e più
delicata nel suo complesso. Se si tenta di riprodurre le diableries
con la tecnologia moderno sono abbastanza convinto che ci si riesce.
Posso dirlo che perché ho provato."
May confessa che lui è una specie di
lealista analogico sia in fotografia che in musica. I primi LP dei
Queen avevano una nota di copertina che con orgoglio spiegava che la
band non aveva usato sintetizzatori, né digitali né di altro tipo:
"Oggi c'è ancora posto per
l'analogico nella musica e questo perché noi esseri umani siamo
creature analogiche. Non siamo fatti di zeri e di uno e tendo a
pensare che torneremo all'analogico ad un certo punto, il che è
un'ironia in un certo senso, perché non avrei mai potuto fare questo
libro senza l'utilizzo della tecnologia digitale. Senza l'editing di
immagini e i software di ripristinole " diableries sarebbero
state una raccolta di immagini di bassa qualità e rovinate dal
tempo. E io ringrazio Dio per l'invenzione di Photoshop, che mi ha
permesso di digitalizzare le immagini e di lavorarci su per poi
riconvertirle di nuovo in analogico in modo da poterle presentare nel
libro. E quello che si vede è più o meno esattamente quello che i
vittoriani avrebbero visto. Ma io amo le vecchie tecnologie perché
in esse c'è intimità e calore. E poi non c'è niente di meglio che
guardare le cards 3D attraverso uno stereoscopio."
E allora cosa ci riservano in futuro le
avventure sterepscopiche di Brian May ?
"Ci sono tanti libri che vorrei
scrivere sulla stereoscopia. Forse uno sulle piramidi d'Egitto.
Sarebbe fantastico."
(Fonte: http://eandt.theiet.org)
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