Mother Love (un racconto dedicato a Freddie Mercury)


Freddie si guarda attorno e gli sembra di non riconoscere gli oggetti e le pareti che lo circondano. Concentra lo sguardo su un raggio di sole che filtra attraverso le tende della finestra a bovindo e prova a contare le particelle di polvere agitate dal calore nel fascio dorato e nel frattempo resta disteso sul letto con le mani strette attorno alle coperte. Ha avuto freddo per tutta la notte e stavolta il dolore è stato più intenso del solito e ha dissipato la convinzione che Freddie aveva maturato nelle ultime settimane, che ci si possa abituare a tutto fino ad anestetizzare il proprio corpo e non sentire più alcun male. Adesso invece la sofferenza è diventato un grumo incandescente che dal petto smunto si propaga per tutto il corpo, simile ad una marea nera. Freddie ha provato a ricacciarla indietro abusando dei farmaci che adesso giacciono inutili sul comodino. Li osserva per un istante, lasciando scorrere lo sguardo sulle etichette. Qualcuno li ha disposti in modo ordinato e adesso somigliano a tanti piccoli soldati giunti alla fine di una guerra, pronti a rompere i ranghi per tornare a casa. Freddie spera che anche il suo viaggio possa iniziare in fretta.


La verità è che ha smesso di lottare. Lo ha capito il giorno in cui ha rovesciato sul pavimento tutti i flaconi di medicinali e le pillole sono rotolate via come perle di una collana spezzata. Peter si è affrettato a raccoglierle, mentre Jim correva dal dottore per farsene dare una nuova prescrizione, ma Freddie sapeva che non le avrebbe più prese. Si sarebbe concesso solo qualcosa per il dolore. Non era mancanza di coraggio il suo. Semplicemente sperava che a forza di abusarne se ne sarebbe andato, finalmente inghiottito dalla marea.
Prova a girarsi su un fianco adesso, ma anche quel movimento gli causa fitte lungo la schiena che lo fanno desistere. Sospira debolmente e resta immobile nella penombra della stanza. Non si è accorto di non essere solo e quando la vede sbatte gli occhi temendo si tratti di un sogno approdato alla realtà che non vuole andare via.
“Sei qui” le dice mentre lei avanza e si siede delicatamente sulle coperte. E' bellissima e ha portato con sé un sorriso che contagia anche le labbra di Freddie. Può appena vederlo nella penombra ma sa che c'è.
“Certo che sono qui Fred, ci sono sempre. Ti ho osservato dormire e non volevo disturbarti. Come ti senti oggi?”
“I giorni si somigliano tutti ormai. Ma sono contento che tu sia qui, sei la mia medicina preferita” le risponde e spinge le dita tra le sue. Lei le sente fredde e nodose, così le accarezza delicatamente, provando a infondergli un po' di calore.
Freddie la osserva intensamente e anche se non riesce a scrutarne il volto, sa che lei ha il suo stesso dolore dipinto negli occhi. Si conoscono da così tanto tempo che tra loro non servono più nemmeno le parole. C'è una sorta di comunicazione sottocutanea che li lega ed è sempre stato così. Tra loro è sufficiente un tocco lieve perché le risposte si trasmettano in un flusso continui. Freddie ricorda il giorno in cui le rivelò di essere attratto dagli uomini.
“Sei stata così dolce con me quella notte. Mi hai tenuto stretto tutto il tempo perché volevi farmi capire che ci saresti sempre stata. E adesso sei qui, Mary”
“Freddie, io....”
“No, non aggiungere altro. Hai attraversato la mia vita nei momenti più importanti. Se ripenso a tutte le persone a cui ho regalato il mio tempo e le mie energie mi sento in colpa. Avrei dovuto correre da te tutte le volte. Però, beh....tu lo sai....”
