Accade tutte
le notti. Non appena il sole si lascia inghiottire dalla linea dell'orizzonte e
il cielo perde tutti i suoi colori, compare nell'oscurità la prima stella della
sera. Ad essa ne seguono molte altre, fino a disegnare fra le tenebre forme e
archi di luce. Non hanno la forza di dissipare l'oscurità , eppure osservarle è
una tentazione a cui è impossibile resistere. Succedeva milioni di anni fa,
quando l'essere umano non conosceva ancora il linguaggio e al calar della sera
fuggiva spaventato a nascondersi. E succede ancora oggi, quando ci ritroviamo
da soli ad ammirare la volta stellata, quasi che tra quelle luci così lontane
sia celato un richiamo o forse un messaggio in codice che da sempre tentiamo di
decifrare.
L'ultima
frontiera di quell'immenso oceano di stelle che l'uomo si appresta a toccare ha
un nome antico e nobile: Ultima Thule. Nel ;edioevo era il nome con cui veniva
chiamata la leggendaria isola posta al di là dell'ultimo orizzonte, la terra
più misteriosa e irraggiungibile. Per noi, ebbri dei festeggiamenti per il
Nuovo Anno, Ultima Thule è il nome dato ad un oggetto astronomico, un asteroide
o forse un gruppo di rocce perse nel cosmo, al di sopra delle quali la sonda
della NASA New Horizons viaggia veloce, prolungamento ideale delle dita con le
quali vorremmo, notte dopo notte, toccare le stelle.
L'incontro
tra New Horizons e Ultima Thule avverrà tra poche ore, forse addirittura una
manciata di minuti mentre state leggendo queste parole. È uno degli eventi più
importanti della storia dell'umanità , perché Ultima Thule rappresenta il punto
più lontano raggiunto dall'uomo attraverso una macchina, eccezion fatta per le
sonde Voyager che da decenni sono diventate viaggiatrici intergalattiche, ma
non più guidate dalla Terra. New Horizons è invece una navicella abilmente
governata dal centro di controllo della NASA situato nel Maryland. Di fronte ai
computer e agli strumenti scientifici pronti a raccogliere le informazioni che
Ultima Thule vorrà rivelarci, stanno i tecnici dell'ente spaziale americano. E
Brian May.
Il nostro
amato chitarrista si trova lì nella duplice veste di scienziato e musicista.
Perché da qualche tempo è consulente della NASA (ha realizzato, ad esempio, le
prime immagini stereoscopiche di Plutone) e perché nel mese di Maggio ha
raccolto l'invito lanciato da Alan Stern di scrivere una canzone che facesse da
colonna sonora all'incontro tra New Horizons e Ultima Thule. Brian ha raccolto
la sfida, ha sondato il proprio animo e attinto alle energie che da sempre ne
contraddistinguono l'agire tra mille attività diverse. Il risultato è il brano
che da domani mattina potremo ascoltare dopo che dalla NASA sarà stato inviato
proprio lì, fino al limitare del cosmo fino ad oggi conosciuto.
E allora io
sono qui, a raccontarvi di questa nuova canzone, che per noi fans segna non
solo un passaggio epocale nella storia dell'umanità ma anche il più modesto, ma
per noi importantissimo, ritorno di Brian May alla carriera solista. Non accadeva
da ben due decenni. Un tempo troppo lungo per non gioire fin dall'annuncio che
il 1° Gennaio 2019 sarebbe stato segnato dall'uscita del suo nuovo singolo. Una
felicità che oggi, in questi minuti, mi fa esultare perché trova piena e
assoluta conferma nella bellezza della canzone.
New
Horizons, questo l'inevitabile titolo del singolo, con l'ulteriore
sottolineatura “Ultima Thule Mix” è una canzone in perfetto stile Brian May. Ed
è forse questa la sorpresa più grande che rivela il primo ascolto. Perché pur
essendo trascorsi così tanti anni, quello stile così tipico che abbiamo
imparato a conoscere ed amare fin dai primi album dei Queen è presente in tutta
la sua gloria. Di più, New Horizons si inserisce perfettamente in quel contesto
creativo grazie al quale Brian May ha dato alle stampe Back To The Light prima
e Another World poi. Nulla sembra essere cambiato. Ma nulla in questa nuova
traccia fa pensare solamente al passato.
