I Queen + Adam Lambert a Bologna: la magia dei campioni


Cos'è che ci fa amare così tanto la musica? Qual è il meccanismo che si mette in moto ogni volta che ascoltiamo la nostra canzone preferita e che ci impedisce di star farmi? E ancora: perché ci sottoponiamo a ore di interminabili attese, in coda per accedere ad un'arena e spendiamo il nostro denaro per comprare dischi e assistere a dei concerti? Sono in tanti a porsi certe domande. Ma ieri sera a Bologna c'erano 14 mila persone in grado di dare la risposta giusta a tutti gli interrogativi: la passione per i Queen!


È questo il motore che ha spinto i fans a raggiungere la Unipol Arena di Casalecchio per vivere l'emozione di un nuovo show dei Queen + Adam Lambert. Sono stati mesi di attesa febbrile, costellati di dubbi, curiosità, dibattiti. Perché i Queen, che non possono staccarsi del tutto dal passato, una nuova esistenza la sta vivendo per davvero. E proprio per questo continuano a suscitare emozioni, talmente potenti da essere indimenticabili. Rispetto alle occasioni che hanno preceduto la data bolognese, oggi i Q+AL hanno definitivamente abbandonato la nostalgia per entrare in una fase nella quale la musica e lo spettacolo visivo sono alla base dell'esperienza offerta al pubblico.

L'ingresso del robot Frank è impressionante. Il pubblico resta quasi senza fiato quando i suoi passi scuotono l'Arena. E il suo volto che fa capolino attraverso la breccia nel muro che campeggia sul palco, catapulta gli spettatori dentro la copertina di News Of The World. Ma Frank non è qui per spargere sangue, ma emozioni. Benevolo, il colosso di ferro solleva la cortina che impedisce di ammirare il palco e il ritmo di We Will Rock You diventa l'irresistibile tenaglia che afferra tutto il pubblico e lo trascina in una spirale di gioia, divertimento e stupore che durerà per oltre due ore.

Per chi non è alla sua prima esperienza con i Q+AL, colpisce immediatamente la compattezza del sound e l'estrema misura con cui Adam Lambert interpreta il proprio ruolo di frontman. Se un tempo appariva come colui che deve stupire ad ogni costo, proponendo vocalizzi estremizzati, oggi Adam è un cantante consapevole delle proprie doti, definitivamente affrancato dal bisogno di farsi comprendere e apprezzare dai fans dei Queen che, infatti, non mancheranno di tributargli applausi e ringraziamenti post concerto. Adam sa cantare e lo fa con disinvoltura nonostante il repertorio dei Queen sia ai limiti dell'impossibile, con continui cambi di stile e rotta che rendono il concerto una sorta di corsa folle attraverso 4 decenni musicali.

Brian May e Roger Taylor sono stati, a insindacabile giudizio di 14 mila spettatori, semplicemente superlativi. Hanno donato se stessi sul palco. Non solo la propria musica ma anche tutte le energie a loro disposizione. Sono stati, in una parola, gli Artisti in scena, felicemente cannibalizzati da chi, urlando fino a perdere la voce, ha cantato con loro ogni singola strofa. Perché il pubblico italiano è rumoroso, infiammato, consapevole di dover ricambiare il dono ricevuto dai Queen con la stessa potenza. Il risultato è stato un concerto in cui erano tutti protagonisti. Ogni singola mano sollevata al cielo, ogni strofa cantata a perdifiato, tutti i sorrisi e le lacrime hanno composto un mosaico che oggi, ormai a qualche ora di distanza, non è un tatuaggio indelebile nei cuori di tutti i presenti.

Ma parlare solo degli aspetti emozionali sarebbe riduttivo, perché su quel palco è andato in scena uno spettacolo musicale interpretato da musicisti unici, tecnicamente superlativi. In poco più di due ore sono state spazzate via (speriamo definitivamente) tutte le allusioni all'età, alla lentezza di esecuzione, all'illazione che oggi i Q+AL siano poco più che mestieranti. E c'è una prova che conferma quanto questi musicisti siano stati eccezionali: mai, nemmeno per un'istante l'impianto luci e gli effetti visivi da fantascienza hanno preso il sopravvento sulla musica, sull'esecuzione dal vivo. Quanto sarebbe stato più semplice per loro cedere il passo alla tecnologia. Ma i Queen sono questo: energia allo stato puro. La musica che oggi incarnano Brian e Roger è una lama che scava nella carne, ma lo fa con dolcezza. Alcuni la chiamano estasi. Voi, che eravate lì, sapete a cosa mi riferisco.

