Gli ultimi giorni dei Queen con Freddie Mercury

Non c'è mai stata una band come i Queen, capace cioè nel corso della propria carriera di attingere all'hard rock e all'heavy metal, al prog-rock e al glam, sconfinando nel vaudeville e nella discomusic, senza disdegnare addirittura il gospel e il rockabilly. E l'elenco potrebbe continuare. In più, i quattro membri del gruppo sono stati la compagine più eterogenea della storia della musica, ciascuno dotato della propria personalità, ognuno con un percorso di studi differente e una visione della musica talvolta in contrasto con quella degli altri componenti.



Eppure, proprio in queste diversità, Freddie Mercury, Brian May, John Deacon e Roger Taylor hanno trovato il terreno su cui costruire un successo divenuto leggenda e certificato dai 300 milioni di album venduti, dai primi posti in classifica e dagli stadi di tutto il mondo pieni in ogni ordine di posto. Se poi a questo si aggiungono la circostanza che tutti e quattro hanno scritto canzoni diventate veri e propri classici e che, messi a confronto con altri artisti (vedi il Live Aid nel 1985) sono stati in grado di dimostrare di essere semplicemente i migliori, allora resta davvero poco da dire per spiegare la grandezza di questa band.

Ma c'è anche un ulteriore elemento in grado di rendere i Queen davvero unici, ovvero il fatto che il chitarrista Brian May e il batterista Roger Taylor hanno trovato la forza (e il coraggio) di rimettere assieme la band anche dopo la morte di Freddie Mercury e la fuoriuscita volontaria del bassista John Deacon, prima unendo le loro sorti a quelle del cantante ex Free e Bad Company Paul Rodgers e, più recentemente, chiamando al loro fianco Adam Lambert, capace in poco tempo di convincere anche i più recalcitrarti che si, i Queen possono ancora esistere, anche se in una forma inevitabilmente diversa dal passato.

Alcuni anni fa, l'autore originario di questo articolo (il link lo trovate in fondo alla pagina) ha avuto modo di incontrare Brian e Roger durante un pranzo a casa Taylor. L'occasione era data dalla presentazione ufficiale di The Cosmos Rocks, l'album inciso nel 2008 assieme a Paul Rodgers, forse il tentativo più estremo di dare nuova vita ai Queen. Durante l'incontro, l'autore ebbe modo di parlare diffusamente con i due musicisti anche degli ultimi giorni di Freddie Mercury, una conversazione certamente interessante ma rimasta inedita per lungo tempo.

Poi sono arrivati il lancio della raccolta Queen Forever e la nascita del sodalizio con Adam Lambert, così l'autore ha pensato di recuperare quella vecchia intervista. Oggi, a chi vi scrive da questo Blog, sembra ancora d'attualità il tema del rapporto tra gli attuali Queen e la memoria di Freddie Mercury, soprattutto ora che assieme ad Adam è iniziato un nuovo tour, perché i rapporti tra il passato e il presente sono innegabili e inevitabili ed è bene rimarcarne l'importanza e il valore.

"Non abbiamo mai avuto un metodo, in realtà", dice May, "non c'è mai stato un modus operandi standard all'interno dei Queen. Ci sono stati così tanti processi diversi nel corso degli anni.”

C'è un'essenza che definisce il suono dei Queen?

Brian May: “Suppongo che io e Roger storicamente, e Freddie e John, abbiamo sempre cercato di fare il massimo qualunque direzione avessimo preso.. Siamo stati conosciuti per essere eccessivi, a volte, ma era come spingere la passione al limite e in ogni direzione possibile.”

Roger Taylor: “Ed è una cosa strana, ma qualcosa si infiamma, di solito dal vivo. Se va tutto bene dal punto di vista del suono, qualcosa si accende, si sviluppa una sorta di chimica.”

BM: “Si dà ciò che si desidera ricevere. Io e Roger siamo sempre andati a vedere dei concerti e di solito andavamo a quelli in cui si poteva provare quella particolare sensazione di pericolo avventato, di rabbia e passione. E questo è ciò che cerchiamo. Pete Townshend, ad esempio, è un'esperienza pericolosa.”

Qual è la canzone definitiva Queen? La maggior parte delle persone probabilmente direbbe Bohemian Rhapsody. Ma qual è la vostra scelta?

RT: “Abbiamo sempre cercato di essere essere eclettici e pur avendo avuto canzoni di grande successo, ne abbiamo fatte anche tante altre che, pur non avendo ottenuto un successo globale, rappresentano comunque la nostra essenza.”