“Hai seguito la tua strada Freddie, di questo non devi rimproverarti”
“Si ma, tutti gli errori che ho commesso ora giacciono qui nel letto assieme a me e in qualche modo ci separano”
“Non pensarci. La vita è un fiume e ha acque troppo impetuose per potersi sottrarre al loro impeto. E chi ci riesce resta aggrappato alla riva e lì marcisce”
“Tu credi?”. Poi Freddie si interrompe preda di un accesso di tosse, ma non smette di stringerle la mano. Quando riprende sembra ancora più affaticato.
“Se vuoi posso ritornare nel mio angolino e lasciarti riposare anche un po'” dice lei indovinando la sua sofferenza. Ma Freddie scuote la testa. Ora più che mai la vuole vicino, stretta a sé come quella notte di tanti anni fa.
“Il mese scorso a Montreux ho registrato una canzone sai. Credo sarà l'ultima per me”, dice e prova a sorridere in faccia alla consapevolezza che il suo mondo si è ristretto e ora somiglia a un puntino di luce perso nella notte. “L'ho scritta assieme a Brian,” aggiunge. “Volevo una cosa diversa. Ho sentito una canzone e gli ho chiesto di confezionarne una con lo stesso stile. Abbiamo lottato un po' per la scelta del titolo, lo sai com'è Brian”
“E alla fine chi l'ha spuntata?”, gli chiede lei che la risposta la conosce già.
“Beh, ma io ovviamente mia cara” e per un istante sembra essere tornato il Freddie di sempre, quello capace di vincere ogni battaglia e festeggiare il trionfo con un sorriso sornione che alla fine dissipa ogni rancore.
“La chiameremo Mother Love e sarà un grande pezzo del nostro prossimo album”.
Lei lo osserva curiosa. Finora non avevano parlato di fare un nuovo disco. Si chiede se Freddie non si sia perso in qualche fantasia indotta dai farmaci o magari dal dolore.
“Lo faremo davvero. Io sarò con loro credo, in qualche modo dovrò esserci. Ma lo finiranno i ragazzi. Negli ultimi mesi non ho fatto altro che cantare. Credo che a Montreux si siano tappati le orecchie a furia di sopportare la mia voce. Non so.....voglio dire, sono grandi canzoni. Le ultime devono esserlo sempre”
“Non dire così Fred, ciò che hai fatto non ha tempo, dovresti saperlo”
“Oh no, finora ho scritto canzoni usa e getta. Penso di averlo anche detto a qualcuna di quelle sanguisughe che scrivono sui giornali. Stavolta però sento di aver fatto di più, come se avessi aperto una porta che rischiava di restare chiusa”
E' la prima volta che lei sente parlare Freddie in quel modo. È abituata da troppo tempo ad osservarlo a distanza mentre mordeva la vita per divorarla, letteralmente. Lo ha accompagnato nelle fughe e negli eccessi e lo ha ammirato in ogni singolo trionfo. E chissà quante volte ne ha ascoltato i pensieri e mai come questa notte sente che Freddie è vicino a comprendere la natura della propria arte. Glielo confessa, perché vuole che questo momento gli resti addosso come una dolce brezza, come se le onde che lo fanno tremare sotto le coperte siano finalmente svanite, prosciugate da un sole gentile.
“Io credo che tu abbia fatto molto Fred. Ogni tua canzone, ogni volta che sei salito sul palco tu hai regalato gioia. E poi pensa a tutte quelle persone che nei momenti di tristezza ascoltano i tuoi dischi. A loro dai forza e speranza. Hai fatto molto di più che cantare canzoni. Tu hai amato la vita e lo hai trasmesso agli altri attraverso la tua voce, la tua arte”
Freddie ascolta le sue parole divertito. Non l'ha mai sentita parlare così e si chiede se la malattia abbia infine cambiato anche le persone che gli stanno attorno.
“Quando verrà il momento, Peter ti consegnerà una lettera”, le dice poi all'improvviso.
“Una lettera?”