New Horizons
è una canzone totalmente proiettata al presente e, lo speriamo tutti, ad un
nuovo futuro musicale del quale abbiamo sentito la mancanza per troppo tempo.
Ci accoglie con la voce di Stephen Hawking, perfetto intro per annunciare il
raggiungimento dell'obiettivo della sonda e che ha in sé inevitabili
reminiscenze pinkfloydiane. A questo segue l'ideale viaggio intergalattico,
narrato attraverso i sempre inconfondibili accordi della Red Special e la voce
di Brian May che sembra quasi sospingere New Horizons verso la propria meta. Ed
è questa naturalmente la seconda meravigliosa sorpresa, che ci offre la
canzone: il ritorno di Brian davanti ad un microfono. Per chi lo segue da tanti
anni sa che per lui cantare era diventato un esercizio assai difficile, dal
quale è rifuggito più volte cedendo la ribalta a Kerry Ellis e Adam Lambert. Ma
New Horizons meritava qualcosa di speciale e con essa anche noi.
La voce di
Brian ci riporta indietro nel tempo, a quando sentirlo cantare era una delle
consuete forme attraverso cui potevamo godere della musica dei Queen e della
sua solista. La stessa canzone contiene tutti quegli elementi tipici che ci
fanno dire “ecco, questo è lui, qui c'è tutto il suo stile perfettamente
riconoscibile”. E così, ancora una volta, non possiamo non gioire nel ritrovare
quei cori così tipicamente “alla Queen” e i fraseggi mirabilmente eseguiti alla
Red Special con una energia che incanta e genera entusiasmo.
New Horizons
somiglia incredibilmente a ciò a cui è destinata, ovvero un viaggio attraverso
le stelle. L'effetto è generato dalla progressione che caratterizza il pezzo,
un crescendo fatto di liriche ispirate e assoli di chitarra in perfetto
equilibrio con il basso e la batteria, che culmina poi nell'assolo finale con
il quale sul volto dell'ascoltatore emerge un sorriso di gioia. Perché il
connubio tra la voce di Brian May e la sua chitarra è il nostro posto, il luogo
musicale nel quale amiamo stare e dal quale siamo mancati per troppo tempo. A
chiudere il brano, infine, l'ultimo messaggio di Stephen Hawking: “Esploriamo
l'universo perché siamo esseri umani e perché abbiamo bisogno di sapere”.
Al momento
non sappiamo cosa ci rivelerà la missione di New Horizons. Ultima Thule è, in
fin dei conti, solo l'ennesimo confine da superare in cerca della prossima
meta. A noi fans resta tuttavia la certezza che Brian May è tornato a regalarci
musica di altissimo profilo. La speranza è che anche questa canzone sia
solamente un passaggio verso qualcosa di ancora più grande. Della musica di
Brian abbiamo un estremo bisogno e, se seguiranno altri brani o addirittura un nuovo
album solista, al momento possiamo solo sperarlo. È l'auspicio più bello che
possiamo concederci al confine tra quest'anno e il nuovo. È il desiderio del
fan innamorato di questa musica meravigliosa che da oggi può aggiungere al
proprio bagaglio di emozioni, anche il nuovo singolo di Brian May.
New Horizons. The review of Brian May's new single.
It happens every night. As soon as the sun is swallowed up by the
horizon and the sky fades out, dissolving all its colours, the first evening
star appears in the darkness. Many others will follow and draw countless shapes
and arches of light in the darkness.They don’t have the strength to dispel the
darkness, nonetheless to observe them is a temptation to which it’s impossible
to resist. It happened millions of years ago, when human beings didn’t even know
their language and at nightfall they ran away, frightened, to seek shelter. And
it’s still happening today, when we find ourselves alone staring at the starry
vault, just as if a call, or maybe a coded message that we have always tried to
decipher, were hidden among those lights so far away.
The last frontier of that endless ocean of stars, which man is about to
touch, has an ancient and noble name: Ultima Thule. In the Middle Ages it was
the name given to the legendary island beyond the last horizon, the most
mysterious and unreachable land. For us, inebriated with the joy of the New
Year celebrations, Ultima Thule is the name given to an astronomical object, an
asteroid or perhaps a group of rocks lost in the cosmos, above which the NASA
New Horizons probe travels fast, just like an ideal extension of the fingers
with which we would like, night after night, to touch the stars.
