Queen+Paul Rodgers, live Palalottomatica di Roma, 26 Settembre 2008

Ci sono ricordi che hanno il potere di travolgerti come un'onda di risacca che ti trascina via verso l'orizzonte della memoria. Quando accade l'orologio sembra davvero tornare indietro nel tempo e sulla pelle tornano a scorrere le emozioni con lo stesso tocco impetuoso provato anni prima. È come se ti si instillasse nella mente un terzo occhio che è anche una macchina del tempo che inizia a scorrere a ritroso e mentre le immagini scorrono veloci sorridi, perché sai che il luogo in cui sei destinato ad approdare è uno dei momenti più importanti della tua vita. Nel 2008 si è realizzato uno di quei sogni che tieni gelosamente custodito nel cassetto, nascosto sotto una pila di vecchie fantasie e che non getti via solo perché ci sei affezionato. Avete presente quel primo paio di jeans che avete indossati da ragazzini e che oggi non vi va più? Continuate a portarvelo dietro tra un trasloco e l'altro perché in quella taglia ormai troppo stretta si nasconde tutto un mondo dal quale non vorreste separarvi per nulla al mondo. La possibilità di vedere dal vivo i Queen era qualcosa di simile: il desiderio inespresso perché irrealizzabile, legato ad una stagione della vita, l'adolescenza, che non può tornare ma che alberga ancora nel profondo, pronto ad emergere solo come sogno ad occhi aperti. Che potesse diventare realtà era una cosa che apparteneva al mondo dell'impossibile. Nemmeno un bravo illusionista avrebbe potuto farci qualcosa. Però il sogno era lì e ogni tanto, lo confesso, gli davo anche una sbirciatina, per quanto mi facesse male. Poi arriva quel Settembre e capisci che i Queen sono pronti a farti l'ennesimo regalo. Torna ragazzino mi dicono, indossa quel paio di jeans e vieni a cantare a squarciagola con noi.


Aprire quel cassetto è stata un'esperienza che non potrò dimenticare. È una frase fatta lo so, ma a volte bisogna dire le cose riducendole all'essenziale per darvi il giusto significato. Quella giornata è stata magnifica, per tante ragioni e me la porto dentro con la stessa caparbietà con cui si conservano vecchie foto, magari anche un po' sbiadite come tutte le cose appartenenti ad una vita fa. Rispolverarle fa bene al cuore e ti rimettono sul viso un sorriso da cui sai di non esserti mai staccato del tutto.

Di quelle ore ricordo tutto vividamente, ma alcune cose le terrò per me. Sapete, un concerto non è mai solo un concerto! Tuttavia ci sono delle immagini da spandere sul tavolo della memoria, quasi fossero le carte dei tarocchi la cui corretta disposizione apre delle porte. E la mia si spalanca sul Palalottomatica, così enorme mentre si affolla di gente. L'occhio viene catturato all'istante dalla batteria con il nome Queen scritto sulla grancassa, attorno alla quale si agitano i tecnici che mettono a punto gli ultimi dettagli del palco.

Le immagini scorrono ancora e le luci calano all'improvviso. Il buio è accompagnato dall'onda del pubblico, un urlo che sale e ti avvolge, ti trascina in un vortice nel quale sei felice di lasciarti andare. In cambio ti chiede solo di gridare a tua volte e tu lo fai, ancora e ancora. Intanto i tuoni ti scuotono dentro e sai che la tempesta che ne seguirà sarà fatta di suoni unici e magici.

Il nastro corre veloce e ci sono i Queen sul palco, con la batteria di Roger che ti colpisce nel ventre e la chitarra di Brian che si attorciglia alla spina dorsale e tu non puoi far altro che cantare con Paul, canzone dopo canzone, sgranando un rosario di emozioni che attendi di recitare da una vita intera. E quando succede non sei sugli spalti, ma su quel palco. I Queen ti hanno preso, non c'è posto dove tu possa fuggire.

C'è gioia in questi ricordi e la risonanza che da essi emana si propaga nel tempo. La musica dei Queen è come un sasso lanciato al centro dello stagno della mia esistenza. Le onde si propagano in cerchi sempre più ampi, il loro destino è toccare la riva ma anche andare oltre, per irrorare di linfa vitale i campi della mia coscienza. Chi non vive così la musica dei Queen non potrà mai capire quel giorno e le parole di quest'oggi. Chi non sente Brian, Roger, John e Freddie dentro non potrà mai essere, sempre e comunque, un fan dei Queen. È un dato di fatto questo o, se preferite, uno schiaffo di quelli che fanno vibrare la faccia. Potete non essere d'accordo. Venitemi pure a dire che quel giorno non è successo nulla di eccezionale, niente che meriti di essere ricordato anno dopo anno. Sono pronto ad ascoltarvi, ma perdonate il sorriso indulgente che ho sulle labbra. E abbiate la compiacenza di tollerare il mio capo che scuote. No, non per il disappunto. Le vostre parole nemmeno le ascolto. Ma Roger ha iniziato a suonare We Will Rock You e io sono ancora lì, per sempre al Palalottomatica.