“Si. Non preoccuparti, non sono le mie ultime volontà. Quella è una faccenda piuttosto noiosa e se ne occuperà Jim. A te ho voluto consegnare solo qualche pensiero. Proprio come sto facendo adesso”.
“Fred, io non credo che....”
“Ah, ti prego, non dire nulla. Lo so io, lo sai tu e ormai lo hanno capito anche i ragazzi. Questa folle corsa finisce qui. E onestamente sono contento così. Non ne posso più. Sono fottutamente stanco”
Lei gli accarezza il viso e Fred spinge la guancia nell'incavo della sua mano. Cerca conforto e sulle labbra gli affiorano le parole che ha scritto per Mother Love. Le recita come fossero una preghiera:

Da troppo cammino in questa via deserta
Ne ho abbastanza del solito vecchio gioco
Sono un uomo di mondo e dicono che ho una gran forza
Ma ho un peso sul cuore e la mia speranza è persa

“No”, dice lei posandogli le dita sulle labbra. Lui le bacia e si sforza di trattenere una lacrima che inesorabile rotola giù lungo il viso. “No”, ribadisce lei con ancora più forza. “La speranza non perde mai, Freddie. Tutto quello che hai fatto è destinato a rimanere. La tua voce è indelebile perché l'hai incisa direttamente nel cuore di chi ama la tua musica”.
“Adesso sai vedere anche nel futuro”, replica lui, ma lo fa debolmente, provando a sorridere. Tante volte ha ripetuto che della morte se ne sarebbe infischiato. Ora ha paura di non essersi lasciato nulla alle spalle. Ma adesso lei si è chinata sul suo viso, vuole che lui ascolti le sue parole.
“Non hai costruito castelli di carta e la tua vita non è andata sprecata. Dovresti averlo capito nel momento stesso in cui hai letto l'orgoglio negli occhi di tua madre. Il suo cuore non mente Freddie. Volevi essere una leggenda. Ebbene, lo sei diventato. Te lo prometto”
Freddie la guarda e adesso che il viso di lei si è liberato della penombra disegnata dalle tende capisce che non è chi dovrebbe essere. No, questa non è Mary pensa, non è l'amore della mia vita.
“Chi sei tu?” le domanda adesso, ma non fa nulla per ricacciarla indietro, né si sottrae alla sua carezza che gli resta sul volto. Conosce già la risposta, ma Freddie insiste per averla. “Dimmi chi sei”, le chiede ancora.
“Lo sai bene, amico mio. Perdonami se per tutto questo tempo ti ho lasciato credere di essere lei. Ma non volevo spaventarti e sapevo che alla fine avremmo parlato della tua musica”
“Cosa te ne importa delle mie canzoni?”
“Oh ma io sono una tua fan. Nella mia solitudine io osservo e naturalmente ascolto. La prima volta è stata prima ancora che tu arrivassi in Inghilterra. E poi ti ho seguito in ogni esperienza. In questi ultimi giorni ho ripensato spesso a quando sei entrato in studio con gli altri ragazzi. Roger ti ascoltava e pensava che cantassi come una pecora. Ho riso con lui sai, perché io sapevo che presto saresti diventato Freddie Mercury!”
“Io non ti ho mai vista prima di oggi. Com'è possibile che tu fossi sempre accanto a me?”
“So restare nell'ombra quando serve. Anzi, credo che questo dopotutto sia il mio maggior talento. Ma c'ero, posso assicuratelo. C'ero quando ti vestivi di raso e velluto e conquistavi i piccoli teatri di Londra e c'ero quando gli stadi non erano abbastanza capienti da accogliere tutta la gente che voleva ammirare i Queen. C'ero persino quando registravi le nuove canzoni. Ti ho ammirato il mese scorso quando non riuscivi a stare in piedi e hai cantato Mother Love. Non lo nascondo, in quel momento ho pianto”
“Tu sai piangere?” le chiede mentre adesso finalmente può scrutarne le orbite vuote e la fronte d'osso che quasi risplende colpita da un debole raggio di sole del mattino. Forse sta sognando, forse è preda di una fantasia, ma Freddie non ha paura. Da troppo tempo cercava questo momento e adesso che è arrivato, reale o finzione che sia, desidera con tutto sé stesso che possa concludersi.