E un tributo lo meritano anche Spike Edney, Neil Fairclough e Tyler Warren. Sono molto di più di semplici comprimari. Spike è a modo suo un pezzo di storia dei Queen. Neil riveste con professionalità il ruolo difficilissimo di non far rimpiangere John Deacon, che pure manca tanto ogni volta che i Queen vanno in scena. Tyler Warren si è rivelato fondamentale nella costruzione di armonie vocali altrimenti difficili da proporre.

Una menzione particolare va poi riservata a Bohemian Rhapsody. Fino a poco tempo fa rappresentava, assieme a Love Of My Life, il momento in cui veniva lasciato ampio spazio a Freddie Mercury. Oggi la canzone viene interamente cantata (benissimo) da Adam Lambert. Qualcuno potrebbe storcere il naso, perché Boh Rhap è intoccabile, talmente identificata con il suo creatore che disgiungere la voce di Freddie dal brano può essere apparso un azzardo davvero eccessivo. Ma eseguirla in questo modo ha lanciato un segnale, forse definitivo, che oggi i Queen + Adam Lambert sono una band vera, che sta percorrendo la propria strada. Non ci si può staccare dal passato (nemmeno sarebbe giusto farlo), ma a questo punto è necessario accettare fino in fondo la sfida: continuare con lo spettacolo. A proprio modo.

Certo, queste scelta contrasta con un'altra decisione che non convince del tutto. La setlist. È rimasta invariata fin dall'inizio del tour europeo. Canzoni meravigliose come Spread Your Wings e It's Late sono rimaste definitivamente fuori, nonostante questo tour sia anche la celebrazione dei 40 anni di News Of The World. Allo stesso modo non sono stati fatti tentativi più coraggiosi, proponendo canzoni magari mai fatte dal vivo. Si potrebbe dire che i Queen sono imprigionati nei loro Greatest Hits. È ciò che accade quando da anni non proponi nuova musica, eccetto che per la sfortunata (e sottovalutata parentesi di The Cosmos Rocks) e il grande pubblico ti identifica solo con una ventina di canzoni. Quelle che passano quotidianamente alla radio, per intenderci. Ma c'è da pensare che questo non sia ancora il tour definitivo e molto altro ci si può aspettare. Anche questa è una sensazione rimasta nell'aria alla fine dello spettacolo.

Cosa resta addosso e nella mente oggi? Un caleidoscopio di immagini certamente: Roger Taylor che intona la sua I'm Love With My Car e poi Under Pressure in duetto con Adam. La versione in stile Queen di Whataya Want From Me. L'assolo affilato come un rasoio di Brian May mentre Frank lo sostiene premuroso nel palmo della mano. Il breve ma intenso duetto di Brian e Freddie su Love Of My Life e poi quest'ultimo che si prende il palco per cantare da solo con il pubblico e far tornare tutti al glorioso 1986. i continui e riusciti ammiccamenti di Adam verso gli spettatori, per niente intimoriti all'idea di seguirlo, consapevoli che sul palco sta accadendo qualcosa che rispetta Freddie e la storia della band. Soprattutto, resta la felicità di aver preso parte ad un concerto dei Queen. Di essere, in qualche modo, entrati a far parte di una storia che è arrivata a Bologna ma che è già pronta a ripartire. Ne è valsa la pena? Oh si, miei cari, è stata un'esperienza da vivere!

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Ringrazio tutti coloro che mi hanno raccontato la loro storia al concerto e che stanno continuando a condividere le proprie emozioni sui vari social dove Queen Forever Blog è presente. E se vuoi, puoi raccontare anche tu la tua esperienza sulla pagina Facebook: CLICCA QUI