The meeting between New Horizons and Ultima Thule probably has just
taken place when you are reading these words. It is one of the most important
events in the history of mankind, because Ultima Thule represents the furthest
point reached by man through a machine, except for the Voyager probes which,
for decades, have become intergalactic travelers, although no longer guided by
Earth. Whereas New Horizons is a spaceship skillfully governed by NASA's
control center located in Maryland. In front of the computers and scientific
instruments ready to collect the information that Ultima Thule wants to reveal
to us, there are the technicians of the American space agency. And Brian May
too.
Our beloved guitarist is there in the dual role of scientist and
musician. Both because he has been a consultant to NASA for some time (for
example, he created the first stereoscopic images of Pluto) and because, last
May, he accepted the invitation from Alan Stern to write a song that would act
as a soundtrack to the meeting between New Horizons and Ultima Thule. Brian
took up the challenge, tested his soul and drew on the energies which have
always distinguished his action in-between a thousand different activities. The
result is this song that, since this morning, we are able to hear after being
sent up there by NASA, to the limit of the cosmos known until today.
So now I'm here to tell you about this new song, which for us fans marks
not only an epoch-making step in the history of mankind, but also the most
modest, but very important to us, return of Brian May to a solo career. It
hadn't happened in two decades. A time too long not to rejoice about the
announcement that this date,1st January 2019, would be marked by the release of
Brian’s new single. A total happiness that today, these very minutes, makes me
full of joy because it finds full and absolute confirmation in the song’s
beauty.
New Horizons, this is the inevitable title of the single, with the
further emphasis "Ultima Thule Mix”, it’s a song in perfect Brian May
style. And probably this is the biggest surprise that it is revealed after the
first listening. Because although so many years have gone by, that typical
style that we have learned to know and love since Queen's first albums is
well-rooted here in all its glory. Furthermore, New Horizons fits perfectly
into that creative context thanks to which Brian May gave life to Back To The
Light first and, later, Another World. Nothing seems to have changed. But
nothing in this new track makes you think only about the past.
New Horizons is a song totally projected into the present and, we all
hope, into a new musical future which we have missed way too long. The track
welcomes us with the voice of Stephen Hawking, a perfect intro to announce the
achievement of the probe’s goal, and which echoes in itself some inevitable
pinkfloydian reminiscences. This is followed by the ideal intergalactic journey,
narrated by the always unmistakable chords of the Red Special ,and by Brian
May’s voice, which seem to push New Horizons towards its ultimate goal. And
this is of course the second wonderful surprise that the song offers us:
Brian's return in front of a microphone. Those who have been following him for
many years are aware that singing had become for Brian quite a difficult
exercise, which he repeatedly tried to avoid, by giving the limelight to Kerry
Ellis and Adam Lambert. But New Horizons deserved something special and, along
with it, we did too.
Brian's voice takes us back in time, when hearing him sing was one of
the usual ways in which we could enjoy the music of Queen as well as his solo
career. The same song contains all those typical elements that make us say
"here it is, this is him, here is all his perfectly recognizable
style". And so, once again, we can't help but rejoice in finding those
choirs so typically in "Queen" style and the phrasings, wonderfully
performed on the Red Special. with an energy which spellbinds and generates
enthusiasm.
New Horizons amazingly resembles what it is meant for - a journey
through the stars. The effect is generated by the progression that
characterizes the track, a crescendo made of inspired lyrics and guitar solos
in perfect balance with the bass and drums, culminating in the final solo which
brings a big smile of joy on the face of the listener. Because the union
between Brian May's voice and his guitar is our place, the musical place where
we love to be and which we have been missing for too long. Finally, the track
ends with Stephen Hawking’s last message: "We explore the universe because
we are human and we want to know".
At the moment we don't know what the New Horizons mission is going to
reveal to us. Ultimate Thule is, after all, just another boundary to be crossed
in search of the next destination. However we, as fans, are now sure that Brian
May has returned to give us top level music of the highest profile. Our hope is
that this song too is just a step towards something even greater. We are eager
and have a great need for Brian's music and at the moment we can only hope that
more tracks will follow or even a new solo album. It's the best wish we can
give ourselves right on the edge between the old year and the new one that has
just begun. It's the desire of all fans in love with this wonderful music who,
as from today, can add also this new
Brian May single to their emotional baggage.