“So cosa stai pensando”, dice lei senza smettere di fissarlo. “Ma chissà, magari questa storia, il racconto di questo preciso momento finirà nella penna di qualche scrittore. Forse qualcuno racconterà di questo nostro dialogo”
“Sarà qualcuno dotato davvero di grande fantasia”, aggiunge Freddie, che ormai ha scelto di abbandonarsi completamente a quella presenza o a quella visione, se è di questo che si tratta. Ormai non importa gli importa più di capire.
“Se succederà è solamente perché la tua musica attraverserà il tempo e lo spazio e in futuro come oggi sarà ricordata. Tu stesso sarai ricordato. E ogni 24 Novembre tutto il mondo dedicherà a te un pensiero, una lacrima, ma soprattutto un po' della tua musica”
Freddie si guarda attorno, cerca con lo sguardo il calendario che qualcuno ha appeso alla parete per segnare i giorni in cui deve assumere i farmaci.
“Ma il 24 è oggi”, dice guardandola in viso, per niente spaventato da ciò che vede. Il cappuccio calato sul cranio svuotato e le ossa lisce della mascella non gli trasmettono alcun terrore.
“Si, è questo il momento. Dimmi, sei pronto?” e la domanda colpisce Freddie che da tempo attendeva con ansia di porre fine a tutto questo. Ripensa agli ultimi giorni trascorsi a Montreux, alle risate che hanno accompagnato le registrazioni. In alcuni momenti restava in disparte ad osservare Brian, Roger e John alle prese con la strumentazione. I suoi amici, la sua famiglia, erano tutti lì e questo lo rendeva felice. Si, era pronto e adesso poteva andare, con tutti i sogni e i desideri stretti nel palmo della mano.
“Vieni con me allora Farookh, c'è solo un ultimo passo da fare e non ci saranno più né dolore né paura”
Lei lo afferra per le spalle, lo aiuta a sollevarsi dal letto e Freddie scopre di riuscirci senza difficoltà. Attraversano insieme la camera da letto, per un istante passano davanti a un grande specchio e a Freddie pare di scorgere il suo volto non più afflitto dai segni della malattia. Possibile che gli siano anche ricresciuti i baffi? Superano la porta d'ingresso e all'improvviso qualcuno posa sulle spalle di Freddie un giubbotto giallo.
“Dai, indossalo, la gente là fuori ti aspetta” gli dice qualcuno. Freddie non sa bene, non capisce cosa sta succedendo, ma viene ugualmente sospinto lungo un corridoio stretto. In fondo c'è una luce abbagliante.
“Cos'è tutto questo?” prova a domandare, ma le spinte alle sue spalle si fanno sempre più insistenti. Allora lui continua a camminare, indossa il giubbotto, punta lo sguardo verso il fondo del corridoio. Dal pavimento salgono piccole vibrazioni, che rapidamente crescono. Adesso può sentirlo, è l'attacco di One Vision. Una voce distorta sta cantando “God works in mysterious ways”. Allora Freddie sorride, finalmente è felice. Finalmente può salire sul suo ultimo palco. Lei gli sta proprio accanto adesso, gli offre il microfono con la mezz'asta. Si fermano e lui le sorride. La morte, crede, fa altrettanto con la sua faccia da teschio. Poi Freddie compie l'ultimo passo, si lascia avvolgere dalle luci del palco e il boato del pubblico lo accoglie, mentre milioni di voci urlano il suo nome e a quel punto gli basta iniziare a cantare, il pugno rivolto al cielo, perché tutto il dolore svanisca per sempre.

QUEEN: MOTHER LOVE