Aspettando Queen live at The Rainbow: Una Riflessione Prima dell'Uscita

C'è stato un tempo nella storia del mercato discografico in cui gli album dal vivo erano salutati come veri e propri eventi, sia dai fans che dalla stampa specializzata. La mancanza di internet e la difficoltà per molti di seguire i tour dei propri artisti preferiti rendevano i dischi live perle preziose che le case discografiche centellinavano ben consapevoli che così avrebbero massimizzato i profitti. È per questo che alcune registrazioni come il Made in Japan dei Deep Purple sono divenute vere e proprie icone: grazie a quei 33 giri i fans potevano finalmente conoscere il lato meno accessibile degli artisti, perché la rappresentazione live è sempre qualcosa di diverso rispetto al prodotto pre-confezionato dello studio di registrazione. C'è sempre la sensazione, ascoltando un concerto, di essere davvero lì in mezzo alla folla, partecipi delle urla e degli applausi e non c'è viaggio più bello che chiudere gli occhi e immaginarsi ad ammirare le luci, il fumo e gli artisti che corrono lungo il palco intonando le canzoni che amiamo di più.



Ligi alla regola non scritta secondo cui gli album dal vivo dovevano essere pubblicati solo in occasioni particolari, solitamente a chiusura di un decennale o di un ciclo vitale del gruppo, i Queen fino al 1991 hanno pubblicato due soli dischi dal vivo e una manciata di vhs, queste ultime dal mercato più limitato rispetto a quello moderno dei dvd e bluray. Live Killers e Live Magic hanno rappresentato per lungo tempo le uniche finestre aperte sulla vita on stage della band, il che è sembrato ai più un autentico paradosso se si pensa che la fama più impressionante i Queen se la sono costruita proprio sul palco. Entrambi gli album, usciti rispettivamente nel 1979 e nel 1986, vennero realizzati come una sorta di greatest hits di quel dato periodo del gruppo, una summa ragionata dei tour di quegli anni, quasi a voler dire: questo è ciò che stiamo facendo adesso, ora però è tempo di cambiare tutto. Soprattutto dopo la pubblicazione di Live Killers infatti, le note finali di God Save The Queen lasciavano davvero intendere che dopo il '79 molte cose sarebbero cambiate e i Queen non sarebbero stati più li stessi. Per certi versi anche Live Magic denotava la stessa impronta, sebbene nessuno potesse immaginare che da quel momento i Queen non avrebbero fatto mai più dei tour nella loro formazione originale.

Due album dal vivo in una carriera ventennale erano davvero poca cosa e nemmeno alcune videocassette (We Will Rock You, poi divenuto Rock Montreal, Rio, Rare Live, Japan e Budapest) potevano davvero soddisfare la fame dei fans, tantopiù che sia Killers che Magic soffrivano di difetti per così dire genetici di non poco conto. L'album del 1986 apparì subito eccessivamente striminzito a fronte di un tour divenuto poi leggendario e di fatto la tracklist non riusciva a rappresentare correttamente tutto quanto la band era riuscita a fare in giro per l'Europa. La storia di Live Killers è poi ancora più controversa: amatissimo dai fans perché unica testimonianza del periodo anni Settanta dei Queen, venne stroncato immediatamente da Roger Taylor che se ne dichiarò pubblicamente scontento. Per molti anni ci si è chiesto la ragione, davvero incomprensibile se si tiene conto che tra quei solchi Roger è semplicemente straordinario e Live Killers mette davvero in mostra una band in uno stato di grazia fuori dal comune. Per di più molte riviste del settore lo hanno sempre inserito nella top ten dei 10 album live meglio registrati di sempre (la mia fonte è un numero dei primi anni '90 della rivista Suono). Poi nel corso degli anni il lavoro certosino dei collezionisti ha svelato l'arcano: di fatto Killers fu profondamente rimaneggiato, corretto e aggiustato tanto da non essere più secondo alcuni la perfetta rappresentazione del tour da cui era tratto. È difficile stabilire quanto questo giudizio sia corretto e in che misura il lavoro di post-produzione abbia effettivamente alterato il sound originario. Sta di fatto che non ci si deve stupire: l'abitudine di ri-editare la musica per creare un prodotto tecnicamente perfetto è vecchia almeno quanto la prima chitarra mai incisa su vinile. Anche per questo il mercato dei bootleg è sempre stato così fiorente e dinamico: è tra quelle registrazioni “pirata” infatti che si possono cogliere meglio le mille sfumature di una musica suonata dal vivo, errori e strafalcioni compresi. Questi ovviamente alle case discografiche non piacciono e agli artisti men che meno. Ma provate a mettere a confronto alcuni album ufficiali con le rispettive registrazioni bootleg: ne resterete sorpresi.