BM: “C'è una canzone intitolata Millionaire Waltz che in qualche modo riassume ciò che stavamo facendo in quel periodo. Ma è stata suonata molto di rado e io credo che sia stata quasi il successore di Bohemian Rhapsody. E' così incredibilmente complessa che non viene programmata alla radio, immagino. Ma, ci sono alcune cose in quel brano! E' uno dei miei preferiti, è così estrema!”

Brian, tu sei uno dei pochi musicisti che è identificabile dal suono della tua chitarra. E' stata una cosa voluta o è semplicemente successo?

BM: “Non credo davvero di essermi sforzato per questo. Ho una chitarra che è fatta in casa, l'ho costruita assieme a mio padre. Dopo aver suonato con tanti chitarristi come Steve Vai e altri ho sviluppato una mia teoria: molto di quello che si fa con una chitarra è calcolato, ma una grande percentuale del risultato che si ottiene è solo istinto, qualcosa che accade a causa del modo in cui si è e in base a quanta forza si mette sulle corde, a come le vostre mani stanno reagendo rispetto a ciò che vuole il vostro cervello. A me piace sentire tutto l'intestino e tutto il calore, tutte le cose che una voce umana ha, l'articolazione, i suoni vocali, lo stress, la passione, gli alti e bassi, questo è quello che cerco di ottenere anche con la mia chitarra.”

E da dove provengono tutte quelle armonie e i suoi stratificati e sovrapposti tipici del tuo stile?

BM: “Provengono da un antico sogno, in realtà, che abbiamo condiviso nei primi tempi della nostra carriera. Abbiamo avuto questa visione nella testa di qualcosa di molto pesante nella linea di basso, ma sopra di essa, si doveva sviluppare ogni sorta di armonie di chitarra e voce. Ho imparato molto da gente strana come Mantovani e Temperance Seven. Ogni volta che ascoltavo un disco degli Everly Brothers, ad esempio, mi chiedevo come facessero a mettere assieme quelle armonie e tutte le cose tipiche della Motown Records. La prima volta che ho sentito Love Me Do dei Beatles mi sono innamorato della semplicità di quelle armonie. Abbiamo imparato da tutti, mentre al giorno d'oggi deve essere difficile per i bambini fare altrettanto, perché tendono ad ascoltare una sola dimensione.”

RT: “Il fatto è che oggi si ascolta una stazione radio che suona un solo tipo di musica, mentre un tempo una sola radio trasmetteva ogni genere musicale. Io sono cresciuto con Doris Day!”

BM: “Ho fatto un omaggio a Doris Day quando ha vinto un premio. Mi ha anche scritto una bella lettera di risposta. Lei è un'eroina assoluta, non ci sarà mai nessuna come lei”

Avete spesso parlato in modo critico della fama.

BM: “Quando l'ho fatto penso che mi riferissi al periodo di Monaco, dove siamo davvero andati vicino al disastro. La prima volta ci siamo andati e abbiamo fatto un buon disco con cose come Crazy Little Thing Called Love e Another One Bites The Dust. E poi ci siamo tornati una seconda volta e per qualche ragione siamo stati risucchiati dalla vita mondana, con la conseguenza che ci siamo allontanati dalla musica.. Credo che in quel periodo ognuno di noi abbia davvero corso pericoli estremi e non penso che abbiamo fatto per noi stessi nulla di buono. Non so se poi siamo riusciti a recuperare il tempo perduto, ma quel periodo è coinciso quando i nostri matrimoni hanno cominciato a sgretolarsi. Non avevamo mai fatto notizia per questioni personali e poi, all'improvviso, ci siamo ritrovati sui giornali per certe cose e a quel punto gestire le nostre vite divenne davvero molto difficile.”

RT: “Negli anni '60 e '70 le rock band non erano sui giornali, perché non erano considerate mainstream, non facevano vendere i giornali, a parte quelli specializzati che parlavano solo di musica. Solo a partire dagli anni '80 la stampa scandalistica ha iniziato ad occuparsi anche delle rock star ed è stata una cosa semplicemente orribile.”

Gli ultimi album dei Queen, The Miracle e Innuendo, sembrano rappresentare in gran parte la chiusura cerchio, come se la band avesse finalmente fatto la pace con se stessa.

BM: “Ne eravamo consapevoli, perché a un certo punto diventammo consapevoli che stavamo perdendo Freddie. Ma questo ci ha unito e galvanizzato. Alla fine Freddie ci chiedeva di suonare, cantare e scrivere canzoni, dicendoci che poi ci avremmo pensato noi a finire ciò che sarebbe rimasto incompiuto. A volte per Freddie non era possibile cantare o scrivere canzoni, ma lo facemmo comunque io e Roger, scrivemmo e cantammo per lui cose come The Show Must Go On e These Are The Days Of Our Lives, e fu un po' come se lo facessimo attraverso di lui.”

