13 Luglio 1985: i Queen al Live Aid



I Queen sono la band dei mille record. L’elenco di successi e limiti superati è davvero enorme e tra questi il Live Aid è considerato da tutti come l’apice della loro carriera. Fu un’esibizione di appena 20 minuti, eppure in quello spazio temporale così esiguo i Queen riuscirono a fare qualcosa che ancora oggi è ritenuto impossibile da superare. Eppure nel 1985 la band viveva il periodo forse più difficile della propria carriera.


Non è un azzardo affermare che, se le cose fossero andate diversamente, oggi dovremmo ricordare il 1985 come l’anno in cui i Queen si sciolsero. La rottura tra i quattro membri del gruppo era davvero vicina, forse addirittura imminente, come suggeriscono le tante fonti che hanno trattato l’argomento. Il tentativo di carriera solista di Freddie Mercury, le enormi polemiche suscitate dalle esibizioni della band in Sudafrica e le continue tensioni tra loro quattro (sempre più distanti come persone e conflittuali dal punto di vista artistico), erano tutti elementi che stavano contribuendo alla distruzione del gruppo. In più, la certezza di aver perso il mercato americano aveva fatto si che i Queen dovessero fare i conti con un inaspettato e odioso ridimensionamento dei propri orizzonti.

A quel punto Freddie e soci si trovarono letteralmente di fronte ad un bivio. Da una parte lo scioglimento (e forse fu l’ipotesi maggiormente presa in considerazione, almeno per un certo periodo di tempo); dall’altro la ricerca di qualcosa in grado di ridare loro la giusta coesione e la spinta necessaria a rivedere i propri obiettivi e disegnarne di nuovi. In questo senso l’invito a partecipare al Live Aid fu il classico intervento divino che giunge a salvare dalle acque proprio quando il diluvio appare inevitabile.

Il Live Aid non fu determinante solo perché mostrò al mondo quanto i Queen fossero straordinari sul palco. Per buona parte del 1985 i Queen erano stati in giro a suonare un po’ ovunque (salvo gli Stati Uniti) e l’eco degli enormi concerti Sudamericani continuava ancora a farsi sentire. Discograficamente poi The Works e singoli come Radio Ga Ga e I Want To Break Free avevano aumentato il successo del gruppo, come evidenziato dai dati di classifica. Era l’aspetto umano dunque quello che doveva essere curato e in un certo senso potremmo dire che l’esibizione sul palco di Wembley fu realmente terapeutica.

Come spesso accade quando si va a fa a quare qualcosa che cambierà la storia, i Queen stessi non erano davvero consapevoli di cosa avrebbe rappresentato l’evento. Ma le scelte operate dal gruppo furono vincenti, a partire dall’idea di proporre un set di canzoni capaci di replicare uno show intero, tanto che il pubblico tornò a casa con la sensazione di aver preso parte ad un concerto dei Queen con tanti ospiti di riguardo!

Inoltre, l’approccio al concerto fu estremamente professionale e anche in questo i Queen dimostrarono di essere una spanna superiori a tutti gli altri partecipanti. Negli anni ’80 i grandi eventi rock erano ancora una rarità e l’idea di salire sul palco con tanti altri musicisti veniva vista come un’occasione per far festa, in cui tralasciare la qualità del suono e della performance, tanto “non si suonava di fronte al proprio pubblico”. Per i Queen invece l’approccio fu totalmente diverso. Misero al primo posto l’importanza di offrire alla gente qualcosa di memorabile, senza lasciarsi spaventare dall’idea di avere di fronte i fan di altri artisti. Curarono ogni dettaglio della loro esibizione e tutti gli aspetti tecnici, risultando alla fine i migliori sotto ogni punto di vista e trascinando la platea come nessun altro fu in grado di fare. Memorabile in proposito la dichiarazione di Elton John che, chiamato ad esibirsi dopo i Queen, riteneva che non avrebbe mai potuto fare di meglio.
  
Quei 20 minuti del Live Aid furono quindi un concerto dei Queen a tutti gli effetti, da cui i membri della band trassero maggior fiducia nelle proprie possibilità, fino a quel momento messe in dubbio dai passi falsi in America e Sudafrica e fecero sentire loro parte del business musicale dopo aver rischiato l’espulsione per i concerti di Sun City. In più fecero tornare la voglia, soprattutto a Freddie, di rimettere piede in studio e registrare materiale nuovo, come poi in effetti avvenne con la pubblicazione del singolo One Vision, nato da un’idea di Roger Taylor proprio sull’onda emotiva vissuta al Live Aid (ma poi sapientemente rivoluzionata dallo stesso Freddie assieme a John e Brian). L’idea stessa di accreditare il 45 giri a tutti e quattro i membri del gruppo (una scelta che sarebbe poi diventata definitiva pochi anni dopo), sottolinea la ritrovata coesione all’interno della band.

A ben vedere quindi il Live Aid fu un autentico spartiacque, uno di quei momenti in cui prendere una certa direzione può comportare il trionfo o l’irreparabile distruzione. Senza l’invito di Bob Geldof forse i Queen avrebbero fatto i conti con la consapevolezza che la loro storia, umana prima ancora che artistica, era definitivamente tramontata, come spesso accade anche nei matrimoni più riusciti. Ma, come dice spesso Brian May, la storia dei Queen sembra funzionare meglio e più a lungo di qualsiasi unione.

È anche per questo che ogni anno il 13 Luglio, i fan festeggiano l’esibizione del Live Aid, con un misto di orgoglio per una performance che non conoscerà mai eguali e di sollievo, perché la Storia, quella con la S maiuscola i Queen l’hanno cambiata davvero quel giorno del 1985, diventando leggende immortali e quindi senza tempo.

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