Nel 1991 la fine dei Queen per come li abbiamo conosciuti fino a quel momento ha rimescolato le carte servite fino a quel momento sul tavolo e per la casa discografica (ma anche per la stessa band) è divenuto indispensabile (e remunerativo) aprire gli archivi, soffiare sulla polvere e offrire al pubblico materiale rimasto fino a quel momento inedito o quasi. Il primo cassetto da cui attingere era ovviamente proprio quello dei concerti e così sono arrivati i vari Montreal, Milton Keynes, Budapest e soprattutto Wembley, uscito per la prima volta nel 1992 quale perfetto ricordo nostalgico di Freddie Mercury (e spacciato come sua ultima esibizione dal vivo!). La diffusione poi di nuovi supporti come il dvd e più recentemente il bluray hanno permesso di riutilizzare (ma per alcuni il termine più corretto sarebbe riciclare) all'infinito concerti e materiale già noto, trasformando l'esperienza live in qualche di ben più noioso rispetto al passato. Soprattutto i fans hanno iniziato a domandarsi perché sui primi anni di attività dei Queen sembrava essere calato un vero e proprio velo, pesante come certi teli che vengono utilizzati per salvaguardare i mobili più preziosi quando ci si appresta ad abbandonare un'antica villa della campagna inglese. La spiegazione facile facile è che i primi anni dei Queen on contenevano quelle hits che hanno messo la band nell'Olimpo dei grandi. I discografici inorridiscono all'idea di vendere un prodotto su cui manchino Radio Ga Ga, Another One Bites The Dust e I Want To Break Free, senza dimenticare che un Freddie Mercury senza baffi appare inverosimile perché irriconoscibile dal grande pubblico. Del resto è quest'ultimo che genera profitto, non i fans pronti ad acquistare le chicche più strane e rare. E così per anni abbiamo assistito alla diffusione sempre della stessa rappresentazione dei Queen, un vero e proprio pugno nello stomaco per chi prova l'orgoglio di essere fan di una band camaleontica, che del trasformismo musicale e visivo ha sempre fatto una bandiera.

Ma tra poche ore tutto quello che vi ho appena detto sarà spazzato via, sostituito da immagini straordinarie. Tutto inizierà con dei giovanissimi Queen che fanno la loro apparizione di fronte al Rainbow Theatre di Londra a bordo di una sontuosa limousine, perfetto preludio all'eleganza regale che farà la sua apparizione per il pubblico in attesa e, finalmente, anche per noi che abbiamo atteso ben quarantanni. Ma la breve riflessione di cui vi ho reso partecipi credo sia comunque importante proprio perché spiega l'importanza della pubblicazione di Queen live at The Rainbow. In questa nuova uscita ci sono l'attesa e l'emozione di poter vedere (e rivedere mille e più volte) la nostra band preferita in una dimensione ben diversa da quella dei grandi stadi e delle arene moderne. Per certi versi un concerto minimalista, capace di azzerare la distanza dal palco e di farci assistere ad uno spettacolo puro, ovvero privo di effetti e luci, in cui anche l'esiguità dello spazio consente di cogliere con una sola occhiata tutto lo spettacolo. Sarà un concerto sorprendente per molte ragioni, a partire da Freddie stesso che a molti risulterà davvero diverso da quello di Wembley ma non per questo meno affascinante. E forse in tanti resteranno magnificamente sorpresi da ciò che all'epoca Brian, Roger e John erano già in grado fare pur non avendo sulle spalle l'esperienza che avrebbero potuto vantare pochi anni dopo. Ma del resto se si è grandi lo si è fin da subito e i Queen sono stati pronti ad iscrivere il proprio nome nel libro delle leggende già nel 1974. Ammirare Rainbow credo che trasmetterà soprattutto questo: la consapevolezza di quanto fossero grandi pur non essendolo ancora del tutto. Come accade durante certe feste in cui ad essere lanciati in aria sono i fuochi meno appariscenti ma comunque capaci di catturare l'attenzione con la loro potenza, perfetti apripista per lo spettacolo vero e proprio. Intanto guardo il calendario, scruto la posta in cerca della conferma della spedizione della super deluxe edition e già mi immagino mentre vi racconto le sensazioni e l'entusiasmo del fan appassionato che vuole condividere con tutti voi questo momento. Gioite fans dei Queen: le luci sono appena calate, il ghiaccio secco ha inondato il palco con una nebbia dietro la quale si agitano le prime ombre. Ecco, la sentite la Red Special? Lo spettacolo è appena iniziato e Freddie sta indicando proprio voi! Seguitelo in questo meraviglioso viaggio indietro nel tempo.

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