RT: ”Sono davvero contento che avessimo capito cosa stava succedendo, perché questo ci ha dato modo di non sprecare il tempo che avevamo ancora a disposizione. Perché questa è l'ultima cosa che Freddie avrebbe voluto fare. Sapeva che il suo tempo era limitato, così come le sue forze, quindi abbiamo fatto il miglior uso possibile di lui. Eravamo decisi a restargli vicino fino alla fine. C'era un sacco di emozione non dichiarata tra noi in quel periodo.”

BM: “C'era un sacco di gioia, stranamente, nonostante Freddie soffrisse molto ed era inseguito dalla stampa, quindi la sua vita era piuttosto difficile. Ma all'interno dello studio di registrazione c'era una sorta di coperta intorno a noi, e poteva essere felice e godere di ciò che gli piaceva fare. Abbiamo riso davvero tanto perché quello era un luogo sicuro per lui. A volte riusciva a lavorare solo un paio d'ore al giorno, ma durante quel paio d'ore, ragazzi, riusciva a dare tantissimo. Quando non riusciva a stare in piedi, aveva l'abitudine di sostenersi contro una scrivania, al microfono, buttando giù una vodka.”

RT: “Datemi una Stoli, diceva!”

BM: “E poi cantava qualcosa di pazzesco. Voleva cantare e ci disse di volerlo fare finché non avesse preso a sanguinare se necessario. Mi ricordo di aver fatto il demo di The Show Must Go On usando il falsetto perché non riuscivo a raggiungere le note più alte che richiedeva il brano. Quando lo proposi a Fred gli dissi che non sapevo se fosse possibile cantarla senza adoperare il falsetto. Ma lui mi rispose 'Lo faccio io cazzo, mia cara'. Poi mandò giù la vodka in giù e cantò in quel modo meraviglioso. Era in uno stato fisico pessimo a quel punto, in realtà era a malapena in grado di camminare, ma poteva ancora esprimere tutta quella passione con la sua voce.”

E' noto che quando Freddie era malato non parlavate della malattia. E' stato difficile per il resto di voi?

RT: “Ce lo disse prima di morire, anche se all'epoca era braccato da quella merda di stampa a causa delle sue condizioni di salute. Non poteva nemmeno uscire per mangiare qualcosa senza che lo inseguissero.”

BM: “Una volta hanno cercato di riprenderlo attraverso la finestra di un bagno.”

RT: “Freddie voleva solo essere lasciato in pace. Non voleva essere oggetto di pietà, e lui non voleva subire tutti gli inevitabili commenti sulla sua salute. Voleva solo vivere privatamente i suoi ultimi giorni. E noi abbiamo rispettato questo suo desiderio, penso che sia stato giusto. Mi ricordo quando ce lo disse: 'Ve ne parlerò una volta sola. Ho intenzione di dirvi cosa sta succedendo, e dopo non voglio parlarne più. Non voglio che nessuno acquisti i nostri dischi per simpatia. Le cose stanno così e ora andiamo avanti e facciamo la nostra musica, perché è questo quello che facciamo'.”

Quale pensate sia stato il più grande equivoco sui Queen?

RT: “Penso che la gente fosse convinta che fossimo di destra, cosa che certamente non siamo. Penso che questa idea distorta sia nata a causa dei nostri video che forse ci facevano passare come una sorta di gruppo neo-fascista.”

BM: “E' difficile essere ironici nella musica, questa è una cosa che ho imparato nel corso degli anni. Fin dall'inizio, con Keep Yourself Alive" che doveva essere un mezzo ironico su come mantenerti vivo. Ma è stata intesa in modo diverso, come un'esortazione del tipo 'Ehi, restate in vita!'. Poi c'è stato il video di Radio Ga Ga per il quale abbiamo usato i vecchi filmati del film Metropolis di Fritz Lang, dove sono tutti in versione marziale e privi della loro individualità.”

RT: “Il paradosso è che si tratta di un video che voleva criticare la radio! Il titolo proviene da mio figlio e in origine doveva intitolarsi Radio Ca-Ca e diciamo che sul disco, se si ascolta attentamente, si sente. Mio figlio, che è per metà-francese, pronunciò quel titolo quando aveva circa due.”

BM: “Ci sono sicuramente persone che non hanno capito chi fosse davvero Freddie, che non capivano che era molto ironico e che era il primo a divertirsi nel prendersi per il culo. Penso che Freddie sia stato frainteso da un sacco di gente ma, d'altra parte, è stato molto ben compreso da milioni di persone. Penso che ci sono persone che ci odiano perché pensano che ci prendessimo sul serio, quando in realtà era l'esatto opposto. Perché anche i nostri idoli facevano così e noi abbiamo cercato di fare altrettanto.”

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(Fonte: